7 gen 2015

5.2.1.3 Götterdämmerung: Atto I – Scena I: Siegfried arriva a Gibichheim


Al chiudersi del Rheinfahrt lo scenario musicale si era incupito assai: quasi che i suoni avessero voluto accelerare i tempi e precedere Siegfried verso la sua infausta destinazione, per anticiparne i tratti inquietanti, e poi per introdurci ai preparativi dell’accoglienza truffaldina cui il nostro eroe sarà fatto oggetto. Adesso invece, guidati dalle esclamazioni dei fratelli Ghibicunghi, stiamo tornando proprio da Siegfried, che veleggia allegramente sul Reno in una navicella sulla quale ha imbarcato anche Grane, dirigendola con poderosi colpi di remo contro la corrente del fiume.

È il tema del suo Grido che si fa largo progressivamente negli archi (viole e celli) in MIb, poi DOb, mentre Hagen e con lui Gunther tendono l’orecchio verso il fiume, dal quale il motivo si fa sentire in lontananza nel corno (ora in FA maggiore). La caduta sopratonica-dominante (SOL-DO) che chiude il Grido viene ripresa da corno e violoncelli con il SOL in staccato, caratteristico del tema di Hagen; sì, perché costui è subito corso in riva al fiume per sincerarsi dell’arrivo di Siegfried.

Ora anche spezzoni del tema dei Ghibicunghi si aggiungono a quello di Hagen, facendosi sempre più concitati, poiché per i tre fratelli si avvicina il momento fatidico di accogliere l’illustre ospite. Hagen scorge finalmente Siegfried da lontano e per tre volte il tema della schiavitù – quella in cui il Nibelungo si ripromette di ridurre Siegfried - risuona in orchestra, accompagnato da folate nei violini, che sembrano evocare le possenti pagaiate del nostro eroe.

Il cui corno ora fa udire il suo squillo più da vicino, sempre in FA, contrappuntato però dal motivo del Canto delle Figlie del Reno, che ritorna qui nella sua veste dimessa (quella della scena finale del Rheingold): altra chiara testimonianza del degrado in cui l’intero universo, compreso l’incolpevole – perché ignaro – Siegfried è sprofondato a partire da quell’ormai lontano peccato originale.

Hagen ha ormai riconosciuto l’eroe, e ne descrive, cantando su uno spezzone del Grido, le abili manovre per dirigere la barca fra i flutti, mentre in orchestra insiste il motivo del Canto delle Figlie del Reno, che ora chiude, virando addirittura al naturale DO maggiore, con un simulacro della cadenza originaria delle ninfe (Heiajaheia! Wallalalala heiajahei!) Mentre Hagen avverte i fratelli (sì sì, è proprio lui, Siegfried, nessun altro di sicuro!) udiamo ancora due ritorni, colossali, del Rheingold! Rheingold! che però sfociano sguaiatamente nel tema dell’Anello, di cui il Nibelungo evidentemente già sta assaporando il possesso!

Gunther chiede conferma dell’arrivo di Siegfried e ancora negli archi ecco ribollire le sestine di semicrome che evocano le ondate del fiume, mentre Hagen porta le mani alla bocca per richiamare (Hoihò) l’attenzione dell’atteso ospite. Il quale, su un perentorio ritorno del relativo tema, comunica di voler proprio far visita al figlio di Gibich(1). Il tumulto in orchestra continua mentre Hagen fa cenno a Siegfried di accostare e poi trascina lui stesso la barca sulla riva, dove la ormeggia saldamente.
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Note:
1. Le saghe nordiche raccontano che Siegfried decide di far visita ai Burgundi perché desideroso di far sua la principessa Kriemhild, universalmente nota tanto per la sua bellezza quanto per la sua inavvicinabilità. Wagner viceversa non ci fornisce alcuna plausibile ragione che giustifichi il desiderio di Siegfried di incontrare proprio Gunther: qui siamo alla più pura forza del destino…    

  

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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