10 feb 2016

5.3.4.3 Götterdämmerung: Atto II – Scena IV: il piano di Hagen dà i suoi frutti


Hagen pare un ragno che sorveglia attentamente le prede (Siegfried in testa, chiaro) che si muovono sulla sua tela, pronto a farne un sol boccone: fino ad ora il suo piano diabolico ha funzionato alla perfezione, forse addirittura al di là delle sue stesse più rosee aspettative. Adesso non gli resta che cogliere il momento opportuno per indirizzare gli eventi verso il suo obiettivo supremo: la rovina di Siegfried, che gli consentirà di mettersi l’anello al dito! E quel momento sta proprio per arrivare, poichè la reiterazone dell’accusa di Brünnhile a Siegfried ha scatenato la reazione di tutti gli astanti.     

Reazione che si materializza in rapida successione: dapprima il popolo (uomini e poi donne) che avanza pesanti sospetti su Siegfried, accompagnato da folate dei violini sulle quali si staglia nei fiati il tema della frustrazione; poi (accompagnato dal ritmo dell’annientamento) ecco Gunther che, già sputtanato di fronte ai suoi sudditi per aver affidato a terzi l’impresa di conquistargli la moglie, ora chiede a Siegfried quanto meno che gli sia risparmiata l’infamia del tradimento; ancora Gutrune, sempre sull’annientamento e con le seconde minori discendenti della frustrazione, che vorrebbe togliersi il peso del sospetto di esser stata cornificata ancor prima di convolare a nozze; infine nuovamente il popolo, che reclama da Siegfried una chiara discolpa dall’accusa di Brünnhilde, attraverso un formale e solenne giuramento.   

E così, accusato da Brünnhilde e fatto oggetto dei sospetti dei Ghibicunghi, Siegfried spavaldamente si dichiara pronto a giurare la sua verità: con accenti di stentorea retorica, accompagnato da pesanti accordi dell’orchestra, secondo le usanze chiede che qualcuno offra la sua arma sulla quale lui è pronto a prestare giuramento. Hagen (ecco il ragno in agguato) cui non par vero di poter sfruttare il colossale quanto inverosimile malinteso per avviare il processo che porterà alla sentenza di morte nei confronti del traditore, presta immediatamente la punta della sua lancia per accogliere e certificare il giuramento di Siegfried. Non a caso sono i motivi della follia della vendetta e della schiavitù e poi quello (tremendo davvero) dell’espiazione, che incastonano la sua pronta offerta.

Dopo un poderoso ritorno a piena orchestra del tema della follia della vendetta e mentre gli uomini fanno cerchio intorno a lui e ad Hagen, Siegfried giura sulla lancia del mezzosangue (Helle Wehr! Heilige Waffe! Hilf meinem ewigen Eide!) scandendo le parole su un nuovo motivo (del giuramento, appunto). Spezzoni della follia della vendetta vagano ancora in orchestra, insieme al motivo (quinta discendente) di Hagen, mentre Siegfried prosegue: che questa lancia mi colpisca e ferisca e mi uccida pure, se quella donna dice il vero e io ho rotto il patto di fedeltà con Gunther!

Qui l’orchestra pare ritornata al terz’atto di Walküre: giacchè prorompe in una reminiscenza del grido di guerra delle Valchirie ad accompagnare una furiosa Brünnhilde che si è letteralmente catapultata nel cerchio umano, dove ha violentemente strappato dalle mani di Siegfried la punta della lancia di Hagen, sulla quale è lei adesso a giurare(1)! Lo fa impiegando le stesse parole e circa le stesse note di Siegfried, ma su un tappeto orchestrale fatto di veloci terzine ribattute dei fiati e di convulse figurazioni (sestine di semicrome) dei violini, che mirabilmente evocano il suo stato d’animo ferocemente alterato contro Siegfried. Per due volte si ode in orchestra il motivo dell’assassinio (che era per la prima volta comparso durante il notturno incontro fra Hagen e Alberich!) mentre Brünnhilde invoca quest’arma perchè colpisca a morte l’uomo(2) che si è or ora macchiato di spergiuro! (e su quel Meineid si tocca il SI naturale.) Apriti cielo! E il cielo (i fulmini di Donner) viene infatti invocato dagli astanti inorriditi, perchè faccia cessare quell’insopportabile ignominia.   

Da qui fino alla fine la scena è monopolizzata da Siegfried, l’unico ad avere la parola. Con approccio squisitamente maschilista invita Gunther a prendersi cura della sua donna per far cessare le calunnie che lei va spargendo. Suggerisce di farla riposare in modo che possa sbollire quell’ira che reca danno e disonore a tutti quanti (ma su queste parole oboi, corno inglese e clarinetti citano nientemeno che il tema dell’amore! sì, perchè è solo l'amore perduto ciò che evidentemente muove le azioni ed il comportamento di Brünnhilde.)

Siegfried invita gli uomini ad andarsene, lasciando perdere queste diatribe da donnicciuole (!) Poi ancora, in privato, accompagnato dal motivo del fuoco di Loge (che evidentemente rievoca quanto accaduto la sera precedente) sembra quasi scusarsi con Gunther: forse il Tarnhelm (di cui udiamo il motivo) ieri sera non ha funzionato a dovere, chissà... ma stai tranquillo che alla fine la donna si placherà e sarà felice di essere tua sposa(3). Su queste parole riappare ancora il motivo dell’amore eroico, ma spezzoni del tema dell’anello e della rinunzia parrebbero smentire questa ottimistica previsione...

Infine, Siegfried invita guerrieri e donne alla sua festa nuziale: il tema del grido di nozze qui la fa da padrone, reiterato e variato mentre Siegfried si lascia andare addirittura a volute di belcanto (dove va a toccare persino il DO acuto) che bene rappresentano musicalmente la sua totale, clamorosa perversione. Ma qualcosa ci dice che non tutto è sistemato, se sulle parole (riferite a se stesso) “Wen die Minne freut” (colui al quale l’amore sorride) udiamo il tema della rinunzia! Poi cinge spavaldamente e possessivamente Gutrune e se la porta via quasi di peso, seguito dal codazzo di donne e guerrieri che entrano con lui nelle sale della reggia per festeggiare il suo matrimonio.

Indietro restano solo tre personaggi che – di lì a poco – lo sottoporranno ad un processo sommario che si concluderà con la sua condanna a morte!
___   
Note:
1. É questa una cosa abbastanza inaudita, per una (in)civiltà rozzamente maschilista, che riservava certe cerimonie solo a rappresentanti del cosiddetto sesso forte. 
2. É precisamente ciò che accadrà nel terz’atto.
3. Pare quasi che Siegfried voglia spiegare l’atteggiamento di Brünnhilde come semplice e passeggera arrabbiatura per essere stata, in certo qual modo, conquistata per conto terzi.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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