1 set 2012

4.2.3.1 Siegfried, Atto II, Scena III – Due fratelli litigiosi.


Sei battute (nel secondo clarinetto e nel clarinetto basso accompagnati dal primo fagotto) in 2/4 (ma con scansione ternaria, dreitaktig) ci portano improvvisamente in un’atmosfera che non fatichiamo a riconoscere: il metro giambico che caratterizza gli incisi (tutte seconde minori!) dei clarinetti è lo stesso che avevamo udito al primissimo apparire di Alberich nella scena iniziale del Rheingold (là Alberich era solo ed erano state le viole in unisono ad introdurlo). Poi l’avevamo riudito, sempre nel Rheingold, all’inizio della terza scena, assistendo al primo battibecco fra Alberich e Mime (avente per oggetto il Tarnhelm). Lì erano i violini (primi e secondi) a creare l’atmosfera.

Qui sono appunto il clarinetto e il clarinetto basso ad introdurci rispettivamente Mime ed Alberich - usciti allo scoperto da angoli opposti del bosco per rendersi conto da vicino della nuova situazione, creata dall’impresa di Siegfried - con una minuziosità davvero magistrale: le 6 battute del clarinetto sono strutturate con pausa di semicroma – semicroma – croma (ripetute); quelle del clarinetto basso (eccetto la prima) con  semicroma – croma – pausa di semicroma (ripetute). Il che rende mirabilmente l’idea del procedere sghembo e sfalsato dei due fratelli nani e ne prefigura al tempo stesso la parlata vagamente cantilenante (che ricorda gli accenti dei dialetti yiddish) che ci apprestiamo ad ascoltare.  

Quello cui stiamo per assistere è in effetti un altro dei celebri (per qualcuno(1): tristemente famosi) “battibecchi fra ebrei”(2). 

Nella prima sezione della sceneggiata i due – le cui parti, sui 2/4 dell’orchestra, sono notate in 6/8 per accentuare l’effetto-cantilena - si accusano a vicenda della loro stessa presenza in quel luogo: Mime lo considera ormai una sua proprietà (con tutto ciò che contiene, anello in primis!) mentre Alberich da parte sua vanta la primogenitura sul tesoro, ed accusa apertamente il fratello di essere un ladro e di tramare per impossessarsi di ciò che non gli appartiene.

A Mime, che si attribuisce il merito di avergli fabbricato il Tarnhelm (il cui motivo accompagna le sue parole, in corno inglese e fagotti) replica che fu grazie al furto dell’oro e all’Anello magico che ne ricavò che lui, Alberich, potè sottometterlo… e gli dà del buono a nulla per natura (mentre il lugubre motivo della meditazione di Mime appare puntuale nei clarinetti).

Il quale Mime però replica con un argomento nient’affatto peregrino: l’anello non è più tuo, caro il mio Alberich, da quando te lo facesti strappare come uno stupido dai Giganti (3), ed io me lo sto conquistando con arte e furbizia…  

Alberich arriva persino a lodare la nobiltà di Siegfried, per negare a Mime ogni diritto su anello e tesoro. Ma Mime ribatte che Siegfried l’ha allevato lui, con fatica (e il tema dei Nibelunghi serpeggia in corno e corno inglese) e che ora ha il diritto di sfruttarne l’impresa. E tu vorresti ripagarti per l’educazione del ragazzo diventando un re? Dell’anello sarebbe più degno un cane rognoso!

Mime a questo punto prova – ma quant’è proprio stupido… - a convincere Alberich ad una spartizione del bottino(4). Il ritmo rallenta, la scansione è a-due, mentre Mime avanza la sua offerta: tu tieniti pure l’anello, a me lascia il Tarnhelm (il cui motivo ascoltiamo in corno inglese e fagotti), visto che l’ho fabbricato io… e impiega anche la sua cantilena adulante, tante volte usata con Siegfried, per tentare di convincere il fratello. Che per tutta risposta lo manda a quel paese, negandogli anche un solo chiodo del bottino, mentre i fiati sembrano sbraitare sull’incpit del tema della dominazione!

Ora Mime perde le staffe, la velocità della musica aumenta, e il canto del nano (quarta ascendente seguita da ottava discendente) assomiglia all’abbaiare di un cane, al vociare di uno squilibrato. Ai continui e sempre più secchi dinieghi di Alberich, adesso è Mime (di nuovo si passa alla scansione a 3-battute) a rispondere tirando in ballo Siegfried, che dovrebbe con la sua spada sentenziare sulla loro disputa (!?)

Ma proprio in quel momento Siegfried sta uscendo dalla tana di Fafner; Mime, scioccamente convinto dell’ingenuità del ragazzo, non dubita che si sia preso, dal tesoro, soltanto qualche innocuo gingillo. Ma lui, come del resto il fratello, non ha fatto i conti con l’Uccellino e le sue rivelazioni. Grande è perciò la costernazione di Alberich nel notare che Siegfried si è preso il Tarnhelm… Sì, ma anche l’Anello! rincara la dose Mime… Maledetto, l’Anello! (in sottofondo ne udiamo immancabilmente serpeggiare il tema) sbotta Alberich, che si vede passare sotto il naso il suo strumento di potere, per procurarsi il quale aveva rinunciato a quanto di meglio la vita possa offrire ad un individuo.

Ai due fratelli nani non resta, per il momento, che rispettivamente infrascarsi nel bosco e infrattarsi in una gola, in direzioni opposte e con opposte intenzioni e… illusioni. 
___
Note:
1. Uno per tutti: Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno.  
2. Sembrerà una bestemmia… ma se non ci fossero stati, qualcuno avrebbe dovuto inventarli, gli ebrei, se hanno potuto ispirare musica come questa, o come quella della terza scena del Rheingold (Richard Strauss se ne ricorderà - e come! - nella sua Salome). Viceversa, pretendere che, secondo Wagner, solo gli ebrei si comportino - e sempre - come i due nibelunghi in questa scena, è una carognata antisemita bella e buona, uno dei tanti pregiudizi non a caso fomentati dai nazisti - cui Wagner diede peraltro appiglio con numerosi suoi scritti e discorsi - ma non supportato dai contenuti specifici del Ring (come cercheremo di chiarire compiutamente nella parte finale di questo scritto). 
3. Anche questa è una piccola incongruenza: sappiamo benissimo che l’Anello fu tolto ad Alberich con la forza da Wotan, e soltanto successivamente fu da questi ceduto ai Giganti come pagamento del Walhall. Come al solito siamo in presenza di problemi legati alla sequenza di scrittura dei poemi: vergando il Siegfried Wagner ancora non conosceva di preciso certi particolari, che ci avrebbe descritto solo in seguito, nel Rheingold! Per spiegare l’incongruenza val la pena ricordare che nelle Saghe Andvari(Alberich) viene derubato del suo tesoro dal gigante Loki, e questa reminiscenza può aver portato Wagner a mettere inizialmente in bocca a Mime quella frase. E ancora nella seconda scena della Vigilia, il cui testo fu redatto dopo quello del Siegfried, abbiamo vagamente appreso di preesistenti tensioni nei rapporti fra Nibelunghi e Giganti, il che confermerebbe l’iniziale adesione da parte di Wagner al racconto mitologico, adesione poi revocata in favore della propria versione dei fatti, che però rende ora impropria l’affermazione di Mime.
4. Sembra di assistere alla scena del Rheingold dove Fafner e Fasolt si contendono il tesoro nibelungico. 

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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