5 nov 2012

4.3.2.2 Siegfried, Atto III, Scena II – La Lancia e la Spada.


La Lancia (di Wotan) e la Spada (la Nothung di Siegmund, poi di Siegfried) meritano proprio un discorso a parte, che spazia dagli aspetti pratici e tecnici, a quelli filosofici e, last-but-not-least, a quelli musicali.

Wagner deve risolvere innanzitutto un problema pratico (perché non dobbiamo dimenticare mai che l'allegoria deve necessariamente accompagnarsi al realismo…): come spiegare che uno stesso fenomeno fisico possa avere due esiti antipodici in due diversi momenti; come cioè l'impatto fra una stessa lancia e una stessa spada si possa concludere, al primo round, con la distruzione della spada e, al secondo, con quella della lancia. Infatti, se la spada fosse strutturalmente così più debole della lancia, tanto da andare in frantumi al primo impatto con essa, non si potrebbe spiegare come riesca, dopo sommaria riparazione, ad infrangerla al secondo impatto… 

Facciamo alcune considerazioni tecniche:
  1. la Nothung (di Siegmund) non era poi così fragile, se aveva potuto - per mano di Wotan - passare da parte a parte il tronco di un frassino secolare;
  2. e non era affatto una spada qualunque, distrattamente raccolta da terra da Wotan nel finale del Rheingold(1); in effetti, era la spada che Wotan aveva creato nella sua mente (ricordate la didascalìa? "come rapito da un grande pensiero, molto risoluto") e che doveva essere un'arma invincibile, in mano ad un vero uomo, capace di sconfiggere tutti i nemici, per consentire il recupero dell'anello;
  3. ma comunque: per quanto robusta fosse, la Nothung originale – al momento opportuno – aveva fatto la figura di un precario manufatto, al confronto dell'asta della lancia di Wotan, fatta con il tenace legno del frassino del mondo(2).
La realtà è che noi abbiamo qui due spade: quella di Wotan (poi di Siegmund) e quella di Siegfried. Quest'ultima è stata ricostruita a partire dai frammenti della prima attraverso un geniale processo di alta, moderna tecnologia: completa polverizzazione del metallo originale, sua successiva fusione in altoforno e finale tempratura! E questo spiega plausibilmente come la nuova Nothung di Siegfried possieda qualità strutturali superiori a quelle della vecchia spada, tali da consentirle di prevalere anche sulla lancia. 
In questa allegoria si ritrova quindi anche la rappresentazione del continuo progresso dell'Uomo, capace di inventare, di scoprire, di migliorare e migliorarsi, di stabilire record e superarli in continuazione (dalla spada in grado di trafiggere un tronco, a quella capace di spaccare in due un'incudine!) di non dare mai nulla per scontato o definitivo. Ed è Siegfried a rappresentare l'Uomo nuovo, libero di pensare, o anche solo capace di intuire, ma anche di innovare e rivoluzionare, al cospetto del vecchio e miserabile Mime, quintessenza della conservazione più ottusa e meschina. (Così come conservatore – per quanto illuminato - è di sicuro Wotan, custode di leggi universali ed immutabili, ma in realtà da lui scolpite su un supporto comunque "deperibile".)

Simbologia e filosofia: se la lancia di Wotan rappresenta i supremi princìpi, postulati a livello universale (la "morale naturale", si può presumere? quella difesa dogmaticamente da Fricka, per intenderci) e la spada è invece già uno strumento operativo (la "legge di uno stato", forse?) allora è ovvio che la seconda debba soccombere di fronte alla prima, in caso di conflitto fra le due (per vizio di incostituzionalità, potremmo dire). Ma come può allora accadere poi l'opposto?

Si può azzardare una spiegazione: Siegmund è effettivamente un "sovversivo", come sarebbero ancor oggi considerati coloro che reclamassero la depenalizzazione dei rapporti incestuosi. È stato svezzato nientemeno che dal capintesta degli dèi, che non può non avergli insegnato le regole della convivenza; quindi è pienamente cosciente dei suoi atti e perciò, quando si macchia di istigazione all'adulterio e di incesto, pretendendo poi di imporli come legge (tramite la Spada) è giusto che venga denunciato all'autorità costituita (per quanto malamente rappresentata da un soggetto - oltretutto suo padre - ampiamente compromesso in "tangentopoli" varie…) e che tale autorità gli infligga, pur controvoglia, la pena che si merita, abrogando seduta stante quella legge incostituzionale...

Invece Siegfried, pur figlio dei sovversivi incestuosi (ma è sacrosanto che le colpe dei padri - menchemeno quelle dei "nonni" - non debbano ricadere sui figli!) è un "buon selvaggio", che sta solo cercando, magari impulsivamente, la sua strada verso la felicità e la conoscenza; non sa di alcuna legge, e quindi non può coscientemente infrangerla (e mai l'infrangerà, a dir il vero, almeno finchè rimarrà nel pieno possesso delle sue facoltà mentali) ma è di certo dotato di morale naturale, e con la nuova Spada fa legittimamente valere quelli che sente come suoi naturali diritti. 
Ecco perché la sua Nothung può avere facilmente il sopravvento su "grossi e piccoli malfattori da strada" (Fafner e Mime) ma infine anche su quella che è ormai scaduta a mera e vuota espressione ipocrita delle "sacre rune", la lancia di Wotan. 

Insomma, la Nothung di Siegmund è strumento di sovversione di un "sistema" (sia pure mal rappresentato, da Wotan) e come tale non può venire a conflitto con le sue leggi, pena la sua neutralizzazione. Quella di Siegfried è invece uno strumento di libertà, impiegato dal ragazzo per muoversi nel mondo e far valere i suoi diritti naturali; diritti che invece Wotan cerca di conculcare - solo perchè mettono in pericolo il suo potere personale - facendosi indebitamente scudo di una "polizia" (rappresentata dalla Lancia) asservita ai suoi voleri. Quindi, è eticamente sacrosanto che la Spada di Siegfried debba prevalere.

Di passaggio, si potrà anche osservare il diverso "riguardo" che viene usato per le due armi, al momento della loro "sconfitta": i frammenti della Nothung vengono raccolti da Brünnhilde (e poi da lei affidati a Sieglinde) nella convinzione che la spada possa – in qualche modo – tornare a vivere, per essere strumento di vittoria in mano al puro eroe appena concepito; invece Wotan raccoglie i frantumi della lancia spezzata solo per riportarli al Walhall e usarli colà come "legna da ardere", insieme al resto dell'albero(3) da cui la lancia medesima fu ricavata, a sua volta fatto in ceppi dopo essere rinsecchito (come ci diranno presto le Norne e Waltraute…)

Tornando alla Lancia, divenuta una "vuota espressione" (e qui veniamo – dulcis-in-fundo – al versante musicale) domandiamoci ancora: ha la Lancia un suo proprio leit-motiv, come la Spada? La mia personale risposta è un ni un poco equivoco, che deve quindi essere necessariamente motivato.

Qui siamo di fronte alla presenza di un'entità concettuale, intellettuale, e di un simbolo materiale che la rappresenta. Il concetto (o il tutto, o il fine) è il Patto, cioè quel "sistema di regole", quel corpus legislativo che Wotan ha imposto al mondo da lui (più o meno) direttamente controllato. Il simbolo (o la parte, o il mezzo) ne è la Lancia, che reca incisi sull'asta, con i caratteri runici, i contenuti delle leggi e delle regole, che il Patto per l'appunto sottende e del quale Patto essa è quindi null'altro che un materiale "supporto informativo"…

Ci capiterà quindi, di volta in volta, di assistere a scene in cui il concetto e il simbolo coesistono, altre in cui è presente soltanto il simbolo e altre ancora in cui è presente solo il concetto.

Diversi sono i casi in cui Patto e Lancia viaggiano di pari passo: due dei più macroscopici sono proprio i momenti di scontro con la Nothung. Quando nella Walküre abbiamo assistito all'uccisione di Siegmund, dove la lancia di Wotan infranse la spada del figlio, il tema che precipitava nelle tube rappresentava materialmente la lancia, ma anche e soprattutto il Patto, la legge che Wotan aveva (suo malgrado) fatto valere. Nel recentissimo scontro Wotan-Siegfried, il tema, letteralmente cascato a brandelli, ha di sicuro rappresentato la lancia spezzata in due dalla Nothung, ma anche la fine dell'Autorità del dio.

Vedremo come nell'ultima giornata del Ring (Götterdämmerung) e in particolare nella scena del primo atto con Brünhhilde, Waltraute nomini la lancia in due occasioni. Nella prima racconta di Wotan, tornatosene scornato al Walhall dopo il testè descritto incontro-scontro con Siegfried, impugnando i frammenti della lancia: qui l'immagine è accompagnata minuziosamente (precisamente sulle parole "in mano teneva i tronconi della lancia") dal tema che precipita nei corni. Ma poco più avanti, quando racconta di Wotan mestamente seduto, silenzioso e rassegnato, con i pezzi della lancia in mano, non c'è proprio nessun tema, nulla di nulla, poiché ormai la lancia è ridotta appunto ad un vecchio, distrutto, obsoleto ed inutile simulacro e non rappresenta più alcunché, menchemeno il Patto!

Nella prima scena del secondo atto, Alberich ricorda al figlio Hagen di come la lancia di Wotan fu spezzata da Siegfried, il vincitore del drago Fafner: ebbene, qui il richiamo alla lancia è accompagnato nientemeno che dal tema della Nothung (!) che la spezzò, mentre subito dopo il tema del Patto sottolinea la descrizione di Siegfried che abbatte Fafner!

I casi di presenza del solo concetto (il Patto, sempre evocato dal suo caratteristico tema discendente) sono talmente numerosi che mi limiterò ad un paio di esempi, sempre da Götterdämmerung, relativi a scenari dove la lancia di Wotan non c'entra proprio nulla. Nel secondo atto, scena quarta, Siegfried ricorda il patto di sangue con Gunther, garantito dalla sua Nothung: ebbene, i temi della Spada e del Patto suonano addirittura insieme! (il primo nelle trombe, il secondo negli archi) a dimostrazione di quanto il "nuovo corso" di Siegfried avesse fatto proprie le "regole universali". Risentiremo per l'ultima volta il tema del Patto nel momento in cui Brünnhilde afferra la torcia con cui appiccherà il fuoco alla pira.

In conclusione si può dire che le regole universali (il Patto) ed il tema che le evoca non cessano mai di esistere, nemmeno quando se ne distrugga il supporto materiale (la Lancia) così come non furono di certo cancellati i Dieci Comandamenti, quando Mosè mandò in pezzi le Tavole della Legge!

Quanto alla Spada, ne abbiamo seguito tutte le vicissitudini, da quando per la prima volta è balenata, come idea, nella mente di Wotan, a quando è stata recuperata da Siegmund, poi da Brünnhilde, e infine ricostruita ed usata da Siegfried. E sempre il suo tema l'ha seguita: nella polvere e sugli altari, nella tremenda necessità e nella sublime esaltazione, nelle battaglie e – come vedremo – persino nell'esperienza amorosa.

Essa verrà materialmente usata da Siegfried tra poco per… spogliare Brünnhilde, e poi nella scena finale del primo atto di Götterdämmerung nel ruolo di "parete divisoria" fra il giovane (sotto le spoglie di Gunther) e la ex-Valchiria, durante la notte che dovranno castamente passare insieme prima di scendere verso i Ghibicunghi.

In seguito, a sua volta ridotta a reliquia di un grande passato, verrà solo citata (da Siegfried e, infine, da Brünnhilde) per ricordarne le splendide virtù; il suo tema risuonerà ancora stupendamente nella strumentale orazione funebre seguita alla morte di Siegfried e per l'ultima volta (sempre nella tromba in DO) all'inizio della perorazione conclusiva di Brünnhilde.
___
Note:
1. Ciò azzarda suggestivamente qualche esegeta, sulla base di cronache delle prime prove del Ring a Bayreuth, ma senza alcun indizio plausibile a sostegno di tale tesi.
2. Il mitico Yggdrasil.
3. L'Yggdrasil, mutilato da Odin, andò incontro ad un inevitabile deperimento, fino a morire. 

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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