Tanto
cupa e drammatica era la scena testè conclusa, quanto frizzante e leggera è
questa che ora ci apprestiamo a seguire.
Wagner
non perde certo l’occasione per sfoderare
le sue proverbiali capacità di dipingere con pochi tratti di pennello
(musicale) i fenomeni naturali che si manifestano sotto i nostri occhi. In
questo caso è un’aurora serena, che mai farebbe pensare a quanto di disastroso
accadrà di qui a poco.
È
il clarinetto basso che invita Hagen a godersi (si fa per dire) lo spettacolo
del sorgere del sole sul Reno: il tema che udiamo è cosiddetto della gaiezza di Hagen, gaiezza che per la
verità è ancora un filino… addormentata, proprio come il nostro, che ha bisogno
di qualche attimo per stiracchiarsi e rimettersi in sesto, dopo il fastidioso
colloquio notturno col padre Alberich. Infatti in questa sua prima apparizione
il tema (SIb maggiore) sembra faticare, quasi barcollare, proprio come Hagen, che
ha problemi a rizzarsi sulle gambe: arpeggio ascendente sulla dominante FA,
ricaduta sulla sesta (SOL) e risalita plagale al MIb; da qui ancora un piccolo
balzo in alto a raggiungere la tonica; poi altro slancio fino alla mediante RE;
seguito da una ridiscesa alla sesta minore SOLb, quindi da un picco sulla
sottodominante MIb, da una ricaduta sulla sopratonica DO, ancora da una
risalita alla dominante FA e alla sesta minore SOLb, risalita al FA che si
ripete, ma passando dalla terza minore. Qui pare che Hagen addirittura si fermi
a tirare il fiato, e per tre volte il clarinetto basso esala la seconda minore
della schiavitù, come a gemere: ma
che fatica la vita!
Hagen
è adesso completamente sveglio e quindi può godersi davvero lo spettacolo
naturale: quasi come nelle primissime battute del Ring (all’alba del mondo, quando
gli otto corni avevano esposto, entrando progressivamente a canone, il motivo
dell’elemento primordiale) anche qui
sono gli stessi strumenti che, in quattro ondate successive (1-2-5-8) riprendono
il motivo della gaiezza di Hagen,
sempre in SIb, arricchendolo armonicamente e creando così un’atmosfera quasi
idilliaca, solo sporcata e un poco involgarita dalle pesanti cadute conclusive della
melodia sulla sesta minore. Sono in tutto 41 battute di 3/4 in tempo sempre comodo, che finalmente e
sorprendentemente sfociano nel tema del Tarnhelm…
Il
tema della gaiezza, negli archi
bassi, pare quasi infastidirsi per questa inaspettata irruzione, ma è il corno
a spiegarci di che si tratta: sciorinando in bellezza il tema del grido di Siegfried! Il quale è arrivato
lì, da solo, spostandosi alla velocità della luce, o meglio facendosi teletrasportare
dal Tarnhelm!(1) Il nostro subito apostrofa senza complimenti Hagen (“uomo
stanco!”) al che il mezzosangue, rizzatosi ora completamente in piedi e
accompagnato negli archi bassi dal rimuginare dei motivi ghibicunghi, lo
accoglie chiendogli da dove arrivi così di corsa.
Ovviamente
dalla roccia di Brünnhilde, risponde Siegfried (mentre nelle viole guizza l’incantesimo del fuoco) dove ho inspirato
l’aria con la quale ti ho chiamato (tema del grido). Più lentamente arriveranno, in barca, i due novelli sposi:
Gunther e, appunto, Brünnhilde(2), della quale fagotti, violini e celli
ricordano lontanamente il tema di cavalcata.
Hagen
gli chiede: allora hai sottomesso Brünnhilde? A questa insulsa domanda
Siegfried nemmeno risponde: poiché a lui preme di incontrare quanto prima
Gutrune!
___
Note:
1.
Siegfried ha davvero imparato a meraviglia a sfruttare una delle fondamentali
proprietà dell’elmo magico: quella di trasportatore
di materia! Solo nei film di fantascienza di due secoli dopo - tipo
StarTrek - verranno inventate simili diavolerie tecnologiche. La proprietà di
teletrasportare è un’invenzione di Wagner, che non trova riscontro nelle Saghe,
dove il Tarnkappe serve – ed è già molto! - a rendere invisibile chi lo indossa.
2. Anche qui abbiamo una gratuita
smagliatura nella vicenda: Siegfried(Gunther) la sera prima ha strappato
l’anello a Brünnhilde ed è verosimile - anche se Wagner non ce lo ha
esplicitamente fatto sapere - che se lo sia infilato al dito (perchè davvero
ridicolo sarebbe che Siegfried si fosse messo l’anello in tasca, per poi
infilarlo al dito il giorno dopo...); adesso Brünnhilde passa diverso tempo in
barca con il vero Gunther: possibile che non noti che costui non ha (più)
l’anello al dito? Però, se lo notasse, e magari gliene chiedesse conto, tutta
la successiva scena-madre (col putiferio che scoppierà al momento per Brünnhilde
di veder l’anello al dito di Siegfried) andrebbe a farsi friggere! Altra
domanda scomoda a Wagner: che Siegfried sia in grado di attraversare il fuoco
senza batter ciglio è noto e assodato; ma Brünnhilde? Lei ora è solo una donna,
umana… e allora come può passare indenne fra le fiamme, scendendo dalla rupe
verso il Reno? O forse il Tarnhelm permette di… caricare passeggeri a bordo? E
ancora: Siegfried è ricomparso a Gibichheim con la sua Nothung (la mostrerà
poco dopo a Gutrune) e verosimilmente con lo scudo: come mai Brünnhilde, in
barca con Gunther, non si accorge che gli mancano spada e scudo, o che sono
completamente diversi da quelli – peraltro da lei stranamente non riconosciuti
la sera prima - dell’uomo che l’ha conquistata?
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