Sei
battute (nel secondo clarinetto e nel clarinetto basso accompagnati dal primo
fagotto) in 2/4 (ma con scansione ternaria, dreitaktig)
ci portano improvvisamente in un’atmosfera che non fatichiamo a riconoscere: il
metro giambico che caratterizza gli incisi (tutte seconde minori!) dei clarinetti è lo stesso che avevamo udito al
primissimo apparire di Alberich nella scena iniziale del Rheingold (là Alberich
era solo ed erano state le viole in unisono ad introdurlo). Poi l’avevamo
riudito, sempre nel Rheingold, all’inizio della terza scena, assistendo al
primo battibecco fra Alberich e Mime (avente per oggetto il Tarnhelm). Lì erano
i violini (primi e secondi) a creare l’atmosfera.
Qui
sono appunto il clarinetto e il clarinetto basso ad introdurci rispettivamente
Mime ed Alberich - usciti allo scoperto da angoli opposti del bosco per
rendersi conto da vicino della nuova situazione, creata dall’impresa di
Siegfried - con una minuziosità davvero magistrale: le 6 battute del clarinetto
sono strutturate con pausa di semicroma –
semicroma – croma (ripetute); quelle del clarinetto basso (eccetto la
prima) con semicroma – croma – pausa di semicroma (ripetute). Il che rende mirabilmente
l’idea del procedere sghembo e sfalsato dei due fratelli nani e ne prefigura al
tempo stesso la parlata vagamente cantilenante (che ricorda gli accenti dei
dialetti yiddish) che ci apprestiamo
ad ascoltare.
Quello
cui stiamo per assistere è in effetti un altro dei celebri (per qualcuno(1):
tristemente famosi) “battibecchi fra ebrei”(2).
Nella
prima sezione della sceneggiata i due – le cui parti, sui 2/4 dell’orchestra, sono
notate in 6/8 per accentuare l’effetto-cantilena - si accusano a vicenda della
loro stessa presenza in quel luogo: Mime lo considera ormai una sua proprietà
(con tutto ciò che contiene, anello in primis!) mentre Alberich da parte sua
vanta la primogenitura sul tesoro, ed accusa apertamente il fratello di essere
un ladro e di tramare per impossessarsi di ciò che non gli appartiene.
A
Mime, che si attribuisce il merito di avergli fabbricato il Tarnhelm (il cui
motivo accompagna le sue parole, in corno inglese e fagotti) replica che fu
grazie al furto dell’oro e all’Anello
magico che ne ricavò che lui, Alberich, potè sottometterlo… e gli dà del buono
a nulla per natura (mentre il lugubre motivo della meditazione di Mime appare
puntuale nei clarinetti).
Il
quale Mime però replica con un argomento nient’affatto peregrino: l’anello non
è più tuo, caro il mio Alberich, da quando te lo facesti strappare come uno
stupido dai Giganti (3), ed io me lo sto conquistando con arte e furbizia…
Alberich
arriva persino a lodare la nobiltà di Siegfried, per negare a Mime ogni diritto
su anello e tesoro. Ma Mime ribatte che Siegfried l’ha allevato lui, con fatica
(e il tema dei Nibelunghi serpeggia in corno e corno inglese) e che ora ha il
diritto di sfruttarne l’impresa. E tu vorresti ripagarti per l’educazione del
ragazzo diventando un re? Dell’anello sarebbe più degno un cane rognoso!
Mime
a questo punto prova – ma quant’è proprio stupido… - a convincere Alberich ad
una spartizione del bottino(4). Il ritmo rallenta, la scansione è a-due, mentre
Mime avanza la sua offerta: tu tieniti pure l’anello, a me lascia il Tarnhelm
(il cui motivo ascoltiamo in corno inglese e fagotti), visto che l’ho
fabbricato io… e impiega anche la sua cantilena adulante, tante volte usata con
Siegfried, per tentare di convincere il fratello. Che per tutta risposta lo
manda a quel paese, negandogli anche un solo chiodo del bottino, mentre i fiati
sembrano sbraitare sull’incpit del tema della dominazione!
Ora
Mime perde le staffe, la velocità della musica aumenta, e il canto del nano
(quarta ascendente seguita da ottava discendente) assomiglia all’abbaiare di un
cane, al vociare di uno squilibrato. Ai continui e sempre più secchi dinieghi di
Alberich, adesso è Mime (di nuovo si passa alla scansione a 3-battute) a
rispondere tirando in ballo Siegfried, che dovrebbe con la sua spada
sentenziare sulla loro disputa (!?)
Ma
proprio in quel momento Siegfried sta uscendo dalla tana di Fafner; Mime,
scioccamente convinto dell’ingenuità del ragazzo, non dubita che si sia preso,
dal tesoro, soltanto qualche innocuo gingillo. Ma lui, come del resto il
fratello, non ha fatto i conti con l’Uccellino e le sue rivelazioni. Grande è
perciò la costernazione di Alberich nel notare che Siegfried si è preso il
Tarnhelm… Sì, ma anche l’Anello! rincara la dose Mime… Maledetto, l’Anello! (in
sottofondo ne udiamo immancabilmente serpeggiare il tema) sbotta Alberich, che
si vede passare sotto il naso il suo strumento di potere, per procurarsi il
quale aveva rinunciato a quanto di meglio la vita possa offrire ad un
individuo.
Ai
due fratelli nani non resta, per il momento, che rispettivamente infrascarsi
nel bosco e infrattarsi in una gola, in direzioni opposte e con opposte
intenzioni e… illusioni.
___
Note:
1. Uno per tutti: Theodor Ludwig Wiesengrund
Adorno.
2. Sembrerà
una bestemmia… ma se non ci fossero stati, qualcuno avrebbe dovuto inventarli,
gli ebrei, se hanno potuto ispirare musica come questa, o come quella della
terza scena del Rheingold (Richard Strauss se ne ricorderà - e come! - nella
sua Salome). Viceversa, pretendere
che, secondo Wagner, solo gli ebrei
si comportino - e sempre - come i due
nibelunghi in questa scena, è una carognata antisemita bella e buona, uno dei
tanti pregiudizi non a caso fomentati dai nazisti - cui Wagner diede peraltro
appiglio con numerosi suoi scritti e discorsi - ma non supportato dai contenuti
specifici del Ring (come cercheremo di chiarire compiutamente nella parte
finale di questo scritto).
3. Anche
questa è una piccola incongruenza: sappiamo benissimo che l’Anello fu tolto ad
Alberich con la forza da Wotan, e soltanto successivamente fu da questi ceduto
ai Giganti come pagamento del Walhall. Come al solito siamo in presenza di
problemi legati alla sequenza di scrittura dei poemi: vergando il Siegfried
Wagner ancora non conosceva di preciso certi particolari, che ci avrebbe
descritto solo in seguito, nel Rheingold! Per spiegare l’incongruenza val la
pena ricordare che nelle Saghe Andvari(Alberich) viene derubato del suo tesoro
dal gigante Loki, e questa reminiscenza può aver portato Wagner a mettere
inizialmente in bocca a Mime quella frase. E ancora nella seconda scena della
Vigilia, il cui testo fu redatto dopo quello del Siegfried, abbiamo vagamente
appreso di preesistenti tensioni nei rapporti fra Nibelunghi e Giganti, il che
confermerebbe l’iniziale adesione da parte di Wagner al racconto mitologico,
adesione poi revocata in favore della propria versione dei fatti, che però
rende ora impropria l’affermazione di Mime.
4. Sembra
di assistere alla scena del Rheingold dove Fafner e Fasolt si contendono il
tesoro nibelungico.
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