27 ago 2017

7.2 Post-messa - Accuse false e pretestuose.


Quelle sommariamente elencate sono considerazioni di carattere apparentemente scientifico (quindi tanto più pericolose, poiché ammantate di solenne aplombe) magari anche dotate di qualche fondo di verità ma che, mescolate al ricordo di autentici fatti di cronaca relativi al Terzo Reich(1), portano dritto ad alcune conclusioni ben precise:

·        le opere di Wagner (e non solo il Ring) predicano l’ideologia antisemita(2),
·        Wagner fu il padre spirituale del nazismo(3) e quindi
·        è da ritenersi oggettivamente responsabile dell’Olocausto(4).

Certo, bisogna riconoscere che Wagner ha contribuito di bel suo a creare le premesse per questa non propriamente onorevole fama, con scritti e comportamenti violentemente antiebraici. E, visto che la musica e l’opera erano il suo pane quotidiano e la sua suprema aspirazione esistenziale, non è fuori luogo immaginare che Wagner abbia, in qualche modo, ricavato dalle sue convinzioni antiebraiche – meglio sarebbe dire: dai suoi pregiudizi - più di uno spunto per la composizione delle sue opere e, in particolare, per la presentazione dell’aspetto esteriore dei suoi personaggi.

Ma già questo è un primo punto importante da sottolineare: l’antiebraismo di Wagner riguardava principalmente l’Arte e, in particolare, la Musica. Lui giudicava gli ebrei non portati per l’arte musicale, almeno come essa era concepita in Germania e in Occidente, ma è del tutto gratuito attribuirgli la spiegazione di ciò come conseguenza della rinuncia all’amore e dell’asservimento al potere dell’oro da parte della razza ebraica (e solo di essa, attenzione!) Quando era il momento di chiedere quattrini, lo stesso Wagner applicava disinvoltamente il famoso adagio latino “pecunia non olet”… e si può star certi che molti dei rossi mattoni del Festspielhaus abbiano sangue ebraico nel loro pedigree.
  
E qui ci ricolleghiamo al primo punto della teoria scientifica sopra esposta: dato che l’ebreo ha una cultura che spregia l’amore e predilige l’oro, e dato che Alberich rinuncia all’amore per l’oro, ne deve conseguire necessariamente che Alberich sia un semita, e con lui tutta la sua razza(5). In realtà questo è un postulato bello e buono, in nessun modo dimostrabile: credo di aver spiegato in precedenza (ma è Wagner, nel poema e nella musica del Rheingold, a confermarcelo) che Alberich sarà sì piccolo e brutto, ma non è cattivo, cioè non è congenitamente nemico dell’amore, anzi è soggiogato dalla sua potenza, e che la sua successiva maledizione dell’amore è una conseguenza del fatto che questo gli viene inconcepibilmente negato.

Addirittura si potrebbe qui ribaltare la tesi e sostenerne a pieno titolo una diametralmente opposta: che Wagner, da occidentale-germanico-ariano faccia un’aperta autocritica e voglia invece presentarci, con Alberich, la triste condizione degli ebrei, disprezzati da ben due millenni dall’ipocrita società occidentale, sia cattolica che luterana(6), emarginati e relegati in ghetti materiali e spirituali, dai quali possono uscire solo rifugiandosi (anzi, essendo perfino a ciò costretti!(7)) nell’oro.(8) Per di più, come si è già osservato, la capitale decisione che Alberich prende nel Rheingold ne fa una figura grande, altro che meschino verme ebreo! 

Veniamo ora a Wotan e al suo preteso inquinamento ad opera del semita Alberich. Attenzione! poiché, una volta fatta passare per vera tale ipotesi, si ha poi gioco facile a pervenire alla comodissima tesi secondo cui, nel Ring, Wagner vuole attribuire tutte le colpe della società e della cultura occidentale, in particolare germanica, quindi ariana – anche quelle più gravi ed inconfessabili - all’essere essa in via di inquinamento da parte della sub-cultura semitica (tesi che il nazismo sosterrà a gran voce!) E che Wagner, con il Ring, questo e non altro ha voluto rappresentarci; e peggio ancora: che nelle opere del protonazista Wagner, Hitler trovò bell’e pronti non solo tutta la sua visione politica, ma anche il suo dettagliato programma di eliminazione fisica degli ebrei! Orbene, sfido chiunque a trovare in tutto il Ring una qualunque, sia pure lontana, giustificazione di questa tesi sciagurata, quanto pretesuosa!(9)

Allora cominciamo col dire che l’Anello, il simbolo di tutto il male universale, viene sì materialmente forgiato da Alberich, ma a lui preesiste, e sappiamo benissimo dove, avendo ascoltato il Rheingold! Precisamente nella conoscenza delle tre Ninfe, le figlie del Reno, e cioè dell’acqua, il principale dei quattro elementi fondamentali dell’universo! E sulla partitura musicale, il tema dell’Anello compare per la prima volta addosso a Wellgunde, non certo ad Alberich! Quindi il nesso causa-effetto non è Alberich-Anello, ma esattamente l’opposto: Alberich è una vittima dell’Anello (il male) esattamente come lo è (e lo vedremo subito) Wotan.

Non per nulla, nella seconda scena del Rheingold, Wagner ci ri-presenta il tema dell’Anello letteralmente appiccicandolo a Wotan, come una sanguisuga, fin dalle primissime battute; ed è chiaramente legato al peccato del dio, che ha promessa Freia (l’Amore!) ai Giganti, in cambio del Walhall (il Potere). Per di più, ben sappiamo come lo stesso tema del Walhall altro non sia se non una variante del tema dell’Anello, la sua faccia nobile (ma anche ipocrita?) potremmo dire. Da dove o da cosa, da chi o perché si possa dedurre che Wotan, già a quel punto, sia stato inquinato dalla sub-cultura semitica, questo è per me un mistero, anzi… un’invenzione, bella e buona!

La realtà (come ce la racconta Wagner, parole e musica, basta leggere ed ascoltare) è quella che ci hanno già chiaramente presentata gli eddici Saemund e Snorri: tutta la razza divina, da Ymir, a Bor, e giù giù fino a Odin(Wotan) è affetta da peccati originali, dei quali l’ultimo ci è stato da Wotan confessato già nella Walküre con queste inequivocabili parole: “Als junger Liebe Lust mir verblich, verlangte nach Macht mein Mut: von jäher Wünsche Wüten gejagt, gewann ich mir die Welt.”(19) Chiaro abbastanza, vero? Ma invece, come non bastasse, il Viandante-Wotan ci fornisce i dettagli del suo peccato nella seconda scena di Siegfried, ed è la mortale ferita da lui stesso inferta al mitico frassino Yggdrasil, per ricavarci l’asta di una lancia, su cui incidere i caratteri runici delle leggi con cui dominare il mondo: “Aus der Welt-Esche weihlichstem Aste schuf er sich einen Schaft: dorrt der Stamm, nie verdirbt doch der Speer; mit seiner Spitze sperrt Wotan die Welt.”(11) Poi c’è Erda, che nella prima scena del Terzo Atto di Siegfried così apostrofa Wotan: “Der den Trotz lehrte, straft den Trotz? Der die Tat entzündet, zürnt um die Tat? Der die Rechte wahrt, der die Eide hütet, -wehret dem Recht, herrscht durch Meineid?“(12)

Non basta ancora? Ecco cosa notificano - per i distratti e i ritardatari - le Norne nel prologo di Götterdämmerung: “Von der Welt-Esche brach da Wotan einen Ast; eines Speeres Schaft entschnitt der Starke dem Stamm. In langer Zeiten Lauf zehrte die Wunde den Wald; falb fielen die Blätter, dürr darbte der Baum...“(13)  

Se poi ricordiamo che Wotan non esita addirittura a rubare l’anello ad Alberich ce n’è abbastanza, direi… perciò, se immondi e peccatori sono gli Untermenschen semiti, allora come minimo lo sono altrettanto i luminosi germanici-ariani. Anzi, di più, poiché non hanno nemmeno l’attenuante della provocazione e dello stato di necessità: sappiamo che Alberich persegue la Potenza solo dopo aver subito il carognesco trattamento da parte delle Ninfe ed aver quindi constatato l’assoluta impossibilità per lui di accedere all’Amore; Wotan invece ha avuto l’Amore, e tanto abbondantemente da addirittura stancarsene - pur non arrivando a ripudiarlo - ed è quindi andato in cerca di Potenza come variante esistenziale all’Amore medesimo.  Questo, e non altro, Wagner ci spiega, e senza bisogno di far ricorso ad etichette razziali, tutt’altro; semplicemente raccontando di: Schwarz-alben e Licht-alben. Quindi, tutti elfi, scuri e chiari, ma elfi.

E quindi si deduce che per Wagner, nel Ring - lo ripeto fino alla nausea, non nel libello X o nel discorso Y o nella lettera Z, ma nel Ring - il mortale confronto fra Wotan ed Alberich non è affatto lo scontro fra bene e male, fra puro-ariano e impuro-semita, ma – sia detto chiaro e tondo e una volta per tutte – fra due peccatori, rappresentanti di due civiltà sì diversamente sviluppate, ma ugualmente fondate sui deteriori (dis)valori dell’Anello. Per impossessarsi del quale non a caso entrambi ne combinano di cotte e di crude, fino a scatenare un vero e proprio conflitto mondiale, che porterà dritto-dritto al tracollo di entrambe le civiltà. Ed è proprio per questo, e per nessun’altra ragione – si ascolti Wagner, prego! – che nessuno dei due personaggi (e nessuno dei due opposti schieramenti che a loro fanno capo, figli e figliastri e nipoti inclusi) l’avrà vinta sull’altro, perché nessuno dei due si merita di prevalere. Qualcuno ci vede qui sul serio la Kristallnacht, l’invasione della Polonia, o l’Anschluss? Caso mai, come abbiamo già fatto notare, alla fine del Ring le cose vanno meno peggio ad Alberich, che non a Wotan! E questo cosa dimostrerebbe? Che Wagner, oltre che nazista, era pure masochista? E che si vide costretto a scrivere una successiva opera colossale, per tentare di porre rimedio alla frittata autolesionista del Ring?

Passiamo ora a Mime: che rappresenti la meschinità e l’arretratezza culturale è palese a tutti; che in Siegfried Wagner ci racconti di come il miserabile nano soccomba alla purezza, all’entusiasmo e all’inventiva del giovane figlioccio cui fa da tutore, altrettanto. Ma il punto è che Mime, a differenza di Alberich, che minaccia Wotan di totale distruzione, ha mire assai più ridotte, che ci rivela alla fine del primo atto di Siegfried: a lui basterebbe diventare signore dei Nibelunghi, giù nelle tenebre delle viscere della terra. Di Wotan gli importa solo di sfatarne la scommessa persa con lui, e salvarsi il capoccione, null’altro… E del resto, quando mai Wotan mostra di preoccuparsi di lui, o peggio, di considerarlo una seria minaccia? A differenza di Alberich, suo nemico mortale, che gli ha fatto perdere il sonno, ma che lui rispetta almeno quanto teme, per Wotan Mime è solo un mezza-tacca, un poveraccio da prendere - e guardate: persino bonariamente - per i fondelli(14).

Per il resto ci si dimentica, al solito, di leggere e di ascoltare il Ring: nella terza scena del Rheingold, in occasione dell’incontro con Wotan e Loge, Mime descrive un mondo nibelungico addirittura idilliaco, prima della provocata conversione di suo fratello Alberich alla nefasta religione dell’oro, che ha poi costretto anche lui a tirar fuori il peggio di sé, per naturale reazione…

Quanto all’aspetto esteriore, non c’è dubbio che Wagner rivesta Mime (come in parte anche Alberich) delle qualità negative da lui attribuite agli ebrei (la parlata e la cantilena yiddish, in primo luogo): ma siamo appunto all’esteriorità, peraltro mirabilmente espressa sul pentagramma. E Wagner, in fondo, forse doveva essere grato a quello stereotipo di ebreo, se gli consentiva di creare autentiche meraviglie in musica! E non solo qui nel Ring...

Siegmund e Sieglinde: è del tutto evidente che i due personaggi, la loro consanguineità e il conseguente incesto erano un’assoluta necessità artistica per Wagner. L’incesto, che ha come presupposto il legame di sangue dei due gemelli, è l’unica realistica motivazione per il comportamento di Fricka, per le sue richieste a Wotan e per tutto ciò che la loro soddisfazione comporta: il sacrificio di Siegmund, e da qui la conversione di Brünnhilde, la di lei punizione, e da qui... tutto il resto del Ring! La Walküre opera d’arte, con il suo meraviglioso impianto e il suo stupendo finale, non potrebbe esistere che così. Viceversa, se Siegmund rappresentasse il puro-ariano, in cui la società germanica ha riposto le sue speranze di riscatto, come si spiegherebbe allora il suo rifiuto di ascendere al Walhall, dove difendere quella società? E ancora: visto che è Fricka a chiedere la punizione del Siegmund-eroe-ariano, dovremmo allora pensare che anche lei sia in qualche modo inquinata dal nibelungico-semita? E di grazia: in base a quali elementi, circostanze, osservazioni, parole e musica? Ciò che di lei sappiamo (dal Rheingold) è che non è diversa dalla donna media e benpensante, con le sue bigotte convinzioni, ma anche con le sue vanità e le sue debolezze, oro compreso.   

Siegfried: che Wagner abbia immaginato in lui uno stereotipo del puro ariano, è più che verosimile, così come si può arrivare a pensare che la raffinata ricerca wagneriana nel campo dell’introspezione psicologica (lo straordinario sogno della madre e la reazione di Siegfried di fronte all’Amore) avesse come obiettivo secondario anche di dimostrare al mondo “quanto può fare l’Arte germanica” se paragonata alle “insulsaggini ebraiche” di un Meyerbeer… Ma, ancora una volta, restiamo saldamente ancorati al piano artistico: tirare in ballo quello politico, e più ancora quello razziale, è davvero cosa gratuita. Peraltro basterà, come al solito, stare alla lettera e al pentagramma del racconto wagneriano, per chiederci come si possa spiegare che un Siegfried eroico e incontaminabile, che resiste, e come! all’inquinamento di Mime finchè si trova nella sua tenera età (proprio quando invece potrebbe essere facilmente plagiato) successivamente – divenuto maturo ed esperto – possa cadere come un’autentica pera cotta, letteralmente in pochi secondi, davanti ad un qualunque mezzo-semita (Hagen) e ad una insignificante Gutrune!(15) E questo ingenuo bambinone naìf dovrebbe rappresentare, secondo Wagner, il simbolo del riscatto della razza ariana? Roba da ridere… per non vergognarsene(16).

Appunto, di Hagen figlio di Alberich abbiamo già parlato come di una geniale invenzione di Wagner. Geniale, ma anche assolutamente necessaria dal punto di vista drammatico, perché l’identità dell’Högni che esce dalle saghe medievali avrebbe reso totalmente gratuito e banale (perché ingiustificabile e del tutto insostenibile, in quanto non realistico) il suo ruolo nella vicenda del Ring: di quel personaggio, il Wagner ideatore di drammi cosmici davvero non avrebbe saputo che farsene. Epperò il suo Hagen-figlio-di-Alberich doveva essere per forza di cose un pezzo grosso alla corte dei Ghibicunghi, e di conseguenza il realismo imponeva che lui fosse figlio di una ghibicunga, e non di una nibelunga! Pensare che Wagner volesse mostrarci, con Hagen, il malsano risultato dell’inquinamento semitico della società ariana è una chiara, quanto gratuita, forzatura… anche se non possiamo escludere che Wagner si sia compiaciuto del fatto che una scelta per lui artisticamente obbligata avesse, come by-product, anche un risvolto che magari non gli dispiaceva affatto; oppure che (scegliete voi) Wagner avesse tratto ispirazione dalle sue idee balzane sull’ebraismo per presentarci e descriverci in modo artisticamente sublime un passaggio topico del suo immenso dramma.

Wagner aveva cominciato il suo lungo cammino del Ring da Siegfried, ma è quella di Brünnhilde la figura che alla fine campeggia e torreggia nella Tetralogia: a partire dalla stupenda, emozionante presa di coscienza in Walküre, poi al risveglio e alla presa di conoscenza dell’Amore in Siegfried, e finalmente alla presa di controllo sulle estreme vicende cosmiche, in Götterdämmerung!(17) E questo già la dice lunga su quanto sia strampalata l’idea secondo cui Wagner, col Ring, si prefiggesse l’obiettivo di esporci le sue pretese soluzioni politiche riguardo al futuro della Germania(18).  

E così alla fine, se proprio proprio si vuol trovare un parallelo (in termini di scontro ariano-semitico di culture) fra il Ring e la visione di Hitler, Göbbels e Himmler, non resta che un unico riferimento: ed è la Berlino che brucia, esattamente come il Walhall…

Ma allora: vuoi vedere che Adolf Schicklgruber da Braunau am Inn, e i tedeschi plagiati da lui, essendosi macchiati di appropriazione indebita dell’Artista Richard Wagner – proprio come Wotan dell’Anello di Alberich - per farci il sommo profeta delle loro nefandezze, ne hanno poi dovuto tragicamente subire – sì, esattamente come Wotan! – i colpi di una tremenda maledizione, realizzandone fino in fondo, sulla pelle di sei milioni di ebrei, ma in fin dei conti anche sulla propria, la più apocalittica e nichilista delle visioni?
___
Note:
1. Le convention naziste di Norimberga e l’uso di simboli wagneriani nella propaganda antisemita. Però il Terzo Reich impiegava – come fanfara militare – un tema da Les préludes di Liszt: ma a nessuno è venuto in mente di collocare il genio ungherese fra i padri dell’Olocausto, insieme a genero, figlia e altri parenti…
2. Basti pensare che ancora oggi in Israele l’esecuzione pubblica di musiche di Wagner è bandita quasi per legge: ne sanno pur qualcosa Daniel Barenboim (ebreo argentino-israeliano, tuttora recordman di direzioni a Bayreuth: 161!) e Zubin Mehta (indiano, direttore prediletto della IPO – Israel Philharmonic Orchestra, mai sceso nell’Orchestergraben) tanto per citare due illustri e pur diversi esempi di artisti contestati per aver cercato di suonare Wagner in pubblico in Israele… ma nessuno può toglierci dalla testa che tanti israeliani, nel chiuso delle loro case, in cuffia sul proprio CD-player, ascoltino Wagner e come!
3. Per la verità, il Lohengrin aveva colpito l’immaginazione di Ludwig II molto prima di quella di Hitler, e al giovane Re Wagner non aveva certo risparmiato le sue teorie sull’ebraismo, senza però che questo portasse la Baviera ad invadere la Polonia, né a costruire campi in cui rinchiudere e gassificare gli ebrei. Anzi: Ludwig, che per il Wagner artista perdeva i sensi (esattamente come succederà ad un tale austriaco 50 anni dopo…) e fu sempre pronto a spendersi - e a spendere! - fu invece molto fermo col Wagner anti-ebraico.
4. Il pronipote Gottfried (figlio dell’ex-direttore del Festival di Bayreuth, Wolfgang, terzogenito di Winifred e Siegfried) come spesso accade a chi si sente oppresso dal peso di una scomoda eredità (o anche a chi non trova sistema migliore per farsi pubblicità e sbarcare il lunario…) è oggi fra i più accesi sostenitori delle responsabilità dirette del bisnonno nelle vicende che portarono all’Olocausto. Agli antipodi, non gli è da meno Norman Finkelstein, lo scrittore ebreo americano che vende libri in cui si mette in dubbio la Shoah!
5. Sarà appena il caso di fare un’elementare osservazione: i Nibelunghi sono pur sempre un prodotto del (sotto)suolo germanico, parlano in Stabreim come tutti gli altri personaggi del Ring e non hanno alcuna ascendenza levantina
6. Martin Luther, l’Usignolo del Wittenberg secondo Hans Sachs (per bocca del quale Wagner gli tributa uno straordinario omaggio nei Meistersinger) fu altrettanto antisemita, quanto anticattolico.
7. L’esercizio dell’usura fu per lungo tempo esclusiva prerogativa degli ebrei, ma non certo per loro scelta.
8. Ritroviamo queste considerazioni nel Giudaismo nella Musica, dove Wagner riconosce la responsabilità delle società europee nella millenaria emarginazione degli ebrei.
9. Stiamo parlando del Ring, non di questo o di quell’articolo di giornale, di questa o di quell’altra lettera, o di una frase pronunciata dopo una cena con amici o riferita da Nietzsche, da vonWolzogen, da Cosima, da Gobineau...
10. Quando di giovine amore languì il desiderio, l'animo mio aspirò a potenza: di improvvise brame dal furore spinto, a me conquistai il mondo. La traduzione è del sommo Guido Manacorda.
11. Del frassino del mondo dal ramo più sacro l'asta si costruì: inaridisce il fusto, non si logorerà mai la lancia; con la sua punta sbarra Wotan il mondo. (Manacorda)
12. Chi la tracotanza insegnò, punisce la tracotanza? Chi all’azione infiammò, dell'azione s'adira? Chi il giusto protegge e guarda il giuramento - il giusto impedisce e regge con spergiuro? (Manacorda)
13. Dal frassino del mondo ecco Wotan un ramo recidere; l'asta d'una lancia tagliò quel forte dal tronco. Nel corso di lunghi tempi la ferita logorò la foresta; falbe caddero le foglie, intristì arido l'albero... (Manacorda)
14. Si confrontino i diversi “trattamenti” che Wotan riserva ad Alberich e a Mime: in Rheingold, come in Walküre, come in Siegfried.
15. A meno che si postuli (giacchè nel Ring non lo si può assolutamente dimostrare!) che tutto il male del mondo derivi (non si sa come, nè perché) dagli ebrei. Dato e non concesso che Wagner ciò pensasse e scrivesse sui giornali, una cosa è sacrosanta: non è ciò che ha espresso nel Ring.
16. Non per nulla le più spietate e stroncanti caricature degli anni ’20 - in Germania, si badi bene! - raffigurano Hitler bardato da Siegfried… Stesso discorso vale per il puro folle, che è, per l’appunto, folle. E che solo un folle (non certo Wagner) poteva pensare di prendere a modello! Immaginare che Wagner intendesse – seriamente - prefigurare nelle sue opere ai suoi compatrioti il futuro redentore della specie (e magari, perché no, addirittura il Führer in persona!) vestendolo con i panni di due ragazzotti sprovveduti – possiamo ben dirlo! - come Siegfried e poi Parsifal… significa davvero far torto, in un sol colpo, all’intelligenza del Wagner artista e a quella del Wagner antisemita!
17. Esattamente come, nel Parsifal, sarà la strepitosa Kundry - indicata dagli esegeti come l’incarnazione di Ahasuero, l’ebreo errante (?!) - e non certo lo sciocco biondino preteso-ariano (“papero”, lo apostrofa il saggio vecchio Gurnemanz) a monopolizzare la scena, psicologicamente, fisicamente e musicalmente! Chi vuol dipingere un Wagner tutto proteso a mostrarci la natura repellente dell’ebreo, in fatto di musica, dovrebbe allora spiegarci come avviene che, al contrario, i personaggi a ciò da lui preposti (a partire da Holländer, altra reincarnazione di Ahasuero) siano fra i più musicalmente straordinari di tutta la sua produzione operistica! Vuoi vedere che Wagner ha finito per infondervi inconsapevolmente il suo supposto e temuto (quanto inconsistente) ascendente ebraico? 
18. Davvero qui qualcuno ci vede Auschwitz?

Nessun commento:

Powered By Blogger
Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
*****
fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
*****
orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
*****
Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
*****
L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
*****
La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
*****
…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

Mani-avanti / Disclaimer

Questo blog non è, nè vuol essere, nè intende diventare, una testata giornalistica. Viene aggiornato senza alcuna periodicità, a mera discrezione dell’autore.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. Con l'atto della pubblicazione, l'autore di ciascun commento dichiara la propria esclusiva responsabilità per i contenuti dello stesso, sollevando questo blog ed il suo autore da ogni e qualsivoglia responsabilità.
Tutti i contenuti del blog sono prodotti ai soli fini divulgativi e di analisi critica; nel caso di violazione del diritto di copyright saranno immediatamente rimossi previa comunicazione da parte del titolare.

Any copyrighted material on these pages is included as "fair use", for the purpose of study, review or critical analysis only, and will be removed at the request of copyright owner(s).