6 giu 2012

4.2.1.1 Siegfried, Atto II, Scena I - Una notte a Neidhöhle


La prima scena dell’atto centrale del Siegfried ha come protagonisti due vecchi nemici, che non si incontravano dai tempi del Rheingold. Allora Wotan aveva confiscato l’anello al nano e (per poco, fino all’arrivo di Erda) aveva creduto di essere onnipotente ed eterno. Alberich invece era piombato dalla più grande euforia conferitagli dal possesso dell’anello alla più cupa disperazione, per la perdita del massimo strumento di potere.

Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti e la condizione dei due è assai mutata: Wotan, annichilito dal drammatico confronto con Fricka e dalla dolorosa rinuncia a Siegmund, sta ormai vagando per il mondo, consapevole del suo fallimento e dell’inevitabilità della fine, anche se istintivamente continua a sperare in Siegfried. Alberich invece è più che mai deciso a riappropriarsi dell’anello e se ne sta nei pressi della caverna di Fafner aspettando il momento propizio per l’azione: lui sa - evidentemente avendo spiato le mosse di Mime – che Siegfried arriverà lì per far secco Fafner, e si prepara ad intervenire(1).

L’incontro fra i due fornisce a Wagner lo spunto per proporci un altro dei suoi riassunti delle puntate precedenti e quindi per farci risentire motivi che erano già arrivati alle nostre orecchie nelle prime due opere del suo quadripartito dramma. Riascolteremo quindi musica che viene da lontano, dal Rheingold e dalla Walküre.

A cominciare dal cupo preludio, che mirabilmente ci prefigura lo scenario; benchè il sipario sia ancora abbassato, noi con l’orecchio già vediamo,  nella notte fonda, nei pressi di Neidhöhle(2), Alberich che, acquattato nella boscaglia davanti alla grotta occupata da Fafner, osserva, ascolta e pensa. Sul tremolo di viole e violoncelli compare infatti, rabbividente nei contrabbassi, la quartina ascendente di semibiscrome (SOLb-LAb-SIb-SI)  sfociante sul DO, che ricorda da vicinissimo Alberich e il suo motivo dell’annientamento, comparso per la prima volta nel Rheingold dopo che il nano, derubato dei suoi tesori e dell’anello, aveva maledetto chiunque ne venisse in possesso, cominciando già a covare il desiderio di vendetta!

E su quel DO cosa compare ora alla nostra vista auditiva? Il motivo dei Giganti, nei timpani, che ci dice che Fafner deve trovarsi proprio lì nei pressi. Ma attenzione, mentre nel Rheingold il motivo si muoveva da dominante a tonica, un intervallo normale, rispettoso delle buone regole della convivenza… musicale, così come i Giganti, pur ignoranti e volgari, erano rispettosi di quelle della convivenza civile, qui invece scende dalla tonica alla quarta aumentata, DO-FA#, accipicchia: un tritono! Straordinaria variazione tematica che, nella sua infinitesima dimensione, ci presenta un concetto di portata colossale: Fafner non è più un essere rozzo, ma in fin dei conti onesto: adesso è diventato un mostro spaventevole, dopo essersi macchiato di colpe gravissime, quali l’assassinio e il furto; e il diabolus in musica ne descrive perfettamente la natura, cosa di cui avremo conferma tra poco, quando udiremo Fafner letteralmente esprimersi soltanto attraverso tritoni!    

Ma c’è un’altra informazione che la musica del preludio ci trasmette: le fattezze del drago in cui Fafner si è trasformato. È il contrabbasso-tuba (poi supportato dai tromboni) a descriverle, intonando il motivo che per la prima volta avevamo udito nella terza scena del Rheingold, allorquando era stato Alberich a trasformarsi in drago, per mostrare a Wotan-Loge i poteri del Tarnhelm. Dapprima lento, poi un poco più mosso, quasi a rappresentarci il sonno non proprio tranquillo del drago.

Questi tre motivi sono esposti con un perfetto contrappunto per 31 battute (3/4) in tempo pesante e strascicato, poi ecco una specie di bagliore che balena – due volte a breve distanza di tempo - nei fiati: ci riconosciamo il tema dell’anello, che forse Alberich crede di veder brillare nel buio della grotta di Fafner. 

Ma ora, terrificante pur se sommesso, ecco alzarsi, nei tre tromboni e per due volte, prima dal FA#, poi dal SOL, il motivo della maledizione, mai così pertinente come in questa circostanza: non solo perchè Alberich la ripete dentro di sé, ma perché ormai, anche per Fafner, sta arrivando il momento di pagarle il suo ineluttabile tributo! Ora la tensione aumenta (il tempo passa a 12/8), il motivo dell’annientamento si fa sempre più insistente e infine la maledizione esplode in un crescendo che sfocia in due battute micidiali: dove udiamo, sovrapposti, il tema dei giganti, quello dell’annientamento e, soprattutto, quello della schiavitù (SOL-FA#). In sintesi: Fafner sta per cadere vittima della schiavitù dell’anello, e della volontà di annientamento di Alberich!    

Il sipario ora si alza e Alberich ci spiega ciò che la musica già ci aveva perfettamente anticipato.
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Note:
1. Abbiamo appreso da Wotan, nella Walküre, della paternità di Alberich. Il cui figlio, Hagen, incontreremo però solo in Götterdämmerung. Evidentemente Wagner non volle, come dire, bruciarsi questa carta anzitempo, anche se obiettivamente Alberich avrebbe potuto giovarsi dell’aiuto del figlio in una circostanza così delicata.     
2. L’intera vicenda del Siegfried si svolge nel lasso di tempo di meno di tre giorni: dal mattino alla sera (primo atto); nella notte e nel giorno seguente (secondo atto) e nella notte e giorno ancora successivo (terzo atto). 

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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