28 dic 2012

4.3.3.2 Siegfried, Atto III, Scena III – E finalmente… la paura!


“Non è un uomo!”  

In sole tre misure i violini, quasi impazziti, hanno  appena disegnato un arco di semicrome (dal DO sopra il rigo al LA sotto, per poi risalire al SI) tutte irregolari, proprio ad evocare un petto che sussulta e freme sotto un’emozione squassante, al limite della sincope. Anticipando così l’esterrefatto urlo di Siegfried e sottolineando il suo balzare all’indietro, in stato di terrorizzata agitazione, proprio come di fronte ad un fenomeno ignoto ed inaspettato. Ma se lo guardiamo da vicino, il motivo altro non è che una variante – qui deformata dalla… sorpresa - del tema della Gioia d’amore, che avevamo udito per la prima volta dopo che il ragazzo aveva sistemato per sempre Mime e si era rivolto all’Uccellino chiedendogli di trovargli un compagno…    

Questo motivo farà da sfondo alle successive esternazioni dei Siegfried - che ora sente il cuore prender fuoco, l’angoscia oscurargli la vista e le vertigini ottenebrargli la mente - ma per intanto i violini richiamano quello del Vincolo d’amore che, esposto con andamento rubato, mostra tutta la sua rassomiglianza con il primo.

Chi mi aiuta adesso? si domanda smarrito, ed il tema dei Wälsi ne sottolinea il richiamo istintivo alla madre, “Pensa a me!”: un impulso propriamente freudiano!(1) Il motivo della Gioia d’amore scende nei violini dal SOL (terza minore della tonica) fino al MI dell’ottava sottostante, accompagnando Siegfried che nuovamente si china sulla dormiente; poi, modulando a LA, si innalza, percorrendo un’ascesa che richiama l’Eredità del mondo, e raggiunge il MI, armonizzato come dominante.

Come sveglio la giovane - si chiede sospirando, dopo un lungo silenzio - così che mi apra i suoi occhi? È ancora la Gioia d’amore a sostenere questo interrogativo, pieno di dubbi sulla propria capacità di sostenere la prova (“Lo sguardo suo m'abbaglierebbe ancora? La mia baldanza l'oserebbe? Sopporterei quella luce?”) E infatti una variante mossa e distorta del tema dei Wälsi torna allorchè Siegfried ammette la sua impreparazione ad affrontare questo frangente e il timore di non essere abbastanza coraggioso per farlo.

Un’altra variante, del motivo del Sonno di Brünnhilde, anticipa ora la domanda capitale: è per caso questa la paura? Qui fa capolino negli archi un inciso che ne ricorda da vicino un altro che compare nel primo atto del Tristan(2) nel momento in cui Isolde indica a Brangäne il filtro (di morte!) che l’ancella dovrà versare nella coppa per il brindisi con Tristan(3). 

“Mamma, mamma” - invoca ancora il ragazzo impotente, mentre il tema dei Wälsi si mescola a quello della Gioia d’amore – guarda qui il tuo figliolo coraggioso! (che figura barbina ci sta facendo, dovremmo aggiungere.) ”Una donna giace addormentata” e il tema del Sonno, nel celestiale MI maggiore, scende nei violini, prima che Siegfried ammetta di avere – proprio ora – imparato da lei la paura.

Dopo un inciso sul tema di Freia, il ragazzo si domanda: ma come vincerla? Come riprendere coraggio? Per svegliarmi devo assolutamente svegliare lei! Qui oboi e clarinetti, accompagnati dalla tromba, impugnano persino il tema ampliato della Spada, come a far coraggio al ragazzo, poi quello della Gioia di vivere, ancora variato, accompagna Siegfried che si riaccosta a Brünnhilde sempre più estasiato: “Dolce mi freme la sua bocca fiorente”, canta salendo cromaticamente dal SI al FA maggiore. Il clarinetto solo riprende quel FA per scendere al MI che corno, fagotti e archi vestono di un’armonizzazione da struggimento, precisamente come nel Tristan avevano armonizzato il RE sul quale l’eroe morente aveva cantato il nome di Isolde, poco prima dell’arrivo dell’amata a Kareol (“Ach, Isolde, Isolde! Wie schön bist du!”)

Ancora il clarinetto riprende da quel MI per intonare il Vincolo d’amore, con Siegfried che esclama (sempre riferito alla bocca della giovane): “Come mite tremando mi attira tremante!” Ancora la Gioia d’amore, adesso con moto più languido, prepara le parole di Siegfried “Ah! Di quel respiro il caldo, dilettoso profumo!”, sulle quali i violini salgono cromaticamente dalla tonica FA al SI maggiore, sul cui accordo in fortissimo Siegfried implora (dominante-tonica) “Erwache!”, svegliati, subito reiterato un semitono sopra (SOL-DO) prima di risalire al MIb sulle parole “Heiliges Weib!”, o donna sacra, cui segue come sigillo il tema dell’Enigma del destino, nei corni.

Ma Brünnhilde non sente, e allora Siegfried si decide: devo svegliare la giovane, mi costasse ciò anche la vita! E la seconda sezione del motivo della Rinunzia – quella che, nel Rheingold, aveva accompagnato le parole di Loge “Weibes Wonne und Werth” (il piacere e il valore della donna) - sottolinea quest’ultima esternazione. Il che ci fa capire che è arrivato il momento di fermarci un attimo a ragionare su questo tema, di portata davvero capitale nel Ring.
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Note:
1. Però il Dottor Freud ai tempi era ancora un ragazzino…
2. Per forza di cose la Handlung doveva lasciar tracce in tutto ciò che Wagner compose di seguito, a cominciare dalla revisione del Tannhäuser.
3. Il riferimento potrebbe non essere per nulla casuale: anche qui la dicotomia amore-morte la fa da padrona, come si vedrà tra poco.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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