23 lug 2016

5.4.1.0 Götterdämmerung: Atto III – Preludio alla catastrofe.


Il breve preludio (50 battute in vivace prima dell’alzata del sipario e 72 prima che entri il canto delle ninfe) ci deve introdurre i personaggi che saranno protagonisti della prima scena: Siegfried, le tre Rheintöchter e... il Reno(1). Ma vi trovano posto anche un fugace quanto sbifido riferimento ai Ghibicunghi (che qui sono, in fin dei conti, padroni di casa solo apparentemente accoglienti) e un paio di comparse del tema della schiavitù, per non farci scordare che la sera precedente un improvvisato tribunale aveva deliberato nientemeno che la morte di Siegfried.

É in corso la battuta di caccia organizzata da Hagen al preciso scopo di crearsi il pretesto e l’occasione per far secco l’eroe ed impossessarsi dell’anello. Wagner non si sogna nemmeno di mettere in scena un evento così prosaico (considerato teatralmente una degenerazione da grand-opéra... lui già aveva quasi esagerato con i cori ghibicunghi dell’Atto II): gli preme invece di sviluppare – per portarlo alle sue estreme conseguenze – il rapporto di Siegfried con l’Anello, creando la condizione necessaria e sufficiente a determinare la fine dell’eroe. Il quale, lo sappiamo, finchè rimanesse ignaro della maledizione (di Alberich) che grava sul prezioso manufatto, non ne potrebbe divenire vittima. E allora è necessario che qualcuno (le ninfe, nella fattispecie) lo renda edotto del pericolo: e proprio di questo ci apprestiamo ad essere testimoni. 

La scena è organizzata in tre sezioni: preludio, lamento-implorazione delle Ninfe e confronto-scontro fra queste e Siegfried. Il preludio viene eseguito per una buona parte a sipario chiuso: sono i quattro corni dispari in orchestra (1-3-5-7) a scandire, in FA maggiore, il motivo di base del Grido del fanciullo della foresta (che si sospende sulla dominante superiore DO); gli fa eco un corno solo sulla scena, che sviluppa il tema di una battuta, scendendo poi sul DO sottostante. Su quel DO tenuto gli archi bassi scendono cupamente, per 8 semicrome, dal SOL al FA# sottostante, dove incontrano sulla stessa nota gli ottoni gravi, mentre violini secondi e viole si aggiungono sul DO: ecco un accordo di tritono che la dice lunga sull’atmosfera che ci circonda. E su quell’accordo i tromboni in sforzato esalano il tema della schiavitù (REb-DO) seguiti subito dal lugubre DO dello Stierhorn (sulla scena, lontano) e quindi dal corno in DO (pure sulla scena, lontano) che ci ricorda il grido di nozze ghibicungo. Insomma, tutti gli ingredienti del dramma imminente, ribaditi ancora (schiavitù, Stierhorn e grido di nozze) prima che l’orchestra degradi il FA# a FA, creando con il DO una quinta vuota sulla quale ancora il corno solo in scena ripropone il grido di Siegfried, ora ampliato al massimo e poi adagiantesi (in corona puntata) su un LA grave, mediante del FA che accoglie... le acque del fiume!

Riudiamo infatti qui il motivo dell’elemento primordiale, che era emerso a battuta 17 del Rheingold dal tappeto MIb-SIb (quinta vuota) di contrabbassi e fagotti. Ma la sequenza degli otto corni che lo espongono è assai diversa da quella udita allora: intanto la tonalità è di un intero tono più alta, FA invece di MIb maggiore, essendosi adeguata a quella del corno di Siegfried, potremmo dire: imborghesita. Poi il tappeto sottostante è assegnato ai soli contrabbassi, che suonano due FA in ottava, al posto della quinta vuota; ancora, l’intera reminiscenza si riduce, da 32, a sole 9 battute nelle quali gli 8 corni (le cui entrate si invertono, da 1 a 8) suonano una sola volta il tema, che viene compresso in sole 2 battute di 9/8 (invece che in 4 di 6/8) assumendo quindi un andamento più nervoso (semicrome invece di crome) caratterizzato da una contrazione di più della metà della durata totale (da 192 a 81/8) del brano, contrazione accentuata ulteriormente dal tempo (qui Lebhaft, là Ruhig) e dagli ingressi dei corni a canone in progressivo restringimento. Insomma, persino il fiume pare aver perso l’antica e placida solennità e stia in agitazoine, prrparandosi al peggio!

Siamo però soltanto a battuta 28 del preludio. Seguono ora 7 battute, sempre in FA, dove i fiati, sulle veloci semicrome degli archi che evocano l’ondeggiare del fiume, ci ricordano il Canto delle Figlie del Reno, ma ancora una volta (proprio come nel Rheinfahrt) nella sua versione dolente, quella cantata dalle ninfe sconsolate alla fine del Rheingold. Immediatamente seguono, quasi sovrapposti, il motivo del grido di nozze ghibicungo (in DO, nel corno sulla scena) e la seconda sezione di quello dell’Oro, sempre in DO, nella tromba bassa. Quindi riecco il grido di Siegfried (corno sulla scena) cui risponde, nella tromba, ancora l’Oro (sempre seconda sezione). Insomma, in poche battute musicali troviamo il rimpianto delle ninfe per l’oro, che adesso è in possesso di Siegfried, ma al quale lo contendono i Ghibicunghi (Hagen, in particolare)!

Le restanti 12 battute prima dell’alzata del sipario servono da introduzione al motivo che fra poco udremo, nella sua forma completa, accompagnare un nuovo canto delle tre Figlie del Reno. Ne espongono dapprima uno spezzone i violini e le viole: parte dal SOL raggiunto poco prima dalla tromba (qui sopratonica di FA) e vi ritorna dopo essere sceso alla sensibile MI con due increspature cromatiche; lo ripetono subito due clarinetti, quindi lo riprendono gli archi alti e lo sviluppano ulteriormente, fino a farlo degradare, sempre con le increspature cromatiche, sulla sottostante sesta (RE). Qui il sipario si alza e i tre clarinetti espongono per intero il nuovo tema detto del Grido di allegria delle Figlie del Reno, le quali sono comparse in mezzo ai flutti, dove eseguono figurazioni che oggi chiameremmo di nuoto sincronizzato.

Osserviamo come si presenta questo nuovo tema: le sue note caratterizzanti sono il sesto e il secondo grado della scala di FA (RE e SOL) il che conferisce alla melodia un carattere vagamente ambiguo, allo stesso tempo sereno ma anche languido e venato da un filo di malinconia: al contrario dell’ingenuo e innocente “Weia! Waga!” del Rheingold, tutto imperniato sulla scala pentatonica. Tema quindi mirabilmente atto ad evocare lo stato d’animo delle tre ninfe, che non hanno certo problemi di... sopravvivenza, ma alle quali manca ormai da tempo la delizia dell’oro attorno al quale intrecciavano le loro spensierate evoluzioni subacquee.

Motivo in apparenza semplice ed orecchiabile, ma in realtà dotato di una struttura abbastanza complessa. Nella sua esposizione da parte dei clarinetti al levar del sipario si presenta in 22 battute (9/8) suddivise in due macro-sezioni di contenuto simile ma non identico (10 e 12 battute) come qui sotto esemplificato:

Sezione 1
a (2 battute):  dalla sesta (RE, dove si erano interrotti gli archi) piomba sulla tonica e risale alla sesta per gradi congiunti; il procedimento è ripetuto pari-pari;
b (4 battute):  per tre volte sale da sesta a tonica e scende alla dominante; da qui scende ulteriormente alla sopratonica sottostante e poi, per gradi congiunti, risale di un’intera ottava, al SOL;
c (4 battute): riprendendo la sezione esposta prima dell’alzata del sipario, scende con le increspature cromatiche fino alla sesta RE.

Sezione 2
a (2 battute):  dalla sesta piomba sulla tonica e risale alla sesta per gradi congiunti; il procedimento è ripetuto ma scendendo solo alla mediante, da cui risale quindi per gradi congiunti alla tonica;
b (4 battute):  per tre volte sale da tonica a mediante e scende alla dominante; da qui scende ulteriormente alla sopratonica sottostante e poi, per gradi congiunti, risale di una nona, fino alla mediante superiore LA;
c (6 battute, a mo’ di cadenza): riprendendo la sezione esposta prima dell’alzata del sipario, scende con le increspature cromatiche fino alla tonica.

Come si vede, il tema potrebbe tranquillamente reiterarsi all’infinto... è quindi perfettamente appropriato a sottolineare i movimenti a carola(2) delle tre ninfe e il gorgoglio delle acque del grande fiume. Nel seguito lo riudremo sia in questa forma (quasi) completa, ma troveremo anche spezzoni di esso ad accompagnare dapprima il canto delle ninfe e successivamente il loro drammatico scambio di battute con Siegfried.
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Note:
1. Questo vero e proprio “personaggio” (non per nulla è padre!) apre e chiude l’intero Ring. Nel mito wagneriano il fiume occupa indubbiamente un posto di rilievo: è lui a conservare il più ricco tesoro dell’universo, è lì che nasce la vita, è lì dove viene commesso il primo, grande peccato, è sulle sue sponde che si sviluppa una improbabile e rozza civiltà (i Ghibicunghi). E infine, è il Reno - lo vedremo fra non molto - che interverrà a “ripulire il mondo” da peccati e peccatori.
2. Così Manacorda traduce il wagneriano Reigentanze.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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