Il
breve preludio (50 battute in vivace
prima dell’alzata del sipario e 72 prima che entri il canto delle ninfe) ci
deve introdurre i personaggi che saranno protagonisti della prima scena:
Siegfried, le tre Rheintöchter e... il Reno(1). Ma vi trovano posto anche un
fugace quanto sbifido riferimento ai Ghibicunghi (che qui sono, in fin dei
conti, padroni di casa solo apparentemente accoglienti) e un paio di comparse
del tema della schiavitù, per non
farci scordare che la sera precedente un improvvisato tribunale aveva
deliberato nientemeno che la morte di Siegfried.
É
in corso la battuta di caccia organizzata da Hagen al preciso scopo di crearsi
il pretesto e l’occasione per far secco l’eroe ed impossessarsi dell’anello.
Wagner non si sogna nemmeno di mettere in scena un evento così prosaico (considerato
teatralmente una degenerazione da grand-opéra... lui già aveva quasi esagerato
con i cori ghibicunghi dell’Atto II): gli preme invece di sviluppare – per
portarlo alle sue estreme conseguenze – il rapporto di Siegfried con l’Anello,
creando la condizione necessaria e sufficiente a determinare la fine dell’eroe.
Il quale, lo sappiamo, finchè rimanesse ignaro della maledizione (di Alberich)
che grava sul prezioso manufatto, non ne potrebbe divenire vittima. E allora è
necessario che qualcuno (le ninfe, nella fattispecie) lo renda edotto del
pericolo: e proprio di questo ci apprestiamo ad essere testimoni.
La
scena è organizzata in tre sezioni: preludio, lamento-implorazione delle Ninfe
e confronto-scontro fra queste e Siegfried. Il preludio viene eseguito per una
buona parte a sipario chiuso: sono i quattro corni dispari in orchestra (1-3-5-7) a scandire, in FA maggiore, il
motivo di base del Grido del fanciullo
della foresta (che si sospende sulla dominante superiore DO); gli fa eco un
corno solo sulla scena, che sviluppa il tema di una battuta, scendendo poi sul
DO sottostante. Su quel DO tenuto gli archi bassi scendono cupamente, per 8
semicrome, dal SOL al FA# sottostante, dove incontrano sulla stessa nota gli
ottoni gravi, mentre violini secondi e viole si aggiungono sul DO: ecco un
accordo di tritono che la dice lunga
sull’atmosfera che ci circonda. E su quell’accordo i tromboni in sforzato esalano il tema della schiavitù (REb-DO) seguiti subito dal lugubre
DO dello Stierhorn (sulla scena,
lontano) e quindi dal corno in DO (pure sulla scena, lontano) che ci ricorda il
grido di nozze ghibicungo. Insomma,
tutti gli ingredienti del dramma imminente, ribaditi ancora (schiavitù, Stierhorn e grido di nozze)
prima che l’orchestra degradi il FA# a FA, creando con il DO una quinta vuota
sulla quale ancora il corno solo in scena ripropone il grido di Siegfried, ora ampliato al massimo e poi adagiantesi (in corona puntata) su un LA grave, mediante
del FA che accoglie... le acque del fiume!
Riudiamo
infatti qui il motivo dell’elemento
primordiale, che era emerso a battuta 17 del Rheingold dal tappeto MIb-SIb
(quinta vuota) di contrabbassi e fagotti. Ma la sequenza degli otto corni che
lo espongono è assai diversa da quella udita allora: intanto la tonalità è di
un intero tono più alta, FA invece di MIb maggiore, essendosi adeguata a quella
del corno di Siegfried, potremmo dire: imborghesita. Poi il tappeto sottostante
è assegnato ai soli contrabbassi, che suonano due FA in ottava, al posto della
quinta vuota; ancora, l’intera reminiscenza si riduce, da 32, a sole 9 battute
nelle quali gli 8 corni (le cui entrate si invertono, da 1 a 8) suonano una
sola volta il tema, che viene compresso in sole 2 battute di 9/8 (invece che in
4 di 6/8) assumendo quindi un andamento più nervoso (semicrome invece di crome)
caratterizzato da una contrazione di più della metà della durata totale (da 192
a 81/8) del brano, contrazione accentuata ulteriormente dal tempo (qui Lebhaft, là Ruhig) e dagli ingressi dei corni a canone in progressivo
restringimento. Insomma, persino il fiume pare aver perso l’antica e placida
solennità e stia in agitazoine, prrparandosi al peggio!
Siamo
però soltanto a battuta 28 del preludio. Seguono ora 7 battute, sempre in FA,
dove i fiati, sulle veloci semicrome degli archi che evocano l’ondeggiare del
fiume, ci ricordano il Canto delle Figlie
del Reno, ma ancora una volta (proprio come nel Rheinfahrt) nella sua versione dolente, quella cantata dalle ninfe
sconsolate alla fine del Rheingold. Immediatamente seguono, quasi sovrapposti,
il motivo del grido di nozze
ghibicungo (in DO, nel corno sulla scena) e la seconda sezione di quello dell’Oro, sempre in DO, nella tromba bassa.
Quindi riecco il grido di Siegfried
(corno sulla scena) cui risponde, nella tromba, ancora l’Oro (sempre seconda sezione). Insomma, in poche battute musicali
troviamo il rimpianto delle ninfe per l’oro, che adesso è in possesso di
Siegfried, ma al quale lo contendono i Ghibicunghi (Hagen, in particolare)!
Le
restanti 12 battute prima dell’alzata del sipario servono da introduzione al
motivo che fra poco udremo, nella sua forma completa, accompagnare un nuovo
canto delle tre Figlie del Reno. Ne espongono dapprima uno spezzone i violini e
le viole: parte dal SOL raggiunto poco prima dalla tromba (qui sopratonica di
FA) e vi ritorna dopo essere sceso alla sensibile MI con due increspature
cromatiche; lo ripetono subito due clarinetti, quindi lo riprendono gli archi
alti e lo sviluppano ulteriormente, fino a farlo degradare, sempre con le
increspature cromatiche, sulla sottostante sesta (RE). Qui il sipario si alza e
i tre clarinetti espongono per intero il nuovo tema detto del Grido di allegria delle Figlie del Reno,
le quali sono comparse in mezzo ai flutti, dove eseguono figurazioni che oggi
chiameremmo di nuoto sincronizzato.
Osserviamo
come si presenta questo nuovo tema: le sue note caratterizzanti sono il sesto e
il secondo grado della scala di FA (RE e SOL) il che conferisce alla melodia un
carattere vagamente ambiguo, allo stesso tempo sereno ma anche languido e
venato da un filo di malinconia: al contrario dell’ingenuo e innocente “Weia!
Waga!” del Rheingold, tutto imperniato sulla scala pentatonica. Tema quindi
mirabilmente atto ad evocare lo stato d’animo delle tre ninfe, che non hanno
certo problemi di... sopravvivenza, ma alle quali manca ormai da tempo la
delizia dell’oro attorno al quale intrecciavano le loro spensierate evoluzioni
subacquee.
Motivo
in apparenza semplice ed orecchiabile, ma in realtà dotato di una struttura
abbastanza complessa. Nella sua esposizione da parte dei clarinetti al levar
del sipario si presenta in 22 battute (9/8) suddivise in due macro-sezioni di
contenuto simile ma non identico (10 e 12 battute) come qui sotto
esemplificato:
Sezione
1
a (2 battute): dalla sesta (RE, dove si erano interrotti gli
archi) piomba sulla tonica e risale alla sesta per gradi congiunti; il
procedimento è ripetuto pari-pari;
b (4 battute): per tre volte sale da sesta a tonica e scende
alla dominante; da qui scende ulteriormente alla sopratonica sottostante e poi,
per gradi congiunti, risale di un’intera ottava, al SOL;
c (4 battute): riprendendo la sezione
esposta prima dell’alzata del sipario, scende con le increspature cromatiche
fino alla sesta RE.
Sezione
2
a (2 battute): dalla sesta piomba sulla tonica e risale alla
sesta per gradi congiunti; il procedimento è ripetuto ma scendendo solo alla
mediante, da cui risale quindi per gradi congiunti alla tonica;
b (4 battute): per tre volte sale da tonica a mediante e
scende alla dominante; da qui scende ulteriormente alla sopratonica sottostante
e poi, per gradi congiunti, risale di una nona, fino alla mediante superiore
LA;
c (6 battute, a mo’ di cadenza):
riprendendo la sezione esposta prima dell’alzata del sipario, scende con le
increspature cromatiche fino alla tonica.
Come
si vede, il tema potrebbe tranquillamente reiterarsi all’infinto... è quindi
perfettamente appropriato a sottolineare i movimenti a carola(2) delle tre ninfe e il gorgoglio delle acque del grande
fiume. Nel seguito lo riudremo sia in questa forma (quasi) completa, ma
troveremo anche spezzoni di esso ad accompagnare dapprima il canto delle ninfe
e successivamente il loro drammatico scambio di battute con Siegfried.
___
Note:
1.
Questo vero e proprio “personaggio” (non per nulla è padre!) apre e chiude l’intero Ring. Nel mito wagneriano il fiume
occupa indubbiamente un posto di rilievo: è lui a conservare il più ricco
tesoro dell’universo, è lì che nasce la vita, è lì dove viene commesso il
primo, grande peccato, è sulle sue sponde che si sviluppa una improbabile e
rozza civiltà (i Ghibicunghi). E infine, è il Reno - lo vedremo fra non molto -
che interverrà a “ripulire il mondo” da peccati e peccatori.
2.
Così Manacorda traduce il wagneriano Reigentanze.
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