7 apr 2015

5.2.2.4 Götterdämmerung: Atto I – Scena II: Una cerimonia barbara


La cerimonia del giuramento di sangue fra Siegfried e Gunther è stata probabilmente ispirata a Wagner da una qualche saga nordica(1). Poi lui ci ha messo del suo, per renderla il più teatrale possibile.

Anche qui possiamo distinguere due diversi piani di lettura di questa scena: da un lato la presentazione – piena di teatralità a buon mercato - di una pratica piuttosto barbara e primitiva (due individui che si auto-feriscono al braccio, versano il proprio sangue nel vino, e con quel vino così… adulterato brindano al loro sodalizio); dall’altro la volontà di Wagner di stigmatizzare musicalmente gli stereotipi e gli eccessi del melodramma del suo tempo (Parigi, al solito) che lui considerava, appunto, sintomi di imbarbarimento culturale. Abbiamo già incontrato e ancora incontreremo, soprattutto nei primi due atti del dramma, esempi di quest’ultima intenzione di Wagner, dove ai profondi contenuti dei suoi testi e ai temi della sua nuova musica si affiancano scene francamente pacchiane accompagnate da motivi esteticamente (e volutamente) dozzinali. 

Il tema del fuoco, che sale nelle crome degli archi (dai bassi agli alti) fa da sfondo ad un crescendo orchestrale che accompagna i gesti dei tre personaggi in scena: Hagen che regge la coppa sotto le braccia di Siegfried e Gunther che si… svenano. L’irrompere del tema della Spada seguito da quello ghibicungo evoca le armi con le quali i due si scalfiscono le braccia e fanno cadere il loro sangue nella coppa. Il protervo tema del Patto suggella questo orripilante cerimoniale, mentre i due giuranti appoggiano due dita della mano sul bordo della coppa.

In REb Siegfried, ormai pienamente ghibicunghizzato, proclama di aver stillato nella bevanda il suo sangue vivicatore, ma i fiati ci ricordano Gutrune, che ormai occupa la cervice del nostro eroe! A sua volta, Gunther, tornato al SIb, e sul suo motivo ghibicungo, conferma l’avvenuta miscela di sangue, che ancora il Patto prontamente certifica.

Adesso siamo proprio al colmo della parodia: i due, cantando per terze(2), brindano (Treue trink’ ich dem Freund) all’amicizia, seguiti dal motivo di Gutrune! Poi due versi (prima “Froh und frei”, felice e libera, indi “entblühe dem Bund”, fiorisca all’alleanza) pronunciati da Gunther e ripetuti da Siegfried un tono più in alto, ma come sotto detattura, preludono alla nuova perorazione per terze, in REb: Blut-brüderschaft heut’ (fratellanza di sangue, oggi) con  l’immancabile Patto a scolpire su pietra questa santa alleanza!

E come tutti i patti che si rispettino, anche questo prevede una salata penale per chi lo dovesse violare: a identificarla è un nuovo tema, detto dell’Espiazione, che scende per terze (una forma invertita della maledizione) prima in Gunther, dal RE al RE# sottostante (“Bricht ein Bruder den Bund”, se il fratello spezza il patto) poi in Siegfried, dal FA# al sottostante SOL (“Trügt den Treuen der Freund”, se il fedele froda l’amico) e infine è chiuso ancora – in DO maggiore! - dalle due voci riunite (“ Was in Tropfen heut' hold wir tranken”,  quel che oggi a stille beviam da amici) che concludono all’unisono (“fromme Sühne dem Freund”, espiazione arrechi all’amico) su un FA# dal quale prende inizio una (francamente) stucchevole ripetizone della coppia Maledizione-Patto.

Un ultimo botta-e-risposta dei due contraenti: Gunther (“So biet ich den Bund!”, così ti offro alleanza) beve e porge la coppa a Siegfried (“So - trink' ich dir Treu'!”, così  a te fedele io bevo) il cui canto sfocia nella caratteristica ottava discendente di Hagen (tema detto anche della Fedeltà), cui il nostro porge la coppa vuota. Su cui lo sbifido mezzo-nibelungo – mentre ancora il tema del Patto risuona in trombe e tromboni - vibra un gran fendente che la spacca in due! 

Insomma, una scena proprio degna di Meyerbeer! Che però Wagner si premura di chiudere con il nobile motivo in SIb dei ghibicunghi.
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Note:
1. Ad esempio la Fóstbrœðra saga (Saga dei fratelli di sangue) narra di tali Þorgeir e Þormóður che giurano fratellanza. Tipicamente il giuramento comportava di scambiarsi il sangue mettendo a contatto due dita su cui i giuranti avevano operato piccole incisioni.
2. Beh, anche Siegfried e Brünnhilde hanno cantato in questo modo, ma in circostanze e con accenti assai diversi!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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