29 mag 2013

5.1.1.3 Götterdämmerung – Prologo (I): le Norne raccontano - I.

Ecco quindi la prima Norna iniziare il suo primo racconto, con gli archi a ripetere il motivo del Filo e poi i clarinetti quello delle Norne, ma in MIb maggiore, l’Alba del mondo, poiché nel racconto si torna davvero alle origini, a tempi anteriori addirittura al Rheingold… Racconto che ha per oggetto lo scenario del frassino del mondo (Yggdrasil)(1) con annessa fonte della sapienza(2), luogo presso il quale la Norna più antica usava tessere il suo filo.

Maestoso davvero il tema che evoca dapprima l’Yggdrasil e poi la fonte, caratterizzato da modulazioni e orientato alla sensibile, il che è appropriatissimo ad evocare ricordi lontani, dolci e struggenti, propri del tempo che fu: dal MIb maggiore precedente il tema principia in MIb minore, percorrendone in discesa la triade fondamentale (MIb-SIb-SOLb, sulla parola “Weltesche”, il frassino) per poi scendere ancora e risalire (MIb-SOLb-SIb, sulle parole “web ich einst”, un tempo tessevo) col SIb armonizzato come sensibile di DOb. Sulla quale tonalità udiamo le parole “da gross und stark dem Stamm entgrünte…”, quando immensa e possente dal tronco verdeggiava…, che si muovono da dominante a sensibile, a sopratonica e parrebbero dover sfociare nella tonica. Invece, ecco una nuova modulazione: la sensibile SIb diviene tonica, e le parole “…weihlischer Äste Wald”, una fronda di sacri rami, sono cantate salendo dalla dominante FA alla tonica SIb, quindi in arco (sopratonica, mediante, sopratonica) tornano al SIb. L’armonizzazione è inconfondibile, e viene confermata dalla risposta dei fiati che suggellano la frase: la chiusa del Walhall (tra pochissimo capiremo perché…)

Ora è la fonte ad essere ricordata dalla prima Norna, partendo dal FA e salendo due volte alla tonica SIb e da qui alla mediante RE (“Im kühlen Schatten rauscht ein Quell”, in fresca ombra frusciava una fonte) che però trasforma quel RE in sensibile di MIb. Qui, sui versi “Weisheit raunend rann sein Gewell” (sussurrando saggezza scorrevan le sue onde) si ripete il tema dell’Yggdrasil: discesa sulla triade di MIb minore e risalita al SIb, che diviene sensibile del DOb con cui si chiude la frase, ancora suggellata dai fiati con la chiusa del Walhall.

Ma prima di occuparci di Wotan sarà il caso di riflettere un attimo sulla struttura del tema dell’Yggdrasil, poiché ne derivano conseguenze enormi. Dunque, un tema che scende per tre intervalli (una quarta e due terze) e poi risale per due terze: ce n’è abbastanza per farci ricordare qualcosa di importante, e precisamente la premiata coppia Anello-Walhall! Ma allora: vuoi vedere che i due peccati originali (di Alberich e di Wotan) che in quegli oggetti trovano la loro materializzazione, erano già presenti, in germe e in potenza, nella materia originaria dell’Universo?(3) Altro che stucchevoli ripetizioni: qui con la tecnica dei Leitmotive Wagner scrive addirittura testi di filosofia!

Torniamo alla prima Norna: adesso comprendiamo bene la ragione del suo richiamo alla rocca di Wotan: perché qui si parla proprio di lui. Infatti la pace e la tranquillità di quell’Eden in cui lei viveva nell’illusione di tessere il filo di un destino sereno, anche se probabilmente piatto e monocorde, vennero rotti un giorno dal dio (che forse non era ancora dio(4) …) che arrivò per bere a quella fonte, cedendo un occhio in cambio di qualche sorso di sapienza(5). Questo particolare del ricordo della Norna è supportato da una sottile modulazione enarmonica (da DOb a SI naturale) che ha introdotto un chiaro inciso (sopratonica-tonica) dal tema del Walhall.

Poi si scende, di plaga in plaga (sembrerebbe, di disgrazia in disgrazia!) lungo il circolo delle quinte, da SI a MI a LA, a RE, a SOL (ancora un'allegoria dello sviluppo della musica!) quando la Norna ricorda di Wotan che recide un ramo del grande frassino, per farci l’asta della sua lancia (qui una variante del tema del Patto compare inevitabilmente in fagotti e archi bassi). Si torna a DOb e la Norna racconta di come l’albero sacro ne soffrì al punto da avvizzire lentamente, fino a rinsecchire del tutto, mentre anche la fonte cominciò ad esaurirsi. Manco a dirlo, è il tema del Crepuscolo a sottolineare questi amari ricordi.

La prima Norna conclude la sua prima esternazione, seguita dal tema dell’Yggdrasil, che qui però, dopo la risalita, resta armonizzato sulla dominante di MIb minore (l’albero non solo non mette più foglia, ma sta proprio rinsecchendo): oggi, invece che all’ombra del grande frassino, mi tocca filare sotto un abete (e gli archi ripetono il tema del Filo). Sorella, sai tu cosa successe di recente?

E su questa domanda, che ricorrerà nel seguito (“weiss du wie das wird?”, sai che ne sarà?) risentiamo nei fiati un motivo capitale: nientemeno che quello del Presagio di morte! Era apparso, insieme a quello dell’Enigma, al momento dell’incontro di Brünnhilde con Siegmund. Adesso, chi ne sarà il destinatario? Siegfried? Brünnhilde? Wotan? O tutti quanti insieme? Insomma, il futuro prossimo si prospetta davverio infausto!

La seconda Norna ci ragguaglia quindi sui più recenti sviluppi del caso: su quell’asta della sua lancia Wotan aveva inciso le Rune dei Patti con cui governare il mondo, e gli archi bassi cominciano ad esporre il tema della Potenza degli dei (lo avevamo udito per la prima volta nel Siegfried, a supportare il racconto del Viandante a Mime) tema che si intreccia con quello del Patto; tema che qui ha però un che di agitato, incerto, boccheggiante, barcollante come il Viandante strapazzato da Siegfried; insomma, è come avesse perso la sua solenne prosopopea (ecco ancora l’effetto di una sottile variazione dei Leitmotive!)

E ne conosciamo bene la ragione, essendo stati testimoni delle vicende del Siegfried, ragione che la Norna comunque ci rammenta: quell’asta così autorevole e sacra è stata or ora spezzata da un giovane audace, e così Wotan ha ordinato ai suoi eroi l’abbattimento dell’albero(6). Alla citazione del Walhall, in cui Wotan siede con dèi ed eroi, gli strumentini cercano invano e per due volte di ricordarcene il tema, riuscendo però solo a storpiarne le prime due battute (!) tanto quel mondo è messo male…

Anche la vicina fonte è completamente inaridita: il tema dell’Yggrasil risuona ancora, adesso in DO minore, sulla cui mesta armonia (di oboi e corno inglese) continua però a rimanere (dopo la risalita al SOL) segno del suo perdurante avvizzimento.

Mentre gli archi ne ripetono il motivo, la seconda Norna avvolge il Filo ad uno spuntone di roccia, poi invita la terza a dire la sua. Lo fa appoggiandosi ancora al tema del Presagio di morte, precisamente un semitono sopra rispetto a quello della prima, che le aveva lanciato il filo.

Tocca quindi alla terza Norna anticiparci il futuro dell’intera vicenda. Dapprima ci ricorda la rocca fatta costruire da Wotan ai Giganti: qui la tromba bassa e poi i tromboni, infine le trombe, espongono un inciso che pare venire dal tema della Spada (che si accompagna, come arma di offesa, al bastione difensivo del Walhall) ma ne è appunto solo uno spezzone, mentre il tema del Crepuscolo – invero rabbrividente, in tremolo, nei violini - si associa al nome di Wotan che siede con i suoi nella sua dimora dove ha fatto accatastare i  ceppi del frassino abbattuto.

Il racconto è sottolineato ancora dal tema della Potenza degli dei, che sfocia poi in quello dell’Yggdrasil, qui tornato (in MI minore) all’antico splendore (“Die Weltesche war diess einst!”, questo era un tempo il frassino del mondo). Ma ecco che le semicrome ondeggianti di Loge ci preannunciano l‘ineluttabile fine: la catasta prende fuoco e le fiamme divorano il mondo degli dèi. Drammatica la salita del canto (“sengt die Glut sehrend den glänzenden Saal”, la vampa arde e consuma la splendente sala) al SOL#, mediante di MI maggiore dove la tonalità ha modulato dal precedente MI minore. E un’ulteriore modulazione ci porta al RE, mentre il primo spezzone del tema del Walhall nei legni, accompagnato dal Crepuscolo nei violini, supporta il canto della Norna che ci avverte che la fine degli eterni dèi è ormai alle viste.

Le tubette esalano ora l’eterno tema dell’Enigma del destino, imitate subito dall’oboe, prima che la terza Norna, accompagnata negli archi dal relativo tema, rispedisca il Filo alla seconda, e da qui alla prima. Due seconde minori (corno inglese e corni) suggellano in modo rabbrividente questo primo racconto.  
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Note:
1. Come detto, nella Siegfrieds Tod non vi erano accenni al peccato di Wotan, nè al finale incendio del Walhall, poichè la conclusione dell'opera era trionfalistica: Siegfried e Brünnhilde ascendono al Walhall, accoltivi in pompa magna da Wotan&C.
2.Nelle Saghe è detta di Mimir (o Mimer) dal nome del personaggio che ne è una specie di custode e che, bevendo ogni giorno idromele fatto con quell’acqua, ha acquisito sapienza oltre ogni umana possibilità. Secondo le leggende, Mimir sarebbe fratello di Bestla, la madre di Odin, quindi zio del capo degli dei.
3. Si è già ricordato come i racconti mitologici (nordici, ma anche greci) descrivano scenari primordiali addirittura apocalittici, mostrandoci un universo congenitamente malato. 
4. Dalla lettura della Hávamál (Stanze 140-141) dovremmo dedurre che Odin acquisisca le piene prerogative di dio proprio dopo aver bevuto l'idromele di Mimir (lì individuato non per nome, ma come zio di Odin).
5. Wagner non nomina mai Mimir, e non ci rivela il motivo per cui Wotan dovette cedergli un occhio per bere alla fonte della sapienza. Le saghe ci raccontano che solo a questa condizione Mimir consente ad Odin(Wotan) di bere il suo idromele per  acquisire sapienza. Sempre dalle saghe si dovrebbe dedurre che in realtà Odin cerchi presso Mimir la conoscenza del suo futuro e della sua sorte, il che renderebbe quel rapporto più simile a quello wagneriano di Wotan con Erda. Piuttosto, notiamo qui una delle tante incongruenze cui Wagner non potè sfuggire, data la gigantesca mole della sua opera. Abbiamo appreso, dapprima nel Rheingold e poi nella Walküre (scritti successivamente a Götterdämmerung) che Wotan cedette un occhio per avere in moglie Fricka. Nulla di ciò si riscontra nelle Saghe e questa è una delle tante invenzioni – certamente suggestiva e soprattutto magistralmente sfruttata - di Wagner, che però si è scordato di renderla coerente con il testo dell’ultima giornata, scritto in precedenza e in stretta osservanza di particolari, come questo di Mimir, desunti direttamente dalle Saghe.
6. Ciò ci verrà confermato in dettaglio da Waltraute, nella terza scena del primo Atto.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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