24 lug 2012

4.2.1.3 Siegfried, Atto II, Scena I – L’ultimatum a Fafner.


Per mostrare ad Alberich che lui non lo sta prendendo in giro (ma in realtà è proprio ciò che sta facendo fin da quando è comparso all’improvviso!) Wotan gli offre il suo aiuto per convincere Fafner ad addivenire ad un onorevole compromesso (in effetti è una specie di ultimatum!) nell’interesse di tutti. In sostanza suggerisce ad Alberich di proporre a Fafner uno scambio ring-for-peace: tu, Fafner, mi cedi l’anello ed io, Alberich, ti evito una brutta fine per mano di un ragazzo che sta arrivando qui da un momento all’altro per farti la pelle.

Questo è effettivamente un colpo di teatro, ma come molti colpi di teatro è in buona parte gratuito, diciamolo pure, o quanto meno non così determinante ai fini dello sviluppo del dramma(1). Quindi, ecco un simpatico siparietto che serve a Wagner per divertirsi (e divertire noi) interrompendo la (noiosa?) menata-di-torrone di Wotan, che riprenderà a fine-scena con una ennesima lezione di cinica filosofia.

Tuttavia il siparietto, per quanto irrilevante, è studiato e gestito da Wagner in modo mirabile. Intanto gli serve per dare voce a Fafner, che mai più avevamo udito dopo la sua trasformazione, mostrandoci come la musica sappia evocare persino i mutamenti della sua personalità (il tritono) e poi per creare le premesse per il successivo, struggente suo addio-al-mondo, dopo che Siegfried lo avrà trafitto con la Nothung. Val la pena seguirlo quasi battuta per battuta.       

Dunque, Wotan si volge verso la caverna, e già udiamo in corni, fagotti e contrabbassi levarsi il tema del drago, che culmina nei soliti rintocchi del timpano (tema dei Giganti, qui il tritono SIb-MI). Adesso te lo sveglio, dice ad Alberich, ed ancora il tema del drago si ode in clarinetto basso, fagotti e contrabbassi, con un’accelerazione che porta nuovamente ai cupi rintocchi dei timpani, ma qui con una sottilissima, quasi maniacale (chè l’orecchio fatica a coglierla) variazione timbrica: i timpani suonano le prime tre note e la quinta e ultima del motivo dei Giganti (sul SOL) mentre la quarta è emessa da un DO# pizzicato dei contrabbassi!

Altra perfida trovata di Wagner: il doppio richiamo di Wotan (Fafner!... Fafner!) è cantato pure sul tritono (DO#-SOL, discendente) e in effetti sono qui convenuti tre individui che hanno la coscienza piuttosto sporchina (vedremo tra poco anche Alberich esprimersi per tritoni). Timpani e contrabbassi ancora si distribuiscono il motivo dei Giganti (qui il tritono LA-MIb, per quattro volte) mentre Alberich, più sbalordito che incredulo (due volte udiamo nei violoncelli il suo motivo dell’annientamento) si chiede se a Wotan abbia dato di volta il cervello…

E Fafner finalmente si sveglia. La sua voce deve arrivare dal fondo della scena,  attraverso un potente megafono(2). Chi mi disturba il sonno? si domanda il bestione, di cui udiamo per la prima volta la voce, e che sempre si esprime in tritoni (qui SOL-DO#, quasi a concatenarsi al richiamo di Wotan). Il quale sponsorizza (!) Alberich, presentandolo al drago come uno che gli annuncia sventure, ma può anche evitargliele, in cambio del tesoro… Wotan tende l’orecchio verso la caverna, ma è Alberich il più interessato alla risposta di Fafner, come ci testimoniano tre ricorrenze, in contrabbassi e violoncelli, del suo motivo dell’annientamento!

I timpani (tritono DO-FA#) fanno udire per due volte il motivo dei Giganti, mentre Fafner chiede (FA#-DO) cosa voglia l’intruso.

Ed allora è Alberich, ringalluzzito e speranzoso, che prende in mano le redini della trattativa, accelerando improvvisamente il ritmo: attento, Fafner, un forte eroe si avvicina per farti secco!

Ancora i timpani (DO-FA#) per due volte, a sottolineare la risposta greve e proprio animalesca, del drago: ho fame di lui!

Ora è Wotan – quale antenato di Siegfried e quindi il più titolato per vantarne le qualità – ad ammonire Fafner: guarda che il ragazzo è audace ed ha una spada assai affilata! (manco a dirlo, il tema della spada balena, proprio in DO maggiore, nel secondo corno.) Alberich subito gli dà il cambio (adesso sembrano davvero una coppia di amiconi con un unico obiettivo, i due nemici cosmici!) e avanza la sua sconcia proposta, col tema dell’anello che vaga, per terze, nei due clarinetti: il ragazzo ha solo in mente l’anello; lascialo in custodia a me, ed io ti evito grane, così potrai viver tranquillo quanto vorrai, badando al tuo tesoro (notare come le parole “tranquillo tu a lungo vivrai” siano a loro volta cantate da Alberich su un tritono, DO-FA#, a testimoniare dell’inaffidabilità delle assicurazioni del nano).  

Sei ritorni del motivo dell’annientamento servono ad evocare lo stato d’animo di Alberich, mentre ascolta ansioso la risposta di Fafner. Il quale, accompagnato a sua volta da cinque ripetizioni del motivo dei giganti (timpani, SI-FA per tre volte, poi su al DO-SOLb, due volte) rompe definitivamente la trattativa sullo scambio anello-sicurezza con il celebre “Ich lieg’ und besitz’: lasst mich schlafen!”(3) (me ne giaccio qui a possedere, lasciatemi dormire, tritoni FA-SI e poi DO-SOLb) cantato proprio su un colossale sbadiglio!

Wotan, che fin dall’inizio ben sapeva come sarebbe finita la pagliacciata, sghignazzando su uno spezzone del tema dell’anello (che resta a metà, perdendosi nel nulla profondo) finge di rammaricarsi con Alberich: amico, il colpo è fallito, peccato… ma almeno non mi darai più del furfante! Poi, a mo’ di commiato,  ammonisce Alberich proprio come Erda, nel Rheingold, aveva ammonito lui! Ecco infatti nei violoncelli alzarsi, in MIb, il nobile, arcano tema delle Norne, mentre Wotan, avvicinandosi amichevolmente al nano, gli regala una pillola di filosofia (ma è proprio come se stesse scaricando sul mortale nemico il proprio cruccio!): “Tutto è secondo sua maniera, e per nulla tu la puoi mutare”. Poi si appresta ad andarsene, lasciando Alberich a vedersela con Mime (con lui forse ti andrà meglio… lo irride). Quindi un ultimo ammonimento, sibillino, mentre i fiati ricordano il tema della Libertà: “quanto al resto, imparalo da te!”

Rapidamente, Wotan si volge e si allontana nel bosco, accompagnato dal tema della Spada, qui armonizzato in minore e sfociante su una settima diminuita, quasi come all’inizio del second’atto di Walküre (quando erano i gemelli-amanti Siegmund e Sieglinde a fuggire all’impazzata). E poi dai suoi arcani accordi e dallo scalpitìo del cavallo, mentre Alberich rimane lì, quasi inebetito, ad ascoltare… il corno inglese e la tromba che esalano un motivo qui apparentemente fuori luogo: quello con cui Wotan, durante lo struggente addio a Brünnhilde nel finale della Walküre, aveva cantato le sue parole Zum letzten mal, letz' es mich heut' (per l'ultima volta mi rallegri oggi…) L’incoerenza è però solo apparente, chè quell’accorato motivo introduceva, nella Walküre, la disperante presa d’atto di Wotan dell’inevitabile sua fine (All'uomo più felice splenda la sua stella: all'Eterno infelice che se ne parte, deve chiudersi) ma anche la preveggenza del trionfo di Siegfried, cui il frustrato Alberich dovrà qui assistere fra poco!

E al quale Alberich non resta che… maledire, per l’ennesima volta, la stirpe di Wotan (“frivola genìa, avida di piacere”). Per tre volte il tema della sua maledizione si erge negli ottoni, a sottolineare la sua incrollabile ostinazione: veglierò finchè l’oro rivedrà la luce, e ve la farò pagar cara! Così sbotta Alberich, su un’ennesima apparizione del motivo dell’annientamento. E corre a nascondersi in un crepaccio, mentre l’atmosfera è tornata ad essere quella del Preludio, come là caratterizzata da tre motivi: i giganti (timpani, DO-FA#), il drago (nel contrabbasso-tuba) e l’annientamento (le quartine dei contrabbassi).

Ma ora un nuovo giorno, fatale per davvero e per qualcuno, si sta preparando.
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Note:
1. Risibile è la plausibilità dell’iniziativa, ed infatti lo stesso Alberich non può non guardarla con sospetto; scontato il suo esito, non vedendosi come un gigante con le fattezze di drago ma con un cervello di gallina possa temere alcunchè da chicchessia e venire a patti cedendo una parte importante del suo patrimonio; e infine perchè, fosse positivo, l’esito farebbe prendere all’intero Ring una piega a dir poco farsesca.
2. Toh… scopriamo che Wagner ha anche inventato l’amplificazione in teatro!
3. Manco a dirlo, anche Fafner, come già Alberich, poi Wotan e Fasolt, non vuol nemmeno sentir parlare di rinuncia all’Anello. Abbastanza sorprendentemente, vedremo in Götterdämmerung che la stessa reazione caratterizzerà l’atteggiamento di Brünnhilde!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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