5 apr 2012

4.1.3.1 Siegfried, Atto I, Scena III - Mime e Siegfried - la paura.


La situazione in cui Mime si è venuto a trovare dopo l'incontro con il Viandante sembra proprio senza via d'uscita(1), tanto che il nano adesso ha addirittura le allucinazioni: e le 46 battute (in 2/4) che aprono la scena ne sono la straordinaria rappresentazione. Sono anche un fulgido esempio di quell'arte della transizione di cui Wagner a buona ragione si vantava di essere (diventato) maestro.

Le prime 42 (da eseguire Dreitaktig, a gruppi di tre) sono aperte da un tremolo sinistro, emesso dai violini (primi e secondi, meticolosamente suddivisi da Wagner in tre sezioni, addirittura con indicazione delle sedie degli strumentisti) che ricorda chiaramente Loge e le sue fiamme, mentre dal basso-tuba si fanno largo i lugubri accenti del pachidermico movimento del drago! Arrivano ora le note dell'Incantesimo del fuoco: è la luce del sole che arriva agli occhi di Mime penetrando attraverso le fronde tremolanti del bosco e si trasforma – per la sua psiche turbata – nell'immagine di lingue di fuoco paurose e sinistre (Verfluchtes Licht! Maledetta luce, su un tritono ascendente, DO-FA#). 

Sui 17 versi del suo delirio, Mime più che suoni emette imprecazioni, atterrite esclamazioni, paurose domande, proprio tipiche di un allucinato, mentre note e armonie discendenti e ondeggianti ci ricordano la magìa del sonno e gli incubi che lo popolano, sempre con le biscrome tremolanti dei violini e infine anche delle viole a sottolineare lo stato di disperata agitazione da cui il nano è ormai totalmente invaso. Alla tuba si aggiungono il contrabbasso-tuba e poi il trombone-contrabbasso ad amplificare il tema del drago: ed è proprio Fafner che crede di vedere, il povero Mime, l'enorme mostro con le sue spaventose fauci che si avvicinano ed ormai incombono su di lui. Le ultime 4 delle 46 misure sottolineano (Faf-ner! Faaaf-ner! LAb-DO discendente) l'urlo strozzato del nano che si accascia cercando un nascondiglio dietro la grande incudine, mentre il tema della Spada, in DO minore, lo richiama da lontano ai suoi... doveri. 

E introduce il brusco e miracoloso passaggio dall'atmosfera della più tetra disperazione di Mime a quella dell'allegria più sfrenata e parecchio scapestrata di Siegfried. Sì, perché è il ragazzo che, dopo aver scorrazzato nel bosco, fa adesso una nuova irruzione in casa, preceduto ed accompagnato dal tema del suo desiderio di viaggiare e poi da quello della libertà. Temi quanto mai appropriati nella circostanza, chè lui è tornato solo per ritirare l'oggetto che aveva ordinato a Mime di preparargli – la Nothung – con il proposito poi di scapparsene via, lontano da quello squallido tugurio e soprattutto da quello squallido individuo.

Allora, poltrone, a che punto sei con la spada? sbotta il ragazzo, supportato dal tema della sua esuberanza, negli archi. Mime sbuca timoroso da dietro l'incudine, chiedendo a Siegfried se sia arrivato da solo: notare qui come i fagotti - sul tremolo rabbrividente degli archi - ancora stiano rimuginando il tema del drago! Il ragazzo insiste, vuol sapere della spada, e allora Mime emette degli autentici lamenti (il secondo è sul tema della frustrazione! mentre i fagotti ribadiscono il tema del drago, una vera fissazione nella mente del nano): come posso temprarla? E poi, fra sé, ripete la terribile profezia del Viandante: solo chi non teme la paura (e qui i corni dispiegano in DO maggiore il tema della spada) riforgerà la Nothung. 

Mime è proprio in preda ad una specie di ebete deliquio: non ero abbastanza saggio per un'impresa del genere, lamenta su un tremolo discendente degli archi; e poi, con corno inglese, clarinetti e fagotti che creano un'atmosfera di totale sconforto: dove mai posso trovare consiglio, io che ho scommesso la mia testa e l'ho perduta, ponendola alla mercè di colui che non ha imparato la paura? (uno spezzone del tema di Siegfried, nei corni oltre che nel canto del nano, non ci lascia dubbi in proposito).

A Siegfried che si spazientisce ancor più, con i violini a ribadire il tema della sua esuberanza, e che chiede a Mime se per caso voglia sfuggirgli, il nano risponde che bene potrebbe sfuggire a chi conosce la paura… ma purtroppo ha sbagliato a non insegnargliela. 

Qui il tema minimizzato dei Nibelunghi comincia a riaffiorare, poiché Mime sta pian piano riprendendo spirito e comincia a rimuginare su come uscire da questa disgraziata situazione. Ritorna persino l'ipocrita tema della sua ninna-nanna, quando Mime pare pentirsi di aver cercato di insegnare al ragazzo l'amore, invece della paura.

A Siegfried che ancora lo assilla, il nano rispode di aver passato il tempo a pensare a qualcosa di importante da insegnargli: la paura. E lui l'ha sperimentata per davvero, per poter ora trasmetterla al ragazzo! Perché, senza conoscerla, come può pensare di andarsene per il mondo? Il tema della spada, esposto in forma interrogativa, anticipa la domanda di Mime: a che ti servirebbe la spada, se tu non conoscessi la paura? 

Sono sempre le quartine nibelungiche a dirci che il nano sta lentamente tornando alla… normalità e sta pensando a come salvarsi il capoccione; adesso tocca il tasto sensibile della madre (non per nulla su quelle quartine si innesta il tema dei Wälsi!) inventandosi una balla sesquipedale: averle promesso di non lasciar andare il ragazzo nel mondo periglioso, senza prima avergli insegnato la paura. Se è un'arte (Kunst(2)) perché io non la conosco? Spiegamela, chiede Siegfried, sempre accompagnato dalla sua esuberanza. 

E qui Mime tiene la sua lezione di paura al ragazzo, supportato dalla musica che aveva prima sottolineato la sua autentica, fottuta paura! Il tremolo di viole (divise) e violoncelli ne introduce appropriatamente l'atmosfera, mentre lo scenario usato dal nano per la sua esemplificazione è - naturalmente - il bosco, verso il crepuscolo, nel folto oscuro, quando si cominciano ad udire sussurri e grida. Ora ecco l'irrompere di fiamme sfavillanti (e viole-violoncelli emettono velocissime biscrome ascendenti, à la Loge) a rappresentare il fluttuante tremito e il brivido che percorre le membra. Ora udiamo anche l'incantesimo del fuoco, ma poi troviamo anche il tema del sonno, assai storpiato, proprio a rappresentare un incubo, che culmina in un colossale crescendo, proprio come si addice a quei racconti paurosi che si fanno ai bambini, e che si concludono con uno spaventevole urlo feroce, di quelli che martellano il cuore: per Wagner è un poderoso accordo in fortissimo di tutta l'orchestra. Ad esso segue ancora il tema del sonno, sempre in aspetto sinistro, mentre Mime conclude: se ancora non hai provato nulla di ciò, allora la paura ti è davvero estranea.

Precisamente sull'ultima parola di Mime, prima che Siegfried esponga il suo commento, augurandosi di imparare questo arcano stato dell'animo, il corno solo ci propone ancora il tema del sonno, ma attenzione, qui nella sua dolcissima melodia originale. Le considerazioni del ragazzo, che sembra non veder l'ora di provare queste nuove sensazioni, sono poi sottolineate dal tema dell'Incantesimo del fuoco, proprio come lo avevamo udito nel finale della Walküre. Come spiegare questi accostamenti, apparentemente alieni dal contesto truculento prospettato da Mime? Intanto, perché per Siegfried la paura è in realtà qualcosa di bello ed eccitante da scoprire; ma soprattutto perché la paura lui la conoscerà per la prima volta dopo aver attraversato gioiosamente il fuoco di Loge ed arrivando al cospetto di un essere umano immerso in un sonno dolce e profondo: Brünnhilde!
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Note:
1. Le due profezie di Wotan sono tali da rovinargli comunque la festa: se Siegfried resta immune dalla paura potrà forgiare Nothung e abbattere Fafner, ma poi potrà disporre della testa del nano! Se invece Mime riuscisse ad insegnare a Siegfried la paura, allora avrebbe salva la testa, ma resterebbe a mani vuote! Mime più tardi, ragionando su questo nodo inestricabile, penserà - povero illuso! - di aver trovato la quadra.
2. L’impiego di questo termine parrebbe qui eccessivo o addirittura inappropriato. Però ci sono esegeti (come Celli) che hanno acutamente osservato come - sul piano squisitamente musicale – la descrizione della paura che Mime farà a Siegfried anticipi nientemeno che il totale cromatico e l’atonalità, quindi il futuro (per qualcuno spaventevole) dell’arte musicale. In sostanza: l’arte della paura e la paura dell’arte!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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