3 nov 2012

4.3.2.1 Siegfried, Atto III, Scena II – Wotan e Siegfried.


Ecco laggiù Siegfried che si avvicina, mormora fra sé Wotan, ancora appoggiato alla roccia, sul fianco dell'apertura dell'antro di Erda. La didascalia ci avverte che la tempesta è cessata e che la scena è illuminata dal chiarore lunare(1).

Queste parole di Wotan sono precedute e accompagnate - su un tappeto di sestine di semicrome di violini e viole, che ricorda il mormorio della foresta - dalle tubette e dai tromboni che intonano due seconde minori (DO-SI) e poi altre (REb-DO, solo nei tromboni) che non promettono nulla di buono, anche se l'atmosfera è per ora di LAb maggiore, quindi apparentemente serena. Ma noi sappiamo bene cosa evochi quel motivo: frustrazione! Ed è quella che, forse ancora inconsciamente, avverte in cuor suo Wotan, al sopraggiungere del nipote, al quale aveva pur proclamato poco fa, da Erda, di lasciare volentieri in consegna l'eredità del mondo… 

L'avvicinarsi di Siegfried è testimoniato dal primo corno, poi dal primo clarinetto e infine dal primo flauto e dagli oboi che dapprima ritmano su una sola nota, e poi espongono compiutamente, salendo al LA naturale, il motivo dell'Uccellino, che precede il ragazzo(2). Però il pennuto(3), dopo aver svolazzato qua e là, quasi impaurito, se n'è fuggito via. Ma mentre Siegfried si rammarica della perdita della guida (pare peraltro sicuro ormai di conoscere la strada verso la sua meta, e lo canta su una variante del tema della Spada, mentre la tonalità è passata a DO maggiore) noi continuiamo a sentire in orchestra, ed anche nella voce del ragazzo, la presenza… spirituale del volatile, poiché sarà oggetto delle prime domande che il nonno porrà al sopraggiunto nipote, e poi accompagnerà la maggior parte delle esternazioni di Siegfried. 

Qui abbiamo per l'appunto un siparietto - che francamente crea una certa stasi nell'azione - con Wotan che comincia a fare all'impaziente Siegfried un sacco di domande (il che consente a Wagner, al solito, di farci udire, variati, alcuni motivi che già conosciamo). È evidente il contrasto fra l'atteggiamento (inizialmente) bonario del dio, proprio tipico di un nonno che si diverte ad interrogare il nipotino, e quello del ragazzo che invece ha la smania in corpo e non vede l'ora di arrivare alla sua meta, mal sopportando l'intrusione di un vecchio sconosciuto. Contrasto che non potrà che sfociare fra poco in aperta lite dato che Siegfried, che nulla sa del nonno, finirà per spazientirsi sempre più, fino a passare… alle vie di fatto.

W: Dove te ne vai?

S: Verso una rupe fiammeggiante, dove dorme una donna che devo svegliare. 

W: Chi ti ha suggerito di farlo? Chi di anelare alla donna? (Qui una preziosa miniatura di Wagner: Wotan canta le parole "Wer nach der Frau dich zu Sehnen" su una melodia che richiama da vicino - anche se non proprio letteralmente – quella con cui Fricka, nell'ormai lontanissimo Rheingold, aveva cantato le parole "wie an mich er zu fesseln", domandandosi come poter tenere legato a sé un marito… scostante. Pare quasi un riconoscimento di proprie colpe lontane, o un tardivo rimpianto per quella moglie di cui il dio doveva proprio essere stato innamorato, se per conquistarla aveva ceduto nientemeno che un occhio!) 

S: Un uccellino del bosco. Qui improvvisamente abbiamo un cambio di atmosfera nel dialogo: l'accompagnamento diventa secco, quasi marziale, tutto con note puntate, ma moderato nel tempo. È il cosiddetto tema della Gioia paterna, che evoca la bonarietà dei sentimenti di Wotan verso il nipote, e che sostiene le successive domande del nonno. 

W: Un uccellino certo parla la sua lingua, ma tu… come potesti capire il suo canto?

S: Grazie al sangue di un drago che io ho ucciso. Qui udiamo negli archi bassi il motivo dei Giganti e poi quello pesante e strisciante del Drago. 

W: E chi ti ha chiesto di ucciderlo?

S: Un nano svergognato, Mime. Qui è naturalmente il tema della Spada a sottolineare il ricordo dell'uccisione di Fafner.

W: E chi ha fabbricato la spada con cui lo uccidesti?

S: Io stesso: ancora non ne avrei una, se avessi aspettato quel fabbro. Udiamo qui in violini primi e violoncelli il motivo della fusione della spada, seguito da quello nibelungico di Mime, incapace dell'impresa. 

W: Ma chi aveva costruito i frammenti della spada che tu hai riforgiato?(4)

S: Questo proprio non lo so, so che senza la spada non sarei qui.

Wotan scoppia in una sonora e bonaria risata, mentre i violoncelli esalano il tema dei Wälsi! Sì, perché il dio non può non compiacersi delle qualità di uno della sua schiatta.

Ma invece l'ignaro Siegfried la prende come uno sfottò, e quindi emette una specie di ultimatum: parla e indicami la strada, oppure scansati! Il tempo musicale si è fatto più stretto e mosso, ma l'oboe, poi clarinetti, violini secondi e violoncelli reiterano il tema dei Wälsi.

Wotan, rispondendo sul motivo della Gioia paterna, cerca ancora di trattenerlo, con l'argomento che a un vecchio si deve rispetto, ma per Siegfried questa è come benzina sul fuoco: lui nella sua vita di vecchi ne ha avuto già uno e gli è bastato e avanzato (chi sia costui lo sappiamo bene, ma Siegfried lo deve far sapere a Wotan, e così in orchestra udiamo la mielosa cantilena del Mime falso-educatore) e potrebbe far fare la stessa fine anche a lui. 

Poi però Siegfried si avvicina al vecchio e la curiosità lo spinge a fare a sua volta domande, accompagnato da varianti del tema dell'Uccellino, e poi dal tema dei Wälsi: perché porti quel cappellaccio? 

Gli accordi del Viandante sorreggono la risposta di Wotan: il cappello a larga tesa serve a chi viaggia per ripararlo dal vento. Qui appare, dapprima quasi furtivamente, in SOLb, il tema del Walhall, che accompagna l'inizio della successiva domanda di Siegfried: E perché ti manca un occhio? Forse te lo ha cavato qualcuno cui volevi sbarrare la strada? Attento a non perdere anche l'altro!

Ora il tema del Walhall si presenta più chiaramente, dapprima in MIb e alla fine in DO maggiore, a sorreggere la risposta di Wotan, davvero sibillina (infatti Siegfried ci fa sopra una risata): con l'occhio che mi manca, tu stai guardando quello che mi è rimasto!(5) 

Siegfried ormai sta perdendo le staffe, ride di cuore ma contemporaneamente non usa mezzi termini: o mi indichi la strada, oppure ti tolgo di mezzo io con le cattive!

Wotan qui ha uno dei suoi ormai continui cambiamenti d'umore, certificato dal clarinetto basso e dalle viole, che sbottano con il tema del Malcontento! Adesso lui fa l'offeso, quasi accusando l'inconsapevole nipote di ingratitudine. Mentre il suo Malcontento imperversa, lui non ha il coraggio di svelare chiaramente la sua identità a Siegfried (certo, ne deve rispettare scrupolosamente il libero arbitrio!) o comunque lo fa in modo assai criptico, per sottintesi che il ragazzo certo non è in grado di afferrare (oppure ancora sta solo rimuginando tra sé e sé). È questo un ennesimo indizio della condizione schizofrenica del dio, per il quale Siegfried rappresenta l'unica speranza, o quanto meno la soluzione meno tragica dei suoi crucci, ma a cui lui non si può rivelare apertamente, pena il mandare all'aria tutto quanto. 

A Siegfried – lui che ne sa di tutti i piani e le macchinazioni che passano sopra la sua testa? e non deve saperli! - ovviamente interessa raggiungere la sua meta, e allora si fa sempre più insistente. Mentre il tema del Malcontento non cessa di farsi udire, Siegfried chiede a Wotan di scansarsi, perché lui possa andare a scoprire la donna (si ode il tema del 
Canto delle Figlie del Reno!) lassù dove gli aveva indicato l'Uccellino, che ora è volato via.

E qui Wotan prorompe improvvisamente(6) in una minaccia autoritaria: la tua guida è scappata per evitare i corvi, di cui io sono il signore!(7) Il tema della Punizione (udito nella Walküre) si erge minaccioso, seguito da quello sempre protervo del Patto, in tromboni e trombone basso.

Mentre il tema del Malcontento sembra moltiplicarsi all'infinito, al sempre più sorpreso Siegfried Wotan si presenta come il custode della rupe, affermando di avere Brünnhilde in suo potere e di non permettere ad alcuno di avvicinarla: ne andrebbe della sua stessa potenza e autorità(8). E indica il fuoco che sempre più si sta diffondendo lì intorno. I temi di Loge e poi dell'Incantesimo cominciano a farsi largo, e fra poco invaderanno tutto lo spazio… sonoro. Ma ora anche il tema della Cavalcata e quello della Magìa del sonno si fanno udire, perché sappiamo chi è che giace là in alto. 

Wotan cerca di impaurire Siegfried indicandogli il fuoco che dilaga e che tra poco lo avvolgerà per distruggerlo. Ma il ragazzo, lo sappiamo, non conosce la paura ed è deciso a tutto. Mentre la tromba innalza il suo tema, su spezzoni di quello dell'Uccellino e poi del
Canto delle Figlie del Reno, intima per l'ennesima volta a Wotan di scansarsi, e finalmente al dio non resta che opporgli la lancia, su un tremendo calare del Patto. 

Ma ancora è il Malcontento ad occupare la mente di Wotan, cui non resta che l'ultima, orribile minaccia: attento a te! questa lancia ha già una volta spezzato la spada che stai impugnando! (ancora il Patto.)

Siegfried, che continua ad ignorare la vera identità di Wotan, lo giudica perciò il nemico e assassino di suo padre (tema dei Wälsi) che lui non vede l'ora di vendicare. 

Wotan compie lo stesso gesto con il quale, nel second'atto della Walküre, aveva mandato in pezzi la Nothung di Siegmund(9). Ma questa volta il risultato si ribalta: accompagnato e sorretto dal tema dei Wälsi, Siegfried si fa avanti spavaldamente, e ora è l'asta della lancia di Wotan a infrangersi come una cannuccia sotto il fendente della Nothung di Siegfried, su un tremendo LA di tutta l'orchestra. 

"A ciascuno il suo…" Proprio come nella Walküre fu quello della Spada del padre, qui è il tema del Patto (e della Lancia) ad essere spezzato brutalmente, accompagnando i brandelli dell'asta che cascano per terra, ai piedi del nonno, sconfitto dal nipotino terribile.(10)

Il mirabile, quanto terribile arco melodico formato dall'ascendente tema delle Norne e da quello calante del Crepuscolo – in un rabbrividente tremolo di violini e viole, sul cui culmine, a mò di zeppa, si posano gli arcani accordi dei fiati - incornicia le ultime, ma proprio ultime(11) parole che udiamo dalla bocca di Wotan: "Vai, io non posso trattenerti!" 

Ma intanto è arrivato il momento giusto per fare qualche considerazione sulle due armi, che tanta importanza e tanti significati hanno nel Ring, e poi sulla figura di Wotan, che non incontreremo mai più di persona.
___
Note:
1. Monddämmerung (alba/crepuscolo lunare) reca la maggior parte dei libretti e delle partiture in circolazione. Talvolta però si trova anche Morgendämmerung (l'albeggiare). In effetti non c'è poi tanta differenza: in ogni caso siamo verso la fine della notte, visto che fra non molto (dopo l'ascesa di Siegfried sulla rupe avvolta dalle fiamme) ci troveremo in pieno mattino.
2. Avevamo lasciato Siegfried rincorrere il volatile in un pomeriggio inoltrato. Ora lo ritroviamo qui a notte fonda (anzi verso la fine della notte): deve aver vagato quindi per parecchie ore e quasi per un'intera notte. Se teniamo presente che lui (con Mime) aveva viaggiato anche nella notte precedente (per raggiungere la tana di Fafner) dobbiamo dedurre che il ragazzo sia sveglio (con pochi tratti di riposo sotto il tiglio) ininterrottamente da quasi 48 ore!
3. Wagner aveva bisogno di ambientare la prima scena in piena notte, per accentuarne la tinta drammatica. Questo particolare però rende meno verosimile che Siegfried abbia potuto seguire per ore e ore nottetempo un uccellino svolazzante, per quanto possa trattarsi di un usignolo… superdotato.
4. L'accenno da parte di Wotan a questo particolare (i frammenti di una preesistente spada) dovrebbe far sospettare a Siegfried che il suo interlocutore la sappia assai lunga… invece il ragazzo è talmente ingenuo che non ci fa mente locale.
5. Se Wotan intende qui alludere alla sua ascendenza sul ragazzo, sta usando un'espressione poco corretta: Wotan cedette un occhio per avere Fricka, che con Siegfried nulla ha a che spartire, sul piano cromosomico!
6. Questa è l'ennesima virata d'umore di 180° di Wotan, che poco prima aveva confidato ad Erda di benedire l'unione dei due giovani. Cercheremo fra poco di capirne il perché.
7. Qui per la prima volta abbiamo notizia dei corvi di Wotan: i mitologici Huginn e Muninn di Odin; ne riparleremo nel Götterdämmerung, quando torneranno in tre diverse occasioni: per ora ci limitiamo a segnalare la forzatura – utilissima perché aggiunge alla scena un tocco drammatico - che Wagner compie, attribuendo ai corvi prerogative "poliziesche" (nei confronti dell'Uccellino, nella fattispecie) mentre nell'Edda essi hanno esclusivamente il ruolo di "osservatori delle vicende umane" e di "informatori degli dei", riguardo ad esse.
8. Nei (pochi) momenti di lucidità, Wotan riconosce il pericolo per lui rappresentato dalla figlia, che sa tutto.
9. Wotan, che ha appena benedetto solennemente – da Erda - l'impresa di Siegfried, adesso sta cercando di farla fallire. È uno dei tanti sintomi della sua schizofrenia, come vedremo più avanti.
10. Questa è per davvero "la caduta di un regime", e non per nulla la sua ambientazione musicale verrà da Wagner ripresa quasi alla lettera alla fine dell'Atto II del Parsifal, al momento di rappresentare la rovina, materiale e morale, di Klingsor e del suo "castello".
11. Poche altre parole di Wotan verranno riferite da Waltraute alla sorella Brünnhilde, in Götterdämmerung.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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