28 dic 2015

5.3.2.1 Götterdämmerung: Atto II – Scena II: Siegfried teletrasportato a Gibichheim


Tanto cupa e drammatica era la scena testè conclusa, quanto frizzante e leggera è questa che ora ci apprestiamo a seguire.

Wagner non perde certo l’occasione per  sfoderare le sue proverbiali capacità di dipingere con pochi tratti di pennello (musicale) i fenomeni naturali che si manifestano sotto i nostri occhi. In questo caso è un’aurora serena, che mai farebbe pensare a quanto di disastroso accadrà di qui a poco.

È il clarinetto basso che invita Hagen a godersi (si fa per dire) lo spettacolo del sorgere del sole sul Reno: il tema che udiamo è cosiddetto della gaiezza di Hagen, gaiezza che per la verità è ancora un filino… addormentata, proprio come il nostro, che ha bisogno di qualche attimo per stiracchiarsi e rimettersi in sesto, dopo il fastidioso colloquio notturno col padre Alberich. Infatti in questa sua prima apparizione il tema (SIb maggiore) sembra faticare, quasi barcollare, proprio come Hagen, che ha problemi a rizzarsi sulle gambe: arpeggio ascendente sulla dominante FA, ricaduta sulla sesta (SOL) e risalita plagale al MIb; da qui ancora un piccolo balzo in alto a raggiungere la tonica; poi altro slancio fino alla mediante RE; seguito da una ridiscesa alla sesta minore SOLb, quindi da un picco sulla sottodominante MIb, da una ricaduta sulla sopratonica DO, ancora da una risalita alla dominante FA e alla sesta minore SOLb, risalita al FA che si ripete, ma passando dalla terza minore. Qui pare che Hagen addirittura si fermi a tirare il fiato, e per tre volte il clarinetto basso esala la seconda minore della schiavitù, come a gemere: ma che fatica la vita!

Hagen è adesso completamente sveglio e quindi può godersi davvero lo spettacolo naturale: quasi come nelle primissime battute del Ring (all’alba del mondo, quando gli otto corni avevano esposto, entrando progressivamente a canone, il motivo dell’elemento primordiale) anche qui sono gli stessi strumenti che, in quattro ondate successive (1-2-5-8) riprendono il motivo della gaiezza di Hagen, sempre in SIb, arricchendolo armonicamente e creando così un’atmosfera quasi idilliaca, solo sporcata e un poco involgarita dalle pesanti cadute conclusive della melodia sulla sesta minore. Sono in tutto 41 battute di 3/4 in tempo sempre comodo, che finalmente e sorprendentemente sfociano nel tema del Tarnhelm… 

Il tema della gaiezza, negli archi bassi, pare quasi infastidirsi per questa inaspettata irruzione, ma è il corno a spiegarci di che si tratta: sciorinando in bellezza il tema del grido di Siegfried! Il quale è arrivato lì, da solo, spostandosi alla velocità della luce, o meglio facendosi teletrasportare dal Tarnhelm!(1) Il nostro subito apostrofa senza complimenti Hagen (“uomo stanco!”) al che il mezzosangue, rizzatosi ora completamente in piedi e accompagnato negli archi bassi dal rimuginare dei motivi ghibicunghi, lo accoglie chiendogli da dove arrivi così di corsa.

Ovviamente dalla roccia di Brünnhilde, risponde Siegfried (mentre nelle viole guizza l’incantesimo del fuoco) dove ho inspirato l’aria con la quale ti ho chiamato (tema del grido). Più lentamente arriveranno, in barca, i due novelli sposi: Gunther e, appunto, Brünnhilde(2), della quale fagotti, violini e celli ricordano lontanamente il tema di cavalcata.

Hagen gli chiede: allora hai sottomesso Brünnhilde? A questa insulsa domanda Siegfried nemmeno risponde: poiché a lui preme di incontrare quanto prima Gutrune!  
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Note:
1. Siegfried ha davvero imparato a meraviglia a sfruttare una delle fondamentali proprietà dell’elmo magico: quella di trasportatore di materia! Solo nei film di fantascienza di due secoli dopo - tipo StarTrek - verranno inventate simili diavolerie tecnologiche. La proprietà di teletrasportare è un’invenzione di Wagner, che non trova riscontro nelle Saghe, dove il Tarnkappe serve – ed è già molto! -  a rendere invisibile chi lo indossa.
2. Anche qui abbiamo una gratuita smagliatura nella vicenda: Siegfried(Gunther) la sera prima ha strappato l’anello a Brünnhilde ed è verosimile - anche se Wagner non ce lo ha esplicitamente fatto sapere - che se lo sia infilato al dito (perchè davvero ridicolo sarebbe che Siegfried si fosse messo l’anello in tasca, per poi infilarlo al dito il giorno dopo...); adesso Brünnhilde passa diverso tempo in barca con il vero Gunther: possibile che non noti che costui non ha (più) l’anello al dito? Però, se lo notasse, e magari gliene chiedesse conto, tutta la successiva scena-madre (col putiferio che scoppierà al momento per Brünnhilde di veder l’anello al dito di Siegfried) andrebbe a farsi friggere! Altra domanda scomoda a Wagner: che Siegfried sia in grado di attraversare il fuoco senza batter ciglio è noto e assodato; ma Brünnhilde? Lei ora è solo una donna, umana… e allora come può passare indenne fra le fiamme, scendendo dalla rupe verso il Reno? O forse il Tarnhelm permette di… caricare passeggeri a bordo? E ancora: Siegfried è ricomparso a Gibichheim con la sua Nothung (la mostrerà poco dopo a Gutrune) e verosimilmente con lo scudo: come mai Brünnhilde, in barca con Gunther, non si accorge che gli mancano spada e scudo, o che sono completamente diversi da quelli – peraltro da lei stranamente non riconosciuti la sera prima - dell’uomo che l’ha conquistata?   

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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