Quelle
sommariamente elencate sono considerazioni di carattere apparentemente
scientifico (quindi tanto più pericolose, poiché ammantate di solenne aplombe) magari anche dotate di qualche
fondo di verità ma che, mescolate al ricordo di autentici fatti di cronaca relativi
al Terzo Reich(1), portano dritto ad alcune conclusioni ben precise:
·
le
opere di Wagner (e non solo il Ring) predicano l’ideologia antisemita(2),
·
Wagner
fu il padre spirituale del nazismo(3) e quindi
·
è
da ritenersi oggettivamente responsabile
dell’Olocausto(4).
Certo,
bisogna riconoscere che Wagner ha contribuito di bel suo a creare le premesse
per questa non propriamente onorevole fama, con scritti e comportamenti
violentemente antiebraici. E, visto che la musica e l’opera erano il suo pane quotidiano e la sua suprema
aspirazione esistenziale, non è fuori luogo immaginare che Wagner abbia, in
qualche modo, ricavato dalle sue convinzioni antiebraiche – meglio sarebbe
dire: dai suoi pregiudizi - più di uno spunto per la composizione delle sue opere
e, in particolare, per la presentazione dell’aspetto esteriore dei suoi personaggi.
Ma già questo è un primo punto
importante da sottolineare: l’antiebraismo di Wagner riguardava principalmente
l’Arte e, in particolare, la Musica. Lui giudicava gli ebrei non portati per l’arte musicale, almeno come
essa era concepita in Germania e in Occidente, ma è del tutto gratuito
attribuirgli la spiegazione di ciò come conseguenza della rinuncia all’amore e
dell’asservimento al potere dell’oro da parte della razza ebraica (e solo di
essa, attenzione!) Quando era il momento di chiedere quattrini, lo stesso
Wagner applicava disinvoltamente il famoso adagio latino “pecunia non olet”… e
si può star certi che molti dei rossi mattoni del Festspielhaus abbiano sangue
ebraico nel loro pedigree.
E
qui ci ricolleghiamo al primo punto della teoria
scientifica sopra esposta: dato che l’ebreo ha una cultura che spregia
l’amore e predilige l’oro, e dato che Alberich rinuncia all’amore per
l’oro, ne deve conseguire necessariamente che Alberich sia un semita, e con lui
tutta la sua razza(5). In realtà questo è un postulato bello e buono, in nessun modo dimostrabile: credo di aver
spiegato in precedenza (ma è Wagner, nel poema e nella musica del Rheingold, a confermarcelo) che Alberich
sarà sì piccolo e brutto, ma non è cattivo, cioè non è congenitamente nemico
dell’amore, anzi è soggiogato dalla sua potenza, e che la sua successiva maledizione
dell’amore è una conseguenza del fatto che questo gli viene inconcepibilmente negato.
Addirittura
si potrebbe qui ribaltare la tesi e
sostenerne a pieno titolo una diametralmente opposta: che Wagner, da
occidentale-germanico-ariano faccia un’aperta autocritica e voglia invece
presentarci, con Alberich, la triste condizione degli ebrei, disprezzati da ben
due millenni dall’ipocrita società occidentale, sia cattolica che luterana(6), emarginati
e relegati in ghetti materiali e spirituali, dai quali possono uscire solo
rifugiandosi (anzi, essendo perfino a ciò costretti!(7)) nell’oro.(8) Per di
più, come si è già osservato, la capitale decisione che Alberich prende nel Rheingold ne fa una figura grande, altro
che meschino verme ebreo!
Veniamo
ora a Wotan e al suo preteso inquinamento
ad opera del semita Alberich. Attenzione! poiché, una volta fatta passare per
vera tale ipotesi, si ha poi gioco facile a pervenire alla comodissima tesi
secondo cui, nel Ring, Wagner vuole attribuire tutte le colpe della società e
della cultura occidentale, in particolare germanica, quindi ariana – anche
quelle più gravi ed inconfessabili - all’essere essa in via di inquinamento da
parte della sub-cultura semitica (tesi che il nazismo sosterrà a gran voce!) E che
Wagner, con il Ring, questo e non altro ha voluto rappresentarci; e peggio
ancora: che nelle opere del protonazista Wagner, Hitler trovò bell’e pronti non
solo tutta la sua visione politica,
ma anche il suo dettagliato programma di eliminazione fisica degli ebrei! Orbene,
sfido chiunque a trovare in tutto il Ring una qualunque, sia pure lontana,
giustificazione di questa tesi sciagurata, quanto pretesuosa!(9)
Allora
cominciamo col dire che l’Anello, il simbolo di tutto il male
universale, viene sì materialmente forgiato da Alberich, ma a lui preesiste, e sappiamo
benissimo dove, avendo ascoltato il Rheingold!
Precisamente nella conoscenza delle
tre Ninfe, le figlie del Reno, e cioè dell’acqua, il principale dei quattro
elementi fondamentali dell’universo! E sulla partitura musicale, il tema dell’Anello
compare per la prima volta addosso a Wellgunde, non certo ad Alberich! Quindi il
nesso causa-effetto non è Alberich-Anello, ma esattamente l’opposto: Alberich è
una vittima dell’Anello (il male) esattamente come lo è (e lo vedremo subito) Wotan.
Non
per nulla, nella seconda scena del Rheingold,
Wagner ci ri-presenta il tema dell’Anello letteralmente appiccicandolo a Wotan,
come una sanguisuga, fin dalle primissime battute; ed è chiaramente legato al peccato del dio, che ha promessa Freia
(l’Amore!) ai Giganti, in cambio del Walhall (il Potere). Per di più, ben
sappiamo come lo stesso tema del Walhall altro non sia se non una variante del
tema dell’Anello, la sua faccia nobile
(ma anche ipocrita?) potremmo dire. Da dove o da cosa, da chi o perché si possa
dedurre che Wotan, già a quel punto, sia stato inquinato dalla sub-cultura semitica, questo è per me un mistero,
anzi… un’invenzione, bella e buona!
La
realtà (come ce la racconta Wagner, parole e musica, basta leggere ed ascoltare)
è quella che ci hanno già chiaramente presentata gli eddici Saemund e Snorri: tutta la razza divina, da Ymir, a Bor, e
giù giù fino a Odin(Wotan) è affetta da peccati
originali, dei quali l’ultimo ci è stato da Wotan confessato già nella Walküre con queste inequivocabili
parole: “Als junger Liebe Lust mir verblich, verlangte
nach Macht mein Mut: von jäher Wünsche Wüten gejagt, gewann ich mir die Welt.”(19)
Chiaro abbastanza, vero? Ma invece, come non bastasse, il Viandante-Wotan ci
fornisce i dettagli del suo peccato nella seconda scena di Siegfried, ed è la mortale ferita da lui
stesso inferta al mitico frassino Yggdrasil, per ricavarci l’asta di una
lancia, su cui incidere i caratteri runici delle leggi con cui dominare il
mondo: “Aus der Welt-Esche weihlichstem Aste schuf er
sich einen Schaft: dorrt der Stamm, nie verdirbt doch der Speer; mit seiner Spitze
sperrt Wotan die Welt.”(11) Poi c’è Erda, che nella prima scena del Terzo Atto
di Siegfried così apostrofa Wotan: “Der
den Trotz lehrte, straft den Trotz? Der
die Tat entzündet, zürnt um die Tat? Der die Rechte wahrt, der die Eide hütet,
-wehret dem Recht, herrscht durch Meineid?“(12)
Non basta ancora? Ecco cosa
notificano - per i distratti e i ritardatari - le Norne nel prologo di Götterdämmerung: “Von der Welt-Esche brach da Wotan einen Ast; eines Speeres Schaft
entschnitt der Starke dem Stamm. In langer Zeiten Lauf zehrte die Wunde den
Wald; falb fielen die Blätter, dürr darbte der Baum...“(13)
Se
poi ricordiamo che Wotan non esita addirittura a rubare l’anello ad Alberich ce n’è abbastanza, direi… perciò, se
immondi e peccatori sono gli Untermenschen
semiti, allora come minimo lo sono altrettanto i luminosi germanici-ariani.
Anzi, di più, poiché non hanno nemmeno l’attenuante della provocazione e dello stato di necessità: sappiamo che
Alberich persegue la Potenza solo dopo aver subito il carognesco trattamento da
parte delle Ninfe ed aver quindi constatato l’assoluta impossibilità per lui di
accedere all’Amore; Wotan invece ha avuto l’Amore, e tanto abbondantemente da
addirittura stancarsene - pur non arrivando a ripudiarlo - ed è quindi andato
in cerca di Potenza come variante
esistenziale all’Amore medesimo. Questo,
e non altro, Wagner ci spiega, e senza bisogno di far ricorso ad etichette
razziali, tutt’altro; semplicemente raccontando di: Schwarz-alben e Licht-alben.
Quindi, tutti elfi, scuri e chiari,
ma elfi.
E
quindi si deduce che per Wagner, nel Ring - lo ripeto fino alla nausea, non nel libello X o nel discorso Y o
nella lettera Z, ma nel Ring - il
mortale confronto fra Wotan ed Alberich non è affatto lo scontro fra bene e
male, fra puro-ariano e impuro-semita, ma – sia detto chiaro e tondo
e una volta per tutte – fra due peccatori, rappresentanti di due civiltà sì
diversamente sviluppate, ma ugualmente fondate sui deteriori (dis)valori dell’Anello.
Per impossessarsi del quale non a caso entrambi ne combinano di cotte e di
crude, fino a scatenare un vero e proprio conflitto
mondiale, che porterà dritto-dritto al tracollo di entrambe le civiltà. Ed
è proprio per questo, e per nessun’altra ragione – si ascolti Wagner, prego! – che
nessuno dei due personaggi (e nessuno dei due opposti schieramenti che a loro fanno capo, figli e figliastri e nipoti
inclusi) l’avrà vinta sull’altro, perché nessuno dei due si merita di
prevalere. Qualcuno ci vede qui sul serio la Kristallnacht, l’invasione della Polonia, o l’Anschluss? Caso mai,
come abbiamo già fatto notare, alla fine del Ring le cose vanno meno peggio ad
Alberich, che non a Wotan! E questo cosa dimostrerebbe? Che Wagner, oltre che
nazista, era pure masochista? E che si vide costretto a scrivere una successiva
opera colossale, per tentare di porre rimedio alla frittata autolesionista del Ring?
Passiamo ora a Mime: che rappresenti la
meschinità e l’arretratezza culturale è palese a tutti; che in Siegfried Wagner ci racconti di come il
miserabile nano soccomba alla purezza, all’entusiasmo e all’inventiva del
giovane figlioccio cui fa da tutore, altrettanto. Ma il punto è che Mime, a
differenza di Alberich, che minaccia Wotan di totale distruzione, ha mire assai
più ridotte, che ci rivela alla fine del primo atto di Siegfried: a lui basterebbe
diventare signore dei Nibelunghi, giù nelle tenebre delle viscere della terra.
Di Wotan gli importa solo di sfatarne la scommessa persa con lui, e salvarsi il
capoccione, null’altro… E del resto, quando mai Wotan mostra di preoccuparsi di
lui, o peggio, di considerarlo una seria minaccia? A differenza di Alberich,
suo nemico mortale, che gli ha fatto perdere il sonno, ma che lui rispetta
almeno quanto teme, per Wotan Mime è solo un mezza-tacca, un poveraccio da
prendere - e guardate: persino bonariamente - per i fondelli(14).
Per il resto ci si dimentica, al
solito, di leggere e di ascoltare il Ring:
nella terza scena del Rheingold, in
occasione dell’incontro con Wotan e Loge, Mime descrive un mondo nibelungico
addirittura idilliaco, prima della provocata
conversione di suo fratello Alberich alla nefasta religione dell’oro, che
ha poi costretto anche lui a tirar fuori il peggio di sé, per naturale reazione…
Quanto all’aspetto esteriore, non c’è
dubbio che Wagner rivesta Mime (come in parte anche Alberich) delle qualità
negative da lui attribuite agli ebrei (la parlata e la cantilena yiddish, in primo luogo): ma siamo
appunto all’esteriorità, peraltro mirabilmente espressa sul pentagramma. E Wagner,
in fondo, forse doveva essere grato a quello stereotipo di ebreo, se gli
consentiva di creare autentiche meraviglie in musica! E non solo qui nel Ring...
Siegmund e Sieglinde: è del tutto
evidente che i due personaggi, la loro consanguineità e il conseguente incesto
erano un’assoluta necessità artistica
per Wagner. L’incesto, che ha come presupposto il legame di sangue dei due
gemelli, è l’unica realistica
motivazione per il comportamento di Fricka, per le sue richieste a Wotan e per
tutto ciò che la loro soddisfazione comporta: il sacrificio di Siegmund, e da
qui la conversione di Brünnhilde,
la di lei punizione, e da qui... tutto il resto del Ring! La Walküre opera d’arte, con il suo meraviglioso
impianto e il suo stupendo finale, non potrebbe esistere che così. Viceversa,
se Siegmund rappresentasse il puro-ariano, in cui la società germanica ha
riposto le sue speranze di riscatto, come si spiegherebbe allora il suo rifiuto
di ascendere al Walhall, dove difendere quella società? E ancora: visto che è
Fricka a chiedere la punizione del Siegmund-eroe-ariano, dovremmo allora
pensare che anche lei sia in qualche modo inquinata
dal nibelungico-semita? E di grazia: in base a quali elementi, circostanze,
osservazioni, parole e musica? Ciò che di lei sappiamo (dal Rheingold) è che
non è diversa dalla donna media e benpensante,
con le sue bigotte convinzioni, ma anche con le sue vanità e le sue debolezze,
oro compreso.
Siegfried: che Wagner abbia immaginato in lui uno
stereotipo del puro ariano, è più che
verosimile, così come si può arrivare a pensare che la raffinata ricerca
wagneriana nel campo dell’introspezione psicologica (lo straordinario sogno
della madre e la reazione di Siegfried di fronte all’Amore) avesse come
obiettivo secondario anche di dimostrare al mondo “quanto può fare l’Arte
germanica” se paragonata alle “insulsaggini ebraiche” di un Meyerbeer… Ma,
ancora una volta, restiamo saldamente ancorati al piano artistico: tirare in
ballo quello politico, e più ancora quello razziale, è davvero cosa gratuita.
Peraltro basterà, come al solito, stare alla lettera e al pentagramma del
racconto wagneriano, per chiederci come si possa spiegare che un Siegfried eroico
e incontaminabile, che resiste, e
come! all’inquinamento di Mime finchè si trova nella sua tenera età (proprio
quando invece potrebbe essere facilmente plagiato) successivamente – divenuto maturo
ed esperto – possa cadere come un’autentica pera cotta, letteralmente in pochi
secondi, davanti ad un qualunque mezzo-semita (Hagen) e ad una insignificante
Gutrune!(15) E questo ingenuo bambinone naìf dovrebbe rappresentare, secondo
Wagner, il simbolo del riscatto della razza ariana? Roba da ridere… per non
vergognarsene(16).
Appunto,
di Hagen
figlio di Alberich abbiamo già parlato come di una geniale invenzione di
Wagner. Geniale, ma anche assolutamente necessaria dal punto di vista
drammatico, perché l’identità dell’Högni
che esce dalle saghe medievali avrebbe reso totalmente gratuito e banale
(perché ingiustificabile e del tutto insostenibile, in quanto non realistico)
il suo ruolo nella vicenda del Ring: di quel personaggio, il Wagner ideatore di
drammi cosmici davvero non avrebbe saputo che farsene. Epperò il suo Hagen-figlio-di-Alberich doveva essere
per forza di cose un pezzo grosso alla corte dei Ghibicunghi, e di conseguenza
il realismo imponeva che lui fosse figlio di una ghibicunga, e non di una
nibelunga! Pensare che Wagner volesse mostrarci, con Hagen, il malsano
risultato dell’inquinamento semitico della società ariana è una chiara, quanto
gratuita, forzatura… anche se non possiamo escludere che Wagner si sia
compiaciuto del fatto che una scelta per lui artisticamente obbligata avesse, come by-product, anche un risvolto che magari non gli dispiaceva affatto;
oppure che (scegliete voi) Wagner avesse tratto ispirazione dalle sue idee
balzane sull’ebraismo per presentarci e descriverci in modo artisticamente
sublime un passaggio topico del suo immenso dramma.
Wagner
aveva cominciato il suo lungo cammino del Ring da Siegfried, ma è quella di Brünnhilde
la figura che alla fine campeggia e torreggia nella Tetralogia: a partire dalla
stupenda, emozionante presa di coscienza
in Walküre, poi al risveglio e alla presa di conoscenza dell’Amore in Siegfried, e finalmente alla presa di controllo sulle estreme vicende
cosmiche, in Götterdämmerung!(17) E
questo già la dice lunga su quanto sia strampalata l’idea secondo cui Wagner,
col Ring, si prefiggesse l’obiettivo di esporci le sue pretese soluzioni
politiche riguardo al futuro della Germania(18).
E
così alla fine, se proprio proprio si vuol trovare un parallelo (in termini di
scontro ariano-semitico di culture) fra il Ring e la visione di Hitler, Göbbels e Himmler, non resta che un unico riferimento:
ed è la Berlino che brucia, esattamente come il Walhall…
Ma allora: vuoi vedere che Adolf Schicklgruber da Braunau am Inn,
e i tedeschi
plagiati da lui, essendosi macchiati di appropriazione indebita dell’Artista Richard Wagner – proprio come Wotan dell’Anello di Alberich - per
farci il sommo profeta delle loro
nefandezze, ne hanno poi dovuto tragicamente subire – sì, esattamente come
Wotan! – i colpi di una tremenda maledizione, realizzandone fino in fondo, sulla
pelle di sei milioni di ebrei, ma in fin dei conti anche sulla propria, la più apocalittica
e nichilista delle visioni?
___
Note:
1. Le convention naziste di Norimberga e l’uso di simboli wagneriani nella propaganda antisemita. Però il Terzo Reich
impiegava – come fanfara militare – un tema da Les préludes di Liszt: ma a nessuno è venuto in mente di collocare
il genio ungherese fra i padri dell’Olocausto, insieme a genero, figlia e altri
parenti…
2. Basti pensare che ancora oggi in
Israele l’esecuzione pubblica di musiche di Wagner è bandita quasi per legge:
ne sanno pur qualcosa Daniel Barenboim (ebreo argentino-israeliano, tuttora recordman di direzioni a Bayreuth: 161!)
e Zubin Mehta (indiano, direttore prediletto della IPO – Israel Philharmonic Orchestra,
mai sceso nell’Orchestergraben) tanto
per citare due illustri e pur diversi esempi di artisti
contestati per aver cercato di suonare Wagner in pubblico in Israele… ma
nessuno può toglierci dalla testa che tanti israeliani, nel chiuso delle loro case,
in cuffia sul proprio CD-player, ascoltino Wagner e come!
3. Per la verità, il
Lohengrin aveva colpito l’immaginazione di Ludwig II molto prima di quella di
Hitler, e al giovane Re Wagner non aveva certo risparmiato le sue teorie sull’ebraismo, senza però che
questo portasse la Baviera ad invadere la Polonia, né a costruire campi in cui
rinchiudere e gassificare gli ebrei. Anzi: Ludwig, che per il Wagner artista perdeva i sensi (esattamente come
succederà ad un tale austriaco 50 anni dopo…) e fu sempre pronto a spendersi -
e a spendere! - fu invece molto fermo col Wagner anti-ebraico.
4. Il pronipote Gottfried (figlio
dell’ex-direttore del Festival di Bayreuth, Wolfgang, terzogenito di Winifred e
Siegfried) come spesso accade a chi si sente oppresso dal peso di una scomoda
eredità (o anche a chi non trova sistema migliore per farsi pubblicità e
sbarcare il lunario…) è oggi fra i più accesi sostenitori delle responsabilità dirette del bisnonno
nelle vicende che portarono all’Olocausto. Agli antipodi, non gli è da meno
Norman Finkelstein, lo scrittore ebreo americano che vende libri in cui si
mette in dubbio la Shoah!
5. Sarà
appena il caso di fare un’elementare osservazione: i Nibelunghi sono pur sempre
un prodotto del (sotto)suolo germanico, parlano in Stabreim come tutti gli altri personaggi del Ring e non hanno
alcuna ascendenza levantina!
6. Martin
Luther, l’Usignolo del Wittenberg
secondo Hans Sachs (per bocca del quale Wagner gli tributa uno straordinario
omaggio nei Meistersinger) fu altrettanto antisemita, quanto anticattolico.
7. L’esercizio dell’usura fu per lungo
tempo esclusiva prerogativa degli ebrei, ma non certo per loro scelta.
8. Ritroviamo queste
considerazioni nel Giudaismo nella Musica,
dove Wagner riconosce la responsabilità delle società europee nella millenaria
emarginazione degli ebrei.
9. Stiamo parlando del Ring, non di questo o di
quell’articolo di giornale, di questa o di quell’altra lettera, o di una frase pronunciata
dopo una cena con amici o riferita da Nietzsche, da vonWolzogen, da Cosima, da
Gobineau...
10. Quando di giovine amore
languì il desiderio, l'animo mio aspirò a potenza: di improvvise brame dal
furore spinto, a me conquistai il mondo. La traduzione è
del sommo Guido Manacorda.
11. Del frassino del
mondo dal ramo più sacro l'asta si costruì: inaridisce il fusto, non si
logorerà mai la lancia; con la sua punta sbarra Wotan il mondo.
(Manacorda)
12. Chi la tracotanza insegnò, punisce la
tracotanza? Chi all’azione infiammò, dell'azione s'adira? Chi il giusto
protegge e guarda il giuramento - il giusto impedisce e regge con spergiuro? (Manacorda)
13. Dal frassino del mondo ecco
Wotan un ramo recidere; l'asta d'una lancia tagliò quel forte dal tronco. Nel
corso di lunghi tempi la ferita logorò la foresta; falbe caddero le foglie, intristì
arido l'albero... (Manacorda)
14. Si confrontino i
diversi “trattamenti” che Wotan riserva ad Alberich e a Mime: in Rheingold, come in Walküre, come in Siegfried.
15. A
meno che si postuli (giacchè nel Ring
non lo si può assolutamente dimostrare!)
che tutto il male del mondo derivi (non si sa come, nè perché) dagli ebrei.
Dato e non concesso che Wagner ciò pensasse e scrivesse sui giornali, una cosa
è sacrosanta: non è ciò che ha espresso
nel Ring.
16.
Non per nulla le più spietate e stroncanti caricature degli anni ’20 - in
Germania, si badi bene! - raffigurano Hitler bardato da Siegfried… Stesso
discorso vale per il puro folle, che
è, per l’appunto, folle. E che solo un folle (non certo Wagner) poteva pensare
di prendere a modello! Immaginare che Wagner intendesse – seriamente -
prefigurare nelle sue opere ai suoi compatrioti il futuro redentore della specie (e magari, perché no, addirittura il Führer in persona!) vestendolo con i
panni di due ragazzotti sprovveduti – possiamo ben dirlo! - come Siegfried e
poi Parsifal… significa davvero far torto, in un sol colpo, all’intelligenza
del Wagner artista e a quella del Wagner antisemita!
17. Esattamente
come, nel Parsifal, sarà la strepitosa Kundry - indicata dagli esegeti come
l’incarnazione di Ahasuero, l’ebreo errante (?!) - e non certo lo sciocco
biondino preteso-ariano (“papero”, lo apostrofa il saggio vecchio Gurnemanz) a
monopolizzare la scena, psicologicamente, fisicamente e musicalmente! Chi vuol
dipingere un Wagner tutto proteso a mostrarci la natura repellente dell’ebreo,
in fatto di musica, dovrebbe allora spiegarci come avviene che, al contrario, i
personaggi a ciò da lui preposti (a partire da Holländer, altra reincarnazione
di Ahasuero) siano fra i più musicalmente straordinari di tutta la sua
produzione operistica! Vuoi vedere che Wagner ha finito per infondervi
inconsapevolmente il suo supposto e temuto (quanto inconsistente) ascendente
ebraico?
18. Davvero
qui qualcuno ci vede Auschwitz?
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