23 ott 2012

4.3.1.3 Siegfried, Atto III, Scena I – Wotan ed Erda: un dialogo fra sordi.

Dunque, cantando apoggiandosi prevalentemente sul tema delle Norne (cioè di Erda) Wotan spiega di essere venuto da lei, dopo aver girato il mondo in lungo e in largo (ecco gli accordi del Viandante) per "ottenere conoscenza", in pratica per chiederle lumi sul suo futuro. La lusinga, definendola l'essere più sapiente dell'universo, che conosce tutto ciò che è in Natura (bellissimo qui l'accompagnamento di violini e viole, un sensuale motivo che ne ricorda altri, in particolare quello che introduce, nella Walküre, il Winterstürme) ed è presente ovunque si vive e si pensa. Ecco perchè il dio è venuto da lei, e lo canta sul tema della Fatalità ineluttabile, prima che quello del Patto – ora come sfigurato nella seconda parte – introduca la risposta di Erda.

La quale risposta, accompagnata all'inizio ancora dagli arcani accordi negli strumentini (discesa cromatica da MI a DO) della Magìa del sonno, e poi dal suo stesso tema, è una frase fatta di tre similitudini ardite: il mio sonno è sogno, il sogno pensiero, il pensiero sapienza (!?)(1) ma poi sembra voler svicolare dalle sue responsabilità, oltre che dalle sue prerogative, cercando di spedire Wotan a far le sue domande alle Norne (mentre si alza il relativo tema) che nottetempo filano il suo sapere.

Wotan le fa osservare che le Norne operano all'interno e sotto i vincoli della realtà immanente, in pratica non hanno alcun potere di condizionare il futuro (2), che è invece ciò che a lui interessa massimamente! Non a caso udiamo, insistente, il tema dell'Anello, poiché ben sappiamo che questo è l'oggetto e insieme il supremo cruccio che occupa l'animo di Wotan, e con lui quello della Rinunzia, che incombe come un macigno. Le ultime parole di Wotan (son qui per sapere come "impedire una ruota che gira") sono poi accompagnate dal tema della Fatalità ineluttabile: ecco il tremendo stato di necessità in cui si trova il dio, stritolato dal destino immutabile, mentre lui lo vorrebbe disperatamente forzare!

Non a caso sono gli stessi temi della Fatalità e dell'Anello ad accompagnare anche la prima parte della risposta di Erda, laddove lei lamenta le interferenze delle azioni umane sul suo spirito, e ricorda la violenza da lei subita un tempo per opera di un dominatore (anche qui c'è un vago accenno alla Rinunzia!) Chi egli fosse lo sappiamo bene, ma ce lo ricorda l'orchestra intonando il tema del Walhall, qui in MIb maggiore, che adesso accompagna Erda mentre ricorda la procreazione di Brünnhilde e il destino riservato alla figlia dal padre, di scelta degli eroi per la difesa della rocca.

In questa ennesima esposizione, il tema del Walhall è assai accorciato, rispetto al suo solito; dal MIb dell'incipit – è un tono sopra il suo standard naturale, ma la cosa si spiega evidentemente con la percezione che Erda ha, o aveva ai tempi, del ruolo della figlia - modula a DO maggiore, poi a LA, ma quando Erda, cercando di dirottare Wotan da Brünnhilde, per porle le sue domande, ne loda la sapienza ecco che (evidentemente nel suo subconscio! oltre che nel suo fisico…) emerge il tema del Sonno, in LA maggiore, per tre volte (in violini primi, secondi e viole) e poi, isolato e incompleto, nei violoncelli. L'invito a Wotan è infine sottolineato dal ripetersi dell'Enigma del destino, quasi che quel Perché se lo stia domandando lei stessa!

Wotan comincia a spazientirsi di tutto questo tergiversare, e racconta(3) a Erda della brutta fine che ha fatto la loro figlia, dopo aver disobbedito al padre (a proposito dell'affaire-Siegmund); e ci ripete ciò che sappiamo da sempre: che la Valchiria fece ciò che lui avrebbe desiderato fare, ma che fu costretto a non fare a causa del tremendo stato di necessità in cui era piombato. Tutte queste considerazioni Wotan le fa mentre violoncelli e contrabbassi ripetono quasi ossessivamente un tema: quello della Giustificazione di Brünnhilde! Insomma, proprio mentre ricorda di aver punito la grave disobbedienza della giovane, addormentandola fra le fiamme, il padre - magari nel subconscio - ancora ne riconosce le profonde ragioni, perché in fondo altro non erano che le sue proprie! Uno scalpitare di cavalcata aveva ricordato la Valchiria all'opera, poi mentre Wotan racconta che la giovane adesso dorme avvolta dalle fiamme (lo fa cantando sul motivo della Punizione) e ha perso la divinità - diventando una donna qualunque (ma evidentemente di gran bellezza, visto che fa capolino uno spezzone del tema di Freia!) destinata ad essere preda dell'uomo che la sveglierà - udiamo ancora la parte finale della Rinunzia.

Ora un tocco di magìa (del mago Wagner, ovviamente). È un ultimo intervento del motivo della Giustificazione, sempre negli archi bassi, ma dove la settima ascendente si ritrasforma in seconda discendente, riportando il tema nella sfera del Patto! (come dire: ritorno dall'inconscio al conscio...) Chiude il solito Perché (l'Enigma) sulle parole di Wotan: "A che mi servirebbe farle domande sul futuro?" E non a caso ecco levarsi nei primi violini lo struggente tema dell'Addio di Wotan!

Mentre il tema compie il suo sviluppo, Erda prorompe in un'esternazione assai bizzarra, date le sue prerogative: confessa infatti la sua confusione (sic!) di fronte al mondo che "turbina alla rinfusa". Mentre ricompare in clarinetti e fagotti il tema della Magìa del sonno, lei sembra sorpresa di apprendere della punizione inflitta alla figlia.

E a questo punto, mentre nei violoncelli ricompare per quattro volte il tema della Giustificazione di Brünnhilde - che evidentemente la madre sta facendo propria - Erda rimprovera aspramente Wotan, rinfacciandogli tutte le sue colpe e i tradimenti del suo stesso Patto (il cui tema fa capolino nei fagotti) mentre l'orchestra si chiede ancora Perché? Tutta questa esternazione è caratterizzata da una musica aspra, spesso dissonante, testimonianza dell'amarezza che accompagna la constatazione di Erda sui mali che il custode della legge ha fatto infrangendo la legge medesima. E sulle parole "herrscht durch Meineid?", governa con lo spergiuro, rivolte al dio, ecco un tremendo accordo di tutta l'orchestra, mentre il canto di Erda sprofonda dal LAb acuto giù al RE sotto il rigo. E ancora sul Perché? conclude: lasciami tornare giù, a… dormire la mia sapienza.

Ma Wotan insiste, anche lui adesso agitatissimo, sul tema della Fatalità, e apostrofa Erda: tu una volta (nel Rheingold, e udiamo i temi di Erda e del Crepuscolo) hai insinuato dubbi, paure, affanni e angoscia nel mio petto! Poi, sull'incedere del tema e sugli accordi del Viandante (che evidentemente da tanto peregrinare non ha ricavato nulla di utile per la sua causa) intima, supportato dal perentorio tema del Patto e chiudendo su un dissonante MI: adesso mi devi dire come potrò liberarmene!

Erda a questo punto sbotta in un'affermazione francamente offensiva: tu non sei come ti nomini, lasciami in pace!

Wotan deve proprio essere stato punto nel vivo, se cambia repentinamente atteggiamento: da quasi disperato interrogante diventa uno sprezzante tiranno, e ribatte (ma attenzione, sul tema della fatalità…): e tu non sei ciò che credi di essere! E la tua sapienza volge al termine e si dissipa di fronte alla mia volontà! E dopo una repentina salita negli archi alti, ecco la (retorica) domanda: "ma sai tu cosa Wotan vuole?" (domanda suggellata da un secco accordo sul MI).

Accipicchia, che schizofrenico cambiamento d'umore! Ora c'è un lunghissimo silenzio, durante il quale Wotan sembra cercare e soppesare le parole giuste da pronunciare; infine sbotta: cara veggente dei miei stivali, apri bene le orecchie e ascolta cosa ti dico, e poi tornatene pure a dormire, e in eterno!

Questo invito, davvero rozzo, è però sottolineato in flauti e clarinetti dall'ampia arcata del tema (leggermente variato) delle Norne, seguito da quello del Crepuscolo; orbene, nel Rheingold quell'arco melodico aveva accompagnato il drammatico ammonimento di Erda a Wotan ("tutto ciò che è, finisce") e qui, quasi un tremendo contrappasso, Wotan lo ritorce proprio contro di lei: poiché anche il suo ruolo ha ormai perso ogni rilevanza.

Un crescendo di violini e violoncelli sulla scala di SOL minore per quasi tre ottave (dal SOL grave al SIb acuto) sfocia in un grandioso e perentorio accordo sul LAb, dopo il quale Wotan manifesta il suo nuovo programma. Proclamando la sua decisione di accettare la fine degli dèi con piena serenità, anzi, di voler essere lui stesso a guidare il processo di transizione ad un nuovo ordine cosmico. Sul suo "will" (il mio desiderio lo "vuole") esplode ancora, con quel piglio da atto imperioso quanto incompiuto, il tema della Fatalità!

Prosegue Wotan: quella decisione che fino ad ora mi aveva straziato anima e corpo, e che avevo preso sotto un tremendo stato di necessità, adesso io la metto in atto liberamente! Il tema della fatalità si trasforma dal cupo SOL minore a LAb maggiore (sulle parole "und freudig", salita SOL-FA-MIb, "frei ich nun aus", discesa REb-DO-SIb-LAb).

E qui è proprio come se in un locale semibuio e con l'aria irrespirabile venisse spalancata un'enorme finestra, che ci apre la vista su uno splendido panorama e ci lascia investire da una folata d'aria purissima: in orchestra, all'improvviso, fortissimo, nasce un nuovo, stupefacente tema ("è come fosse una nuova religione" ebbe a descriverlo Wagner stesso) detto dell'Eredità del mondo, che è di un diatonismo solare, lontano le mille miglia dal Tristan.

Sarà il tema su cui chiuderà nel massimo splendore questa seconda giornata del Ring. Un tema che percorre all'inverso, salendo dal basso all'alto, quello del Patto: in poche parole, ecco il nuovo Ordine, che rimpiazza - e in che modo straordinario! - il vecchio.

Wotan ricorda, sul serpeggiare della sezione finale della Rinunzia, quella quasi blasfema "benedizione del Nibelungo" da lui celebrata nel più cupo sconforto durante il colloquio-soliloquio con Brünnhilde nel second'atto della Walküre. Ma adesso le cose sono decisamente cambiate, c'è Siegfried, che ha lo stesso DNA di Wotan, ed è lui l'eroe destinato a raccoglierne l'eredità. E allora ecco che sorgono in orchestra ben quattro motivi a chiarirci il concetto: quello di Siegfried, in corni e tromboni, contrappuntato dagli oboi con quello della Fatalità (doveva essere proprio così…); poi quello – ampliato - della Spada, in tromba bassa e tromboni, contrappuntato da quello del Walhall in corni e strumentini (sembra proprio la chiusura del cerchio, dopo un lungo cammino iniziato dal lontano finale del Rheingold!)

Scelto da me (lo canta su una reminiscenza dei Wälsi) anche se lui mai mi ha conosciuto, Siegfried in pieno libero arbitrio ha conquistato l'Anello (di cui udiamo il tema, reiterato, insieme a quello della Spada, che è servita all'impresa) ma è esente dalla maledizione che grava su chi lo possiede, poiché lui non conosce la paura.(4)

Qui il tema di Siegfried si fa udire nelle trombe, poi sfuma e modula mirabilmente su quello dell'Amore (DO-SI-FA-LA) nei primi violini, ripreso poi dall'oboe, perché ora Wotan passa a parlare (anzi, a cantare…) della figlia che ha in comune con Erda, la quale, da Siegfried risvegliata, lo affiancherà nell'operare "l'impresa redentrice del mondo" (restituire l'Anello al Reno, evidentemente)(5). Su queste ultime parole torna, qui in forma assai più ampia che nella prima apparizione, il tema dell'Eredità del mondo, prima il SOL maggiore, poi modulando a RE maggiore.

Il suono, dopo l'enfasi precedente, si affievolisce, poiché adesso Wotan si appresta al definitivo commiato da Erda. Tornatene pure a dormire, e guarda in sogno la mia fine! Qualunque cosa facciano i due predestinati, io cedo il passo all'eterna giovinezza. E ancora il motivo dell'Eredità, tornato in SOL maggiore, pone il sigillo a questo proclama.

Su un'ennesima ricomparsa del tema della Fatalità contrappuntato dal Perché?, Wotan rispedisce Erda al suo sonno (ora davvero) eterno.
___
Note:
1. Anche qui Wagner anticipa intuizioni del dottor Freud. 
2. Dalle saghe sappiamo che Skuld, la Norna più giovane, è solo depositaria del futuro, senza poterlo cambiare. 
3. Ma c'è proprio bisogno di informare l'onnisciente di fatti che lei dovrebbe conoscere a menadito? Pare quasi che fra postulante e sibilla i ruoli qui si ribaltino!
4. Abbiamo già osservato come in realtà Wotan abbia messo lo zampino (anzi, lo… zampone!) in tutte le vicende recenti di Siegfried, e in fondo il dio qui si sta contraddicendo, confessando la sua "scelta". Inoltre, l'assenza di paura non sarebbe certo una ragione sufficiente per esentare Siegfried dalla maledizione di Alberich (nemmeno Fafner conosceva la paura, da quanto abbiamo potuto capire).   
5. Anche qui Wotan sembra non avvertire una chiara contraddizione nei suoi ragionamenti: se Siegfried è immune dalla maledizione, perché ignaro di tutto, altrettanto non può dirsi di Brünnhilde, alla quale proprio lui, Wotan, ha spifferato tutta la verità nel secondo atto della Walküre. E infatti vedremo nel primo atto di Götterdämmerung quanto poco la ex-Valchiria sarà disponibile a compiere l'impresa redentrice.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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