9 ott 2012

4.3.1.1 Siegfried, Atto III, Scena I – Ritorno dal futuro.


È inevitabile dover ricordare che Wagner riprende (quasi) esattamente a questo punto la composizione della sua gigantesca opera, dopo più di sette anni di abbandono(1): "con le lacrime agli occhi", il nostro aveva lasciato il suo Siegfried sotto un tiglio, per dedicarsi anima e corpo a Mathilde(2) - pardon - al Tristan (e poi ai Meistersinger, per ragioni di riequilibrio esistenziale ed artistico…)

Il suo è quindi un vero e proprio "ritorno dal futuro", da quel territorio estetico e musicale (parafrasando: Das Land, das Tristan meint…) fino ad allora inesplorato e sul quale lui per primo aveva osato inoltrarsi, dando inizio al più straordinario, radicale e persino ultimativo rinnovamento del linguaggio musicale della storia moderna.(3) 

L'ouverture sinfonica dell'atto è quanto di più sconvolgente e musicalmente appropriato si possa immaginare, stante lo scenario cosmico e psicologico in cui ci deve trasportare. Essa non fa che ricapitolare – ampliandoli e contrappuntandoli in maniera mirabile, per calarli in un'atmosfera da incombente "caduta dell'impero" - temi che ci erano noti dal Rheingold e dalla Walküre.

Si noti che la didascalia parla di Notte, turbine, uragano, Lampi e forti tuoni, ma in orchestra - a differenza, ad esempio, dell'apertura della Walküre, e se si escludono pochi rulli di timpano e alcuni trilli di ottavino ad evocare rispettivamente tuoni e lampi - non udiamo motivi che rimandano a fenomeni naturali, ma temi che – lo vedremo subito – riportano principalmente, per non dire esclusivamente, a pulsioni di natura psicologica. In altre parole, qui siamo di fronte ad una tempesta del tutto metaforica, che monta e imperversa dentro l'io profondo di un individuo, Wotan!, e ne sconvolge l'equilibrio psichico.(4)

Nelle 73 battute prima dell'irrompere del richiamo di Wotan a Erda, che cosa udiamo?

Un accidentato terreno – nei violini e nelle viole – che ricorda la cavalcata: scopriremo presto che si tratta del Viandante, che sta scorrazzando per il mondo sul suo cavallo(5). Sul quale sottofondo i fiati gravi e gli archi bassi intonano una variante assai ricca e sviluppata del tema dell'angoscia di Wotan, che avevamo udito per la prima volta nella Walküre, durante il drammatico colloquio del dio con la figlia. La parte iniziale richiama scopertamente il motivo dell'elemento primordiale (quello per la prima volta esposto dai clarinetti nel preludio del Rheingold). Ma qui, invece che in MIb maggiore, è in SOL minore (sale dal SOL grave al SIb oltre un'ottava, passando per LA, SIb, DO, RE e SOL) perché evidentemente l'entropia del cosmo è aumentata assai nel frattempo, principalmente a causa dei peccati di Alberich e Wotan; ed è in tempo (4/4) animato, ma pesante, proprio a farci presagire che lo scenario cui ci avviciniamo non è dei più tranquilli, precisamente come lo stato d'animo della massima autorità universale. 

Dopo che la prima parte del tema è stata ripetuta per tre volte, la melodia ripiega verso il basso (SIb-LA-SOL) richiamando chiaramente il crepuscolo degli dei: è questo l'evidente presentimento che ha ormai invaso la mente di Wotan, subito confermato (passando a SIb maggiore) dall'irrompere della seconda parte del tema della sua angoscia, che poi non è altro che quello del suo malcontento! Ora non abbiamo più dubbi: è il dio che vaga per il mondo in preda alle sue ansie e alle sue frustrazioni, prigioniero delle leggi universali che lui stesso ha inciso in rune sulla sua lancia. 

E quindi, puntuale, immancabile e inflessibile, ecco prorompere (tornando a SOL minore) il poderoso tema del Patto, che ricorda a noi e soprattutto a Wotan che nessuno, ma proprio nessuno, può sfuggire alle proprie responsabilità e ai propri impegni. Il tema viene reiterato cinque volte da strumenti diversi, partendo da altezze sempre crescenti (RE, MI, FA, LA, SIb) proprio a sottolinearne l'ineluttabile immanenza e con essa la suprema costrizione cui è sottoposto il responsabile stesso dell'ordine cosmico.

Torna adesso il tema dell'elemento primordiale legato a quello del crepuscolo, proprio nella forma che ricorda da vicino l'arcata melodica che avevamo udito nel Rheingold a sottolineare la profezia di Erda: e così veniamo a conoscenza di chi sarà la co-protagonista della prossima scena. Le numerose reiterazioni del tema di Erda sono presentate con diverse armonizzazioni, fondate sugli arcani accordi del tema del Viandante, per dissipare ogni residuo dubbio sull'identità di colui che si appresta ad incontrare l'onnisciente madre delle Norne e – complice-fecondatore lui medesimo - delle Valchirie.

C'è forse ancora bisogno di chiarire lo stato di terribile frustrazione in cui si trova Wotan? A quanto pare… sì, e lo fanno tre lancinanti quanto proterve apparizioni, in tutta l'orchestra, del tema (SOL-SOLb) della schiavitù! Wotan, schiavo delle sue proprie leggi e per questo sommamente frustrato. 

Sulla terza delle quali ricorrenze il sipario si alza, mentre la discesa del tema del crepuscolo - che si trasfigura mirabilmente in quello del sonno (di Erda!) - anticipa il ritorno di quello del Patto, preceduto per due volte (sottile allusione questa) dal motivo dell'Enigma del destino (ricordate? quel perché? nato nel second'atto della Walküre al momento dell'incontro di Brünnhilde con Siegmund) e poi ripetuto per altre due volte, nel solo incipit. Sono i temi che accompagnano Wotan che finalmente vediamo giungere davanti ad una caverna, dove Erda dorme il suo sonno profetico. 
___
Note:
1. Altri 6 anni e più passeranno prima del completamento dell'opera; 10 prima dell'ultimo REb del Ring. 
2. Colta, giovane ed avvenente moglie del "tycoon della seta" Otto Wesendonck, protettore di Wagner nel suo forzato soggiorno a Zurigo. Il suo tormentato legame con lei fece da sfondo alla composizione del Tristan. Di lei Wagner musicò per pianoforte cinque poesie, raccolte in un ciclo dal titolo "Wesendonck-Lieder". 
3. Il Tristan diventerà per tutti i compositori successivi un ineludibile punto di riferimento. E dopo 60 anni ci sarà chi, impossibilitato o incapace ad andar oltre, non troverà di meglio che rovesciare il tavolo e inventare letteralmente un nuovo – quasi talebano - sistema di regole, sintattiche e semantiche, di composizione.
4. Più avanti torneremo ad analizzare le repentine quanto schizofreniche variazioni d'umore del dio.
5. A cavallo era arrivato (su una variante dei temi che ascoltiamo qui) e ripartito da Neidhöhle nell'atto precedente. 

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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