2 set 2012

4.2.3.2 Siegfried. Atto II – Scena III – Walter der Welt.


La musica che accompagna l’emergere di Siegfried dalla caverna di Fafner – mentre si appende il Tarnhelm alla cintola e si infila l’Anello al dito - è quanto di più lontano (almeno apparentemente) possa immaginarsi rispetto allo scenario presente. Cosa portano infatti alle nostre orecchie i sei (!) corni? Il motivo del Canto delle Figlie del Reno, sì, proprio quello che avevamo udito per la prima volta nel Rheingold, e nel più puro DO maggiore (qui poco dopo contrappuntato in SOL dalla tromba bassa col tema dell’Oro). Ma attenzione: dopo le prime due battute, che recano precisamente il motivo (LA-SOL/LA-SOL) nella forma della sua prima apparizione, ecco che la melodia, pur mantenendosi in DO, diviene quella cantata (allora in RE bemolle) verso la fine della Vigilia dalle tre Rheintöchter – rimaste vedove dell’oro - nell’accorato richiamo a Wotan e agli dèi per chiederne la restituzione: Rheingold! Rheingold! Reines Gold! Wie lauter und hell leuchtest hold du uns! Um dich, du klares, wir nun klagen: gebt uns das Gold! O gebt uns das reine zurück!

Ora dobbiamo, come sempre, domandarci che cosa c’è sotto a questa apparente stranezza, poiché sappiamo che in Wagner nulla avviene mai per caso, o per stucchevole esibizionismo; poichè ben conosciamo l’arte con cui il gran mago manipola e impiega i suoi temi – che di volta in volta assumono forme e connotati diversi - per raccontarci ciò che l’azione immediata non ci potrebbe dire. Sì, perché a prima vista verrebbe spontaneo pensare che sia il motivo dell’anello (che pure era risuonato nelle orecchie dei fratelli nibelungici poco prima…) a dover accompagnare Siegfried, data l’importanza che la cosa riveste.  

Ma intanto: Siegfried nulla sa di quell’Anello, dei suoi trascorsi, dei suoi poteri(1) e soprattutto della maledizione che grava su chiunque se ne impossessi. Lui l’ha recuperato solo seguendo l’invito dell’Uccellino, e infatti la prima cosa che dice è di non sapere a che gli possa servire quel giocattolo.

Invece, primo: il motivo del Canto delle Figlie del Reno - nella tonalità di DO maggiore - non solo rappresenta per noi una struggente reminiscenza del bel tempo che fu (quando Alberich ancora non aveva perpetrato la sua profanazione) ma perfettamente si addice a descrivere l’intima essenza dell’Anello medesimo, il suo essere innanzitutto, appunto, Oro del Reno, l’elemento naturale più puro e incontaminato, così come genuina e naturale e ingenua, e ancora incontaminata, è la personalità di Siegfried che ora lo reca al dito. 

Non solo, secondo: la sua presentazione nella forma lamentevole dell’ultima sua apparizione nel Rheingold ci dice qualcosa di più: ci sottolinea un fatto di importanza enorme: l’Oro del Reno, sotto forma di Anello, è tornato per la prima volta in mani pulite! Mai come ora quell’accorata richiesta delle tre ninfe potrebbe essere soddisfatta, con la restituzione del maltolto al letto del fiume. E forse è proprio questa l’azione che, compiuta da lui(2), renderebbe Siegfried davvero Walter der Welt (come cantò l’Uccellino) signore di un mondo purgato da tutti i peccati originali (di Wotan e Alberich), un mondo tornato ingenuo e puro, fatto a sua immagine e somiglianza!(3)

E infine, terzo: a proposito del grande padre-Reno (dal cui seno l’oro fu strappato) abbiamo qui una chiara premonizione di un futuro (quello di Siegfried e poi di Brünnhilde) che sarà tanto radioso quanto effimero, e di cui ancora una volta il mitico fiume sarà testimone - lo vedremo e lo ascolteremo stupendamente nel Rheinfahrt - e, alla fine della Commedia, anche attivo protagonista!   

Insomma: in questo brevissimo scorcio (di sole 18 misure) Wagner crea un nesso, magari sotterraneo (o… subacqueo, o… aereo) fra: l’Uccellino - che ha suggerito a Siegfried di raccogliere l’anello - l’Oro del Reno da cui l’anello fu ricavato, e le tre Ninfe che lo custodivano e che ne reclamano la restituzione. Ancora una volta: è solo un caso che il canto dell’Uccellino e il Weia-Waga delle Ninfe impieghino esattamente le stesse identiche 5 note di una scala pentatonica?

Siegfried chiude la sua esternazione tenendosi l’anello come ricordo della sua vittoriosa tenzone con Fafner; una modulazione ci ha portato da DO a SIb e le due trombe esplodono in questa tonalità il tema ampliato della Spada, a sottolineare il fresco ricordo dell’impresa del ragazzo, che peraltro ancora non ha imparato cosa sia la paura (“doch das Fürchten noch nicht gelernt!”)

E su quel gelernt il canto di Siegfried resta sospeso sul FA, dominante di SIb, ma ora una modulazione arditissima (un tritono!) ci porta alla lontana tonalità di MI maggiore (e alla sua sottodominante LA): dal presentimento indotto dall’Oro del Reno siamo infatti tornati al… presente; e il presente ha le fattezze dell’Uccellino del bosco, sempre appollaiato sulla cima del gran tiglio, la cui vocina Siegfried ricomincia ad ascoltare, in mezzo al fremito di sestine della foresta.

Ora che Siegfried possiede elmo ed anello – così canta il pennuto - farà bene a stare in guardia da Mime, l’infedele! Ascolti attentamente le sue parole, come può fare grazie all’aver gustato il sangue del drago, e ne scoprirà le pessime intenzioni.

Il tema dei Wälsi si leva adesso, dolcissimo e toccante, nel clarinetto, poi nei violoncelli e infine nel corno, proprio mentre Mime si avvicina di soppiatto, osservando il pensieroso Siegfried che sta ancora meditando su ciò che ha appena prelevato dal tesoro. E se un Viandante scaltro lo avvicinasse proprio ora, si chiede, non potrebbe forse intortarlo con qualche storiella farlocca? e prendersi l’anello?(4) Sì, qui bisognerà agire con astuzia doppia per infinocchiare il ragazzo.

Il tempo e l’atmosfera sonora cambiano radicalmente: perché ora ci dobbiamo preparare ad una (anzi, propriamente all’ultima!) delle ipocrite adulazioni di Mime.
___
Note:
1. Come si è detto, pare che Siegfried abbia già dimenticato, forse perché non ne comprende il senso, l’avvertimento dell’Uccellino relativo ai poteri dell’Anello. 
2. Vedremo come ciò accadrà soltanto nelle ultime battute di Götterdämmerung, e grazie a Brünnhilde!
3. Sappiamo che non sarà così, poiché quei peccati originali dovranno essere prima scontati fino in fondo.       
4. Mime proprio non conosce la testardaggine del ragazzo, che non si farà per nulla abbindolare da Wotan!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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