21 ott 2012

4.3.1.2 Siegfried, Atto III, Scena I – Wotan dà la sveglia a Erda.

 
A malapena spenti i severi richiami del Patto, il dio, appoggiato alla sua lancia, grida verso l'antro: Wache Wala(1)! Wala! Erwach! Su, svegliati, balena (!)(2) Lo fa cantando un nuovo tema, detto della Fatalità ineluttabile, un motivo che dopo un'iniziale discesa ha un'impennata (qui sul secondo Wala) di un intervallo di nona e poi, dopo una lieve ricaduta, ha un nuovo sussulto, una terza minore ascendente (sull'Erwach!) Un motivo che risentiamo subito dopo, dapprima in orchestra (sulle parole Herauf! Herauf!) e alla fine del richiamo di Wotan, nella voce (Ewiges Weib! Wache, erwache, du Wala…) Un tema che evoca eroismi e sconfitte, che sembra quasi voler dire: io ce l'ho messa tutta, ma accidenti… qualcosa è andato storto… però forse c'è ancora rimedio, chissà…

Alla lettera, l'invocazione è quanto di più pleonastico si possa immaginare (lo stesso concetto – su, svegliati, io canto il canto del tuo risveglio, quindi sorgi ed emergi dal profondo… e così via - è ripetuto più e più volte volte) ed è zeppa di cacofonie (il che torna assai utile alla Stabreim…) oltre che di tono assai retorico. Ma è la musica che si incarica di impreziosirla, con il richiamo agli arcani accordi del Viandante, ma addirittura - sulle parole "Ewiges Weib! Aus heimischer Tiefe", Eterna Donna, dal profondo natìo – con una mirabile sintesi del tema dell'Elemento primordiale, di certo associabile ad Erda, con un frammento di quello di Siegfried!

Quindi è il tema del Patto, ancora e sempre, reiterato due volte e con un rallentamento progressivo, a chiudere l'autoritaria invocazione: scendendo dal RE al DO# della seconda ottava sottostante, sembra proprio rimbombare fin giù nel profondo del sottosuolo per intimare ad Erda il risveglio.

E subito arcani accordi degli strumentini, che scendono cromaticamente dal FA al DO# - sullo stesso DO# tenuto del timpano, che ha prolungato l'ultima nota del Patto – e che rappresentano (tema della Magìa del sonno) il suo stato di perdurante torpore, accompagnano l'emergere di Erda dal fondo della caverna, che si è illuminata (proprio come nel Rheingold) di una luce azzurrina. Erda si chiede chi e cosa l'abbia ridestata dal suo eterno - anzi precisamente: dal suo sapiente - sonno. Lo fa (iniziando con "Stark ruf das lied", forte chiama il canto) su una continua discesa del tema della Magìa del sonno, prima negli archi (DO#-DO-SI-SIb-LA) poi nei fiati (LA-SOL#-SOL-FA#-MI#) poi ancora negli archi (FA-MI-MIb).

Prima che parli Wotan, sono oboi e clarinetti, poi i corni, a chiarire a lei e a noi la ragione profonda del suo forzato risveglio: sì perché intonano, ancora una volta, il tema dell'Enigma del destino, quell'eterno perché che ci assilla tutti fin dalla Walküre. Un perché che ora non dà pace a Wotan, che cerca - e qui quasi esige da Erda – una risposta, e non solo al perché, ma anche e soprattutto al... percome!

Anche questo dialogo - che in realtà vedremo essere un "dialogo fra sordi" - che intercorre fra il Viandante ed Erda(3) serve da ricapitolazione di fatti e concetti a noi ormai noti, ma soprattutto da riproposizione di temi musicali familiari, sottilmente variati in funzione della circostanza. Vi contempleremo – ammirati – anche la nascita di un nuovo, stupendo tema.   
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Note: 
1. Wala è sinonimo di Völva, la mitica veggente nordica. Wagner prende lo spunto per la visita di Wotan ad Erda, in cui il dio chiede alla onnisciente lumi sul futuro, direttamente dalla Völuspa dell'Edda Antica. Nella prima strofa, la Völva proclama: "Secondo la tua volontà, o Valföðr (Odin) io racconterò delle più antiche vicende umane". Peraltro, qui Erda nulla rivelerà di quanto Wotan già non conosca, o paventi.
2. Non è un'offesa, né significa che Erda sia obesa! Il termine Wala rappresenta anche una grossa balena (Walfisch) il più grande mammifero che popola l'orbe terracqueo, quindi la madre di tutte le madri.  
3. Da un punto di vista concreto, l'incontro fra Wotan ed Erda sortisce un risultato praticamente nullo, anzi appare quasi una sconclusionata pantomima: Erda non rivelerà alcunchè di nuovo e Wotan, da parte sua, dopo aver per tre volte chiesto lumi sul suo futuro, affermerà infine di non necessitare di profezie e oracoli, avendo ormai preso irrevocabili decisioni.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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