7 gen 2016

5.3.3.2 Götterdämmerung: Atto II – Scena III: au mariage comme à la guerre


La brutalità dello scenario in cui veniamo introdotti è testimoniata dalla continua e persino eccessiva presenza di tritoni, fin dalle battute musicali che seguono Hagen nel suo arrampicarsi su uno spuntone di roccia, dal quale richiamerà i vassalli. Nelle prime tre, archi bassi e fagotti percorrono intervalli ascendenti su un ritmo inizialmente regolare, poi puntato (sono i balzelloni del bieco mezzosangue che si inerpica).  Qui il tappeto sottostante è costituito da un accordo di tre terze minori (dall’alto: SOL, in archi e trombe; MI, DO# e SIb in oboi, clarinetti e corni) nel quale spicca il tritono SOL-DO#. Poi, mentre Hagen suona il suo Stierhorn (corno di toro) in DO, il sottofondo cambia: gli archi scendono dal SOL a FA# e gli altri strumenti a MI-DO-LA, quindi è il tritono FA#-DO a farla da padrone, mentre archi bassi e fagotti citano uno spezzone della gaiezza di Hagen, ma qui sinistramente incupito, in quanto la caduta di quarta (DO-SOL) è sostituita da quella di quarta aumentata (DO-FA#): ancora lo sbifido tritono!    

Tritono che persiste in archi e tuba (DO-FA#) mentre Hagen lancia il suo truce appello: Hoi-ho! Hoi-ho--ho-ho! E lo fa sulla livida seconda minore - REb-DO - della schiavitù! Quella sua psicologica nei confronti dell’anello, ma anche quella materiale dei vassalli che devono servirlo ciecamente. Ancora: Wehe! Wehe! (sciagura!) questa volta su una caduta di seconda maggiore (RE-DO). Sempre il tritono incombe (FA# di tuba e archi bassi, DO di archi alti e voce) sulle parole: Waffen! Waffen! (armi!)

Adesso ecco irrompere un improvviso DO maggiore (ma sporcato dal FA# dei bassi) con la fanfara dei corni ad introdurre il grido di nozze, reiterato sul successivo ordine di Hagen di preparare le armi più forti e taglienti, poiché vi è grande pericolo. Dopo che il tema dei ghibicunghi si è prodotto in una vertiginosa scalata, sulle esclamazioni Not ist da! Wehe! Wehe! (pericolo! sciagura!) ciò che si ode in orchestra per due volte (salendo di un semitono, da REb a RE) è nientemeno che il tema del crepuscolo, la cui calda melodia discendente contrasta in modo lancinante, ma solo per pochi attimi, con l’atmosfera truce che si respira. Contemporaneamente si sono uditi due corni di toro dietro le quinte, il primo a sinistra in REb e il secondo a destra in RE (quindi coerenti con le due crescenti apparizioni del tema del crepuscolo…)

Ma ecco che Hagen riprende i suoi richiami Hoi-ho! Hoi-ho--ho-ho! e qui Wagner ci sciorina un’altra trovata delle sue: a quello dello Stierhorn del figlio di Alberich, in DO, si sovrappone per due battute il suono del corno di toro in REb e poi, sempre per due battute, quello del corno di toro in RE, a creare quindi una barbarica atmosfera di dissonanze progressive, che porta all’ingresso del tema dei vassalli.          

Ecco, questa che segue è proprio una scena da grand-opéra in piena regola, con il progressivo arrivo sul palcoscenico di uomini, dapprima in ordine sparso e da direzioni diverse, poi sempre più numerosi e chiassosi(1): sul loro tema, pesantemente marziale - che ricorda vagamente nell’attacco e nel ritmo quello che accompagnava Siegfried che forgia la spada (Hoho! Hoho! Hohei!) - sostenuto principalmente dagli archi, cantano, in un contrappunto davvero bestiale, le loro rozze esclamazioni di stupore e la loro preoccupazione per questa improvvisa e imprevista chiamata alle armi. Anche i timpani concorrono con scariche violente ad alzare la tensione sulla scena. A più riprese i vassalli invocano il nome di Hagen, spesso sul malefico tritono, poi si informano su Gunther: è per caso in pericolo? (qui è il tema dei ghibicunghi a farsi udire in legni e trombe).

Questo primo parapiglia degli uomini si chiude su un urlo selvaggio: Hagen! Al quale subito fa seguito, aizzato da uno smaccato accordo di DO maggiore di tutta l’orchestra, perennemente inquinato dai FA# dei bassi, il tema del grido di nozze: per le quali Hagen comincia a preparare il terreno, rispondendo alle preoccupate inchieste dei vassalli in modo sempre più incongruente rispetto allo scenario di catastrofi che lui medesimo aveva ad arte paventato al momento di convocarli (insomma, sta pian piano rivoltando la frittata!)

Armatevi a dovere, ordina il malignazzo (tema del grido di nozze, in DO ma con l’immancabile FA# sullo sfondo) perchè Gunther ha conquistato una donna. Sul loro tema agitato negli archi, i vassalli chiedono se il sovrano sia per caso in pericolo. Sta conducendo a casa una donna terribile, ammonisce Hagen. Ancora il tema dei vassalli, sempre più concitato, ad accompagnare la nuova domanda: è per caso inseguito da nemici, dai parenti della donna? No, arriva da solo, nessuno lo insegue, ed è il tema della rinunzia a sottolineare questo annuncio (? forse perchè a Brünnhilde Gunther ci dovrà rinunciare assai presto?) Quattro diversi gruppi di vassalli sembrano esultare: allora ha sconfitto i nemici, ha vinto la battaglia?! Qui Hagen spiega che fu l’eroe uccisore del drago a proteggere il loro Re da ogni pericolo. E gli otto corni, sempre nel DO maggiore avvelenato dal FA# dei bassi, accennano al tema del Siegfried adulto (il grido) con armonizzazione e ritmo che lo apparentano significativamente al grido di nozze (con Gutrune!)

Come possiamo allora aiutarlo? riprendono i vassalli, a canone, sul loro tema. Sacrificate dei forti tori a Wotan, risponde Hagen, con gli archi a scimmiottare il tema del Walhall. La successiva domanda dei vassalli (sempre accompagnati dal loro tema) è preceduta dall’esposizione, nei soli fagotti, quindi per ora appena percettibile, di un motivo che fra poco prenderà il centro dell’attenzione: ha vaghe attinenze con la gaiezza di Hagen e sembra proprio preso da un’opera di belcanto (!) Sale per gradi dalla dominante alla sensibile, poi alla sopratonica, dalla quale scende alla tonica (REb) ancora alla sesta per tornare sulla dominante, da dove ricomincia il giro... Non essendo fra i temi normalmente catalogati dagli esegeti (forse perchè ritenuto indegno di Wagner, chissà...) lo chiamerò il motivo dell’ipocrisia di Hagen, tanta è la distanza che lo separa dall’autentica, spregevole personalità del pipistrellone. Ma di ipocrisia si può legittimamente parlare nel senso di accusa che Wagner, parodiandone gli stilemi, muove alla moda (parigina?) del suo tempo.

Abbattete un cinghiale per Froh e un caprone per Donner, risponde Hagen intercalato dal tema dei vassalli. Invece sacrificate delle buone pecore per Fricka, affinchè sia benigna alle nozze. Quest’ultimo comando è cantato da Hagen sul motivo che ho chiamato dell’ipocrisia (qui sul SIb) poichè è del tutto chiaro che Hagen non sta proprio pensando alle nozze, ma a ciò che dovrà garantirgli la conquista dell’anello!

E dopo che abbiamo abbattuto le bestie, che facciamo? Qui Hagen, accompagnato negli archi dal tema della sua gaiezza, canta su quello dell’ipocrisia (ora salito al SI) invitando i suoi a farsi mescere vino e idromele dalle donne. E dopo che abbiamo le coppe in mano? insistono pedanti i vassalli. Bevete fino ad ubriacarvi, e che gli dèi siano propizi alle nozze, ancora sul tema dell’ipocrisia, salito adesso al DO. Ed è su questo DO che l’intera orchestra si scatena, sullo spezzone del tema della gaiezza (ma sempre con il tritono DO-FA#) con un crescendo di terzine degno di miglior causa, che porta al più sguaiato dei cori da melodramma che sia dato di ascoltare! (e l’unico modo per ascoltarlo senza provare ribrezzo è prenderlo appunto per una feroce e dissacrante parodia.) 

Dunque, i vassalli ora han capito che non vanno in guerra, ma... a nozze e così inneggiano alla buona sorte con una prima strofa (Gross Glück und Heil / lacht nun dem Rhein, / da Hagen, der Grimme, / so lustig mag sein!(2)) cantata all’unisono su un arpeggio di DO maggiore invero volgare: dopo aver scalato un’ottava, si muove pedestremente - quanta povertà estetica c’è in questo tema, se lo confrontiamo con tanti altri che abbiamo incontrato, pure costruiti sulla medesima triade maggiore! - attorno alla tonica (dalla dominante sotto alla mediante sopra). Quindi ecco lo spezzone del tema della gaiezza di Hagen (MI-DO-LAb) reiterato fino a poggiare sulla sopratonica RE. La seconda strofa (Der Hagedorn / sticht nun nicht mehr; / zum Hochzeitsrufer / ward er bestellt.(3)) è esposta in due parti: la prima metà sale alla sottodominante FA, poi raggiunge la sesta LA per scendere di un’ottava (toccando subito dopo il LAb sottostante). Qui entra il tema del grido di nozze che supporta (con concitate variazioni nei legni) ben tre ripetizioni sempre più agitate della seconda metà della strofa, che chiude salendo ancora alla sesta LA, dove i legni intonano l’ipocrisia di Hagen, mentre i vassalli ripetono la prima strofa, sullo spezzone (MI-DO-LAb) della gaiezza di Hagen. Sul “lustig” tenuto per più di due battute, il SOL si trasforma in sopratonica di FA, a cui modula un’ennesima (puramente orchestrale) esposizione, enfatica e pesante, del motivo dell’ipocrisia, contrappuntato in archi e strumentini da quello dei vassalli.

Adesso Hagen torna a fare il serio: smettetela di ridere e preparatevi a ricevere Brünnhilde, che sta arrivando con Gunther! La tonalità ha nel frattempo modulato a DOb maggiore, ed è su questa che si riode il grido di nozze, subito seguito dal tema dell’ipocrisia contrappuntato da quello dei vassalli: un miscuglio davvero pacchiano. Hagen sta però gestendo la situazione a suo piacimento, così istruisce i suoi guerrieri: “...traf sie ein Leid, rasch seid zur Rache!”, se Brünnhilde subisce dei torti, siate pronti a vendicarla.“(4) Mentre i vassalli, a gruppetti, si affollano con evviva! verso la sponda del Reno per ricevere gli sposi regali, il motivo del grido di nozze modula due volte (attraverso l’aumento della quinta, da SIb a RE maggiore e da qui a FA#(=SOLb) maggiore, una trovata piuttosto di cattivo gusto, dal punto di vita estetico (ma siamo sempre lì: è una parodia di volgari consuetudini da additare al pubblico ludibrio?) e sfocia in un’ennesima, davvero stomachevole riproposizione del tema dell’ipocrisia contrappuntato da quello (suo parente) della gaiezza di Hagen. Ancora l’ipocrisia che modula provvisoriamente a LA maggiore (sempre tirandosi appresso la gaiezza) e da lì sfocia sul SOL (sesta di SIb) dove udiamo l’ultimo protervo Heil! dei vassalli, seguito da terzine discendenti in staccato di violini e corni che conducono ad un colossale accordo di dominante di SIb, tenuto dall’intera orchestra e chiuso dal FA degli ottoni, dove fa capolino persino un tamburo(5)!

Ecco, è così che gli incivili ghibicunghi hanno preparato l’accoglienza da riservare ai loro sovrani...
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Note:
1. In modo un po’ meno caotico ma altrettanto rumoroso si svolge l’arrivo sulla Schelde, dai quattro punti cardinali, dei drappelli di tedeschi e brabantini, nell’atto conclusivo del Lohengrin.
2. Gran sorte e ventura /sorride ora al Reno /poiché Hagen il truce / può esser sì gaio! (Manacorda.)      
3. La spina-di-siepe / ormai più non punge; / a banditor di nozze / è stato comandato. (Manacorda.)
4. Anche questo apparentemente gratuito “mettere in guardia” - perchè mai Brünnhilde, che va sposa ad un Re, dovrebbe subire torti? - si inserisce perfettamente nello scenario della macchinazione di Hagen, che è matematicamente certo dello scandalo che scoppierà di lì a poco, e ne prepara così l’atmosfera ai suoi armigeri, mettendoli sul “chi vive”. Va da sé – e occorre ripeterlo fino alla nausea - che tutto il disegno di Hagen poggia su un’ipotesi come minimo azzardata, se non del tutto inverosimile: che Siegfried abbia strappato l’anello a Brünnhilde e poi se lo sia tenuto al dito, condizione necessaria perché la donna faccia scoppiare lo scandalo. 
5. Par proprio di essere tornati al Lohengrin, alla citata scena finale sulla Schelde, dove è pure previsto un tamburo sul palcoscenico, ad accompagnare cavalli in carne ed ossa!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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