1 gen 2013

4.3.3.4 Siegfried, Atto III, Scena III – La sveglia, dopo… 12 anni!


Orbene, torniamo adesso dal nostro giovane eroe, che ha appena deciso di “passare dalle parole ai fatti”… e così si china sul volto di Brünnhilde, anzi chiude gli occhi e vi si lascia letteralmente cadere, a corpo morto, stampando le sue labbra su quelle della bella addormentata

Un’orchestra ridotta all’osso accompagna quel gesto, dapprima reiterando (viole e violoncelli) il motivo della Rinunzia, poi (clarinetto basso) intonando una variante del tema di Freia; tema che – dopo un’esalazione dell’Enigma del destino nel trombone - su un tappeto dei fiati si trasferisce ai violoncelli, poi agli oboi. Qui Brünnhilde apre gli occhi, sbattendo le palpebre e facendo rimbalzare indietro, in piedi, uno stupefatto Siegfried.

Ancora il tema di Freia dilaga adesso nelle viole, nei violini, nei violoncelli e infine ancora nei violini, che lo innalzano, su un mirabile crescendo orchestrale, fino ad un SI armonizzato sulla settima di dominante di MI maggiore. Brünnhilde ora si è rizzata sui gomiti, e contempla lo spettacolo della natura che torna a nutrire il suo sguardo.

E qui abbiamo il celebre, straordinario, Saluto al mondo! Il SI toccato poco prima si armonizza ora (con SOL e MI) a MI minore, nei soli fiati, e da lì sale al DO maggiore. I due accordi sono retti da una dinamica opposta: il MI minore parte forte e poi diminuisce; il DO maggiore parte pianissimo e poi cresce fino al forte, dove entrano le sei (!) arpe, e poi recede al piano,  per far posto alla cadenza dei primi violini, divisi a 3, che trillano sul FA# acuto e poi salgono su fino al MI sovracuto. Ci sembra proprio di avere quella sensazione di semi-accecamento che si prova riaprendo gli occhi, dopo un lungo sonno, in fronte al sole!       

Brünnhilde adesso ha alzato le braccia verso la terra e il cielo, a salutare il suo ritorno alla realtà. Lunga pausa, poi ancora l’accordo di MI minore, nel soli fiati, che stavolta vira al RE minore: anche qui dinamica analoga alla precedente, con l’ingresso delle arpe e poi dei violini che salgono fino al FA sovracuto.

Altra pausa e, partendo ancora dal SI (del MI minore) nei fiati, una velocissima scala ascendente di tutti gli archi ci riconduce a DO maggiore, dove udiamo il resto del tema del Saluto, esposto dai violini: MI-FA-SOL-SOL-FA, con stasi sul FA in tremolo, poi MI-FA-LA, fortissimo, sulla settima di dominante, da cui si scende fino al MI sottostante per risalire, nei soli violini, al SI.

Fermiamoci un attimo a considerare questo tema: come si è visto, tocca tutti i sette gradi della scala diatonica di DO (dal SI iniziale al LA sovrastante, passando per DO, RE, MI, FA e SOL) e si configura in sostanza come una mirabile allegoria musicale della Natura; allegoria analoga a quella che Wagner ci aveva proposto nel Preludio del Rheingold, là nel “mitologico” MIb, qui nel “laico” DO.(1)   

Adesso la figurazione dei quattro accordi (MI minore – DO maggiore e poi MI minore – RE minore) e la seconda sezione del tema del Saluto si ripetono quasi identiche a prima, ma ora a sostenere il canto di Brünnhilde: “Heil dir, Sonne!” (MI minore – DO maggiore) con la voce che dal MI scende al SI, sale al DO e poi sprofonda di un’ottava. “Heil dir, Licht!” (MI minore – RE minore) con la voce che scende dal MI al SI e poi sale al RE. “Heil dir, leuchtender Tag!”, dove i violini espongono il tema, mentre la voce scende di un’ottava (MI-MI) poi torna sul MI sovrastante, scende a RE-DO e risale al SOL, con il violini che completano il tema del Saluto. Un momento di grandissima emozione ed esaltazione!

“Lang war mein Schlaf”, fu lungo il mio sonno(2), esclama Brünnhilde, cantando sul motivo dell’Enigma del destino, e poi si chiede: chi è l’eroe che mi ha risvegliata?
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Note:
1. MIb e DO sono le tonalità tradizionalmente evocanti la Natura.
2. Brünnhilde ha dormito (nella penna di Wagner) per circa… 12 anni. Ma in termini di tempo scenico (cioè il tempo dei drammi del Ring) anche di più: precisamente tanto quanta è l’età di Siegfried! Il quale fu concepito (nel primo atto di Walküre) la notte precedente a quella in cui Brünnhilde fu addormentata da Wotan. Orbene, se a Siegfried dobbiamo dare almeno 16 anni, su per giù (le sue “imprese” e le sue prerogative psico-sessuali escludono che sia più giovane) e ne diamo come minimo altrettanti alla Brünnhilde che avevamo lasciato al termine di Walküre, la conclusione è che Brünnhilde adesso ha abbondantemente passato la trentina, ed avrebbe un’età precisamente doppia di quella dell’innamorato! Però ci si può porre una domanda: gli anni di sonno vanno conteggiati come vita biologica o no? Se no (supponendo che il letargo, a mo’ di un’ibernazione, le abbia bloccato totalmente l’attività biologica) Brünnhilde avrebbe ancora 16 anni, la stessa età di Siegfried… Di cui è in ogni caso “ziastra”, in quanto sorellastra (figlia di stesso padre, Wotan, e di madri diverse) di sua madre Sieglinde.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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