L’atto
testè conclusosi contiene una serie di fatti e di comportamenti dei protagonisti
che sollevano parecchie perplessità riguardo al realismo e alla stessa logicità di ciò cui assistiamo, elementi che
invece dovrebbero essere necessariamente e sempre rispettati in un lavoro come
il Ring, che programmaticamente intende essere una grande, oltre che
multiforme, allegoria. Elementi che
invece potevano essere considerati marginali, se non addirittura opzionali, in
un lavoro quale doveva essere la Siegfrieds
Tod, che sappiamo fu originariamente concepita come singola grande opera eroica, il cui stesso
genere autorizzava ampie deroghe al realismo e alla consequenzialità fra cause
ed effetti: vi si contemplavano tranquillamente eventi miracolosi o gratuiti, o
scorci puramente effettistici, privi di significato compiuto.
Orbene,
nel Ring tutto fila (quasi) alla perfezione nelle sue prime tre parti, quelle
ideate, scritte e musicate dopo il grande travaglio teorico e filosofico vissuto
da Wagner proprio all’indomani della prima stesura della Siegfrieds Tod. Anche gli
aspetti magici che incontriamo in Rheingold, Walküre e Siegfried possiedono una
loro logica ferrea e incarnano altrettante chiare allegorie: l’anello di
Alberich, il Tarnhelm, le mele di Freia, il ponte-arcobaleno (Rheingold); i
cavalli alati delle Valchirie, la lancia di Wotan, il fuoco di Loge (Walküre);
il sangue del drago e la voce dell’Uccellino (Siegfried) sono tutti oggetti o
accadimenti che, per quanto miracolosi, mai sono gratuiti o illogici, mentre
servono perfettamente ai fini estetici e filosofici che l’Autore si è proposto di perseguire.
Non
così, purtroppo, in Götterdämmerung, nonostante gli sforzi che Wagner profuse
per far mutar pelle alla Siegfrieds Tod, divenuta ora l’atto conclusivo di
quella gigantesca allegoria che è il Ring.
Abbiamo
già fatto notare – e ci torneremo fra poco, nell’atto secondo - l’alta
improbabilità dell’intera macchinazione di Hagen, che si fonda sul
materializzarsi di una combinazione di eventi e di comportamenti quanto meno
inverosimile, eventi che si manifestano proprio nella scena finale del primo
atto, cui abbiamo appena assistito. La stessa selettività degli effetti del
filtro fatto ingurgitare a Siegfried (perdere la memoria dei soli suoi
trascorsi con Brünnhilde, e di null’altro) è caratteristica talmente
improbabile da ingenerare mille contraddizioni e da consentire mille
incongruenze: è quindi funzionale soltanto a Wagner per indirizzare gli
accadimenti a suo piacimento, in modo arbitrario e gratuito.
Già
tutta la storia dei movimenti dell’Anello, che passa da Siegfried a Brünnhilde
e poi deve necessariamente tornare a Siegfried (per giustificare il putiferio
che ne scaturirà, come si augura Hagen) è piuttosto artificiosa, il che deriva in
primo luogo dalla farraginosità dei racconti nordici e germanici da cui Wagner
trasse ispirazione(1).
Se
ora torniamo alla scena testè conclusa, vi scopriamo purtroppo parecchie magagne.
Intanto: da cosa si può dedurre che Siegfried abbia le sembianze di Gunther,
come ci informa la didascalia? Difficile dirlo, visto che ha il volto quasi completamente coperto dal Tarnhelm, mentre invece è certo che lui
reca con sé due oggetti che Brünnhilde deve conoscere perfettamente: lo scudo, che era stato suo (da lei
imbracciato mille volte!) e l’aveva ricoperta durante il suo lunghissimo sonno;
e soprattutto la spada, quella che
recise i lacci della sua corazza poco prima del risveglio, e che lei ha
contemplato benissimo la notte (precedente?) in cui quella medesima spada
rimase appesa nella grotta in cui lei ebbe il primo (e unico?) incontro carnale
con l’amato (come affermerà nella quarta scena dell’atto secondo); e la Nothung
non è mica una spada qualunque, fabbricata in serie e venduta nei grandi
magazzini o nei negozi di caccia-e-pesca… accipicchia, è la spada più nobile e
preziosa dell’intero universo!
Ora,
se è plausibile che Siegfried non si sia posto il problema dei suoi capi di
abbigliamento bellico – avendo dimenticato i suoi trascorsi con Brünnhilde -
com’è che adesso la donna non riconosce quegli oggetti e non si domanda perché
e come siano finiti in possesso di quest’uomo mascherato che le si presenta di
fronte? La penombra incombente non sembrerebbe davvero una valida spiegazione. Dobbiamo
forse pensare che Siegfried abbia impiegato la magìa del Tarnhelm anche per far
cambiare i connotati a scudo e spada? Mah… qui siamo alle solite: quando Wagner
scrisse il testo della Siegfrieds Tod presentandoci – nel Prologo - l’eroe
armato di tutto punto, ancora non sapeva nemmeno lui da dove sarebbero venuti
(Rheingold, poi Siegfried, e Walküre) quei due oggetti in sua dotazione!
In seguito precisò (sempre nel Prologo, per bocca di Siegfried) che lo scudo
era proprio quello di Brünnhilde, ma evidentemente non pensò alle logiche e
inevitabili conseguenze e incongruenze che ciò avrebbe causato alla fine del
primo atto.
Quando
Brünnhilde gli oppone l’anello, possibile che Siegfried - che dovrebbe aver scordato
solo i suoi trascorsi con lei, null’altro - non si domandi perché l’anello da
lui raccolto a Neidhöhle (come ripeterà, nella quarta scena dell’atto
successivo) si trovi adesso al dito di quella donna?
Alcuni
aspetti paradossali della vicenda riguardano il comportamento di
Siegfried(Gunther) nella notte che lui deve trascorrere nella grotta con Brünnhilde
prima di consegnarla al sodale. Intanto: come si può pensare che lui si faccia
una dormita senza che lei ne approfitti per provare a svignarsela? Cosa
dobbiamo immaginare: che lui la leghi come un salame, o che barrichi
ermeticamente l’ingresso della grotta?
Ma
soprattutto: sappiamo che Siegfried non sfiora la donna nemmeno con un dito, ma
ciò immediatamente fa insorgere più di una contraddizione. Domandiamoci: visto
che lui in quel momento rappresenta in tutto e per tutto Gunther (e ammettendo
che il Tarnhelm funzioni come da specifiche tecniche…) perché mai si deve
mantenere casto con Brünnhilde, dopo averla eroicamente (ri)conquistata ed
averle esplicitamente detto che lì, nella sua stanza, subito, lei dovrà essere
sua? In fin dei conti, lei crede che (anche) Gunther, dopo Siegfried, sia stato
capace dell’impresa e sa perfettamente che (anche) a lui è tenuta
inevitabilmente a soggiacere (e difatti se l’è già presa, per questo, con Wotan).
Perciò lei non può non essere sorpresa e non trovare strano, insolito, per nulla
plausibile, il comportamento di Gunther! Invece: nulla, neanche una piega. Perché
Wagner aveva bisogno, nel prosieguo del dramma, di un Siegfried che avesse pienamente
ripettato il patto stipulato con Gunther e si fosse mantenuto fedele a Gutrune.
Tuttavia la
contraddizione più clamorosa - come abbiamo già avuto modo di notare e sulla
quale torneremo più avanti - attiene all’anello, che Siegfried ha strappato a
Brünnhilde come pegno di nozze per Gunther e che adesso si terrà
incomprensibilmente al dito, invece di consegnarlo al cognato, come vorrebbero
la logica e quel medesimo rispetto dei patti invocato per mantenere la “castità
della notte”…
Insomma,
Wagner stesso deve essersi reso conto che c’erano parecchi scricchiolìi in
tutta questa storia complicata, ma che purtroppo poteva ormai fare assai poco
per mettere ogni tassello al suo posto(2): quindi
deve avere accettato, sia pure a
malincuore, la presenza delle incongruenze di cui sopra, pur di poter
perseguire comunque i suoi obiettivi artistici.
___
Note:
1. Cosa
ci troviamo, al proposito? Intanto
va rilevato ciò che non ci troviamo: l’importanza,
per Wagner addirittura capitale, dell’anello,
dalla quale discende la complicatissima macchinazione messa in atto da Hagen
per venirne in possesso. Nelle leggende l’anello è soltanto il tramite che
consente a Brünnhilde di scoprire che il suo liberatore fu Siegfried e non
Gunther, niente di più.
· Snorri
(Skaldskaparmal) ci dà questa versione, in se stessa coerente, anche se povera
di contenuti drammatici e psicologici: Sigurd(Siegfried) che ha già svegliato
Brynhild(Brünnhilde) - senza però unirsi a lei e senza regalarle l’Andvaranaut,
l’anello di Andvari(Alberich) - si reca da Gjuki e ne sposa la figlia
Gudrun(Gutrune) senza alcun intervento di filtri magici o altro trucco-inganno.
Poi conquista Brynhild (nel frattempo protetta dal fuoco) in nome e per conto
del cognato Gunnar(Gunther) di cui assume temporaneamente le sembianze. Passa
con lei tre notti “caste” (ponendo la sua spada fra sé e la donna). Dona, solo
adesso, a Brynhild l’Andvaranaut e riceve in cambio un altro anello d’oro. In
seguito, facendo il bagno nel Reno, Brynhild apprende da Gudrun (che le mostra
proprio quell’anello da lei donato in cambio dell’Andvaranaut a Sigurd, creduto
Gunnar) che il suo conquistatore fu Sigurd e non Gunnar, quindi per vendicarsi
fa ammazzare Sigurd. Poi la storia continua su un percorso divergente (per nostra
fortuna!) da quello del Ring wagneriano.
· La
Völsunga Saga introduce il filtro magico, che fa scordare a Sigurd il
precedente legame con Brynhild. Anche qui c’è il riferimento alla spada usata
come “separatore”, mentre si inverte il passaggio di anelli: Brynhild
restituisce spontaneamente a Sigurd(Gunnar) l’Andvaranaut, avuto da lui nel
primo incontro, anello che poi – al bagno - vede al dito di Gudrun, dalla quale
è informata dello scambio Sigurd-Gunnar, cosa che la porta a condannare Sigurd a morte…
· Nel
Nibelungenlied, che è la versione germanica delle avventure di Siegfried, non
troviamo nulla degli antefatti fra lo stesso e Brünnhilde: la storia parte dal
viaggio di Siegfried verso i Burgundi per impalmare Kriemhild. La vicenda della
conquista di Brunhild in nome del cognato Gunther (qui niente roccia infuocata,
ma la normale residenza di una principessa altera e schizzinosa) è totalmente
diversa da come la presenta Wagner, e quanto mai farraginosa e strampalata,
comportando sfide ludiche che rimandano caso mai alle vicende di Turandot! L’odio
della principessa per Siegfried nasce quando lei scopre che lui aveva truffaldinamente
aiutato Gunther a sconfiggerla.
2. Men
che meno cercando di attenersi puntualmente a quanto descritto nelle saghe, il
che avrebbe significato cadere dalla padella nella brace.
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