26 ago 2017

7.1 Post-messa - Il Ring come manifesto antisemita?

  
E come vien dimostrata una tesi di tale distruttiva portata? Innanzitutto con l'attribuzione (arbitraria quanto tendenziosa) ai principali personaggi del Ring dell'etichetta di appartenenza ai due mondi (o civiltà) che si contrappongono: quello germanico e quello giudaico. Ecco quindi come vengono inquadrati i principali protagonisti della Tetralogia:

·        Alberich è la quintessenza dell’inquinante semitico(1). È tutto l’opposto, nel fisico come nel morale, del puro germanico. Alberich (d’ora in poi uguale a semita) rinuncia all’amore e alla natura e mette al centro della sua cultura l’oro, la materia e il potere, cercando di invadere con questa contro-cultura quel puro mondo germanico, votato da tempo immemorabile all’amore per Uomo, Natura e Arte.

·        Wotan rappresenta appunto il mondo germanico – contemporaneo a Wagner – che è purtroppo ormai già in via di inquinamento: seguendo l’esempio di Alberich-il-semita, anche lui, dopo averlo perseguito, ha poi trascurato l’amore (anche se non lo disprezza) per mettere al primo posto il potere. Conserva poche delle sue qualità native (il sentimento verso Brünnhilde, ad esempio) ma è chiaramente sulla strada di una irrimediabile corruzione dei costumi. Ha tuttavia compreso la minaccia di Alberich, e cerca di opporvisi, anche se riconosce di non avere più l’autorità morale per combatterla in prima persona. Così cerca di creare le condizioni per il riscatto della sua società, contando sull’opera di un redentore, impersonato da Siegmund prima, da Siegfried poi.

·        Mime, fratello di Alberich (quindi: uguale a semita) è l’incarnazione della meschinità, dell’impotenza e della stupidità dell’inquinante. Lui non vive la pura cultura germanica ma, appunto, la mima (proprio come leggiamo nel Giudaismo!) e così facendo la corrompe.  

·        Siegmund e Sieglinde rappresentano la possibile via di riscatto della pura razza ariana e della cultura germanica: unendo le proprie forze (tramite il rapporto di consanguineità) essi possono sperare di rinascere (in Siegfried) e di liberarsi dall’inquinante. 

·        Siegfried rappresenta appunto la purezza di razza e cultura germaniche: il suo DNA, dopo una generazione, ha perso i tratti inquinati presenti in Wotan. Lui può risollevare le sorti della sua stirpe e della sua cultura! Non a caso, la seconda giornata del Ring è prevalentemente occupata dalla descrizione dell’inconciliabile dualismo fra Mime e Siegfried, fra inquinante semita e puro germanico; e dalla celebrazione dell’apoteosi del secondo, l’ariano che annichilisce il semita moralmente - e persino tecnologicamente - prima ancora che materialmente, abbattendolo con la sua Nothung. (Purtroppo l’inquinante, che si annida presso altri germanici in via di inquinamento, infetterà anche lui.)

·         Hagen, razzialmente sangue misto (quindi: mezzosemita) impersona il risultato pratico e cromosomico dell’inquinamento: congenitamente e coscientemente incapace di esprimere (anzi, prima ancora, di condividere in pieno) i valori della società e della cultura germanica, non gli resta che ripiegare sulla contro-cultura semitica, cercando in tutti i modi la neutralizzazione di colui che gli si manifesta come un invidiabile, ma irraggiungibile e quindi odioso, modello: Siegfried.   

·        Brünnhilde, come Siegfried, fa parte della pura e incontaminata tradizione germanica. Anche lei vuole il sacrificio di Siegfried, meno per punirne il tradimento, più per far risorgere dall’oblio la componente femminile (femminista?) di quella tradizione.
           

La chiusa del Ring, con il sacrificio di Siegfried e l’olocausto di Brünnhilde, avviene sull’idea della Redenzione, cioè della possibilità di purificazione e rinnovamento della cultura e della tradizione germanico-ariana; ma dato che il Ring ha una conclusione - come dire? – un pò troppo criptica, che qualcuno potrebbe magari equivocare, allora ci penserà Parsifal a chiarire del tutto il senso della “soluzione finale”.

E così, poco più di 50 anni più tardi, un fedele discepolo dell’avvoltoio di Lipsia, dopo averlo elevato al rango di sommo profeta, penserà bene di metterne in pratica i suggerimenti, procedendo ad un Olocausto nient’affatto melodrammatico…
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Note:
1. Gli zelanti (e molto interessati) sostenitori della tesi Wagner=Hitler si danno un gran daffare a trovare dimostrazione di tale tesi spulciando (con lenti deformanti, più che di ingrandimento…) fra scritti, lettere e pamphlet del Nostro. E così scoprono che, nel Giudaismo nella Musica, si parla dei musicisti ebrei – Mendelssohn, nientemeno! - come di vermi che possono prosperare solo dentro un cadavere; e dato che – ohibò – nel Nibelungen-Mythus si descrivono i Nibelunghi tutti indaffarati a scavare le viscere della terra, proprio come vermi in un cadavere, ecco che il sofisma è bell’e chiuso: i Nibelunghi sono gli Ebrei! 

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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