29 mar 2017

5.4.3.2 Götterdämmerung: Atto III – Scena III – Siegfried fa paura anche da morto.


Il bieco Hagen è ormai ad un passo, che dico, ad un gesto dalla vittoria totale. La sua perfida quanto improbabile(1) macchinazione ha incredibilmente - grazie alla dabbenaggine dei fratellastri ghibicunghi e ai comportamenti a dir poco bizzarri del duo Siegfried-Brünnhilde - dato i frutti sperati: l’Anello adesso è lì, proprio davanti a lui, chiede solo di essere sfilato dal dito di un cadavere che non può più opporsi, così come non può certo opporsi materialmente chiunque altro al mondo. E poi? Fine del Ring con trionfo dei Nibelunghi-figlio-e-padre! Non è straordinario?

E invece no, il dramma cosmico mica può finire in questo modo tanto banale e nichilista... qualcosa deve assolutamente impedirlo, perbacco! E a Wagner non resta se non un mezzuccio (fra il comico e il grottesco) che fa parte dell’armamentario da grand opéra (qual’era la Siegfrieds Tod, appunto). Solo un (ennesimo) accadimento del tutto irrealistico e gratuito poteva impedire al dramma di arrivare alla sgradevole conclusione tanto temuta da Wotan (in realtà da…Wagner?) Ecco allora che, come Hagen cerca di sfilare l’Anello dal dito di Siegfried, la mano del morto si leva minacciosa ed atterrisce lui e tutti quanti i presenti.(2)

L’evento miracoloso (o miracolistico) è però accompagnato mirabilmente, quanto appropriatamente, dai suoni che sorgono improvvisamente in orchestra, dove si passa bruscamente dalla truce atmosfera che aveva appena ospitato un feroce omicidio ad una quiete arcana e soprannaturale, simile a quella che aveva introdotto l’azzurrina apparizione di Erda verso la fine del Rheingold. Su un accordo di RE maggiore dei fiati la prima tromba espone il tema della Spada, quasi che Siegfried ancora la stia brandendo contro il nemico che lo minaccia.

Poi ecco un ritorno emozionante, che ci riporta alla citata apparizione di Erda: qui invece è Brünnhilde che appare sullo sfondo, avanzando lentamente verso il proscenio, mentre annuncia la sua vendetta per Siegfried. La accompagnano, giustapposti, i temi del Crepuscolo (discendente, tre volte) e dell’Elemento primordiale (ascendente, due volte) e suggella il tutto il tema dell’Enigma del destino. Sì, perchè qui si sta ormai compiendo il destino dell’Universo. Brünnhilde prosegue annunciando l’orazione funebre per il defunto, e ancora udiamo l’Enigma (nella voce doppiata prima dalle tube, poi dai violini) subito seguito dal Presagio di morte, quel tema sul quale – quanto tempo è passato... - la stessa (allora-)valchiria aveva annunciato la fine imminente al padre del suo eroe.

La scenetta che segue vede impegnate le due rivali (si fa per dire...) Gutrune e Brünnhilde a rinfacciarsi accuse di mestatrice e traditrice. La prima, che ora ha anche un altro congiunto da piangere, affronta la sopraggiungente seconda con astio(3): tu hai portato in questa casa tutte queste sventure, invidiosa e maligna che non sei altro!(4) E le veloci, agitate semicrome dei violini accompagnano la sua accusa. Al che Brünnhilde annuncia (alla buonora!) di essere stata sposa di Siegfried prima ancora che Gutrune lo incontrasse, e annichilisce la poveretta, paragonandola ad una concubina(5). È nientemeno che il tema dell’Eredità del mondo che suggella questa tardiva dichiarazione.

E allora Gutrune, ancora sulle veloci discese dei violini, che poi intonano appropriatamente il motivo dell’Inganno magico, maledice Hagen: adesso tutta la macchinazione del fratellastro le risulta perfettamente chiara(6). Il suo piccolo tema la accompagna mentre si inchina davanti alla salma di Siegfried e poi va a curvarsi su quella del fratello (e in quella posizione rimarrà sino alla fine(7)). Tre ritorni dell’Enigma in tromboni, corni e violini, alternati ai sordi rintocchi dei timpani, preparano la solenne atmosfera del grande epicedio.
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Note:
1. Si è ampiamente fatto cenno alla nutrita serie di fatti, azioni e comportamenti assolutamente gratuiti, irrealistici e/o privi di senso logico che hanno reso possibile il materializzarsi della situazione alla quale siamo arrivati.
2. Qui Teodoro Celli cerca una difesa d’ufficio di Wagner, azzardando una spiegazione francamente poco convincente: Hagen avrebbe una specie di suggestione, credendo di vedere il braccio di Siegfried che si alza, proprio come Macbeth crede di vedere la foresta di Birnam che gli viene incontro. Beh, si tratta di due chiare imprecisioni: primo, il braccio semovente di Siegfried è visto anche dagli altri astanti, che ne rimangono atterriti; secondo poi, Macbeth non crede di vedere, ma i suoi guerrieri vedono per davvero muovergli incontro qualcosa di simile alla foresta, un accadimento nient’affatto miracoloso.
3. Questa scena è di una drammaticità infinitamente superiore a ciò che leggiamo nelle Saghe, dove Brynhild scopre quasi per caso (e da Gudrun!) di essere stata conquistata a Gunnar attraverso uno stratagemma di Sigurd.
4. Qui risulta chiaro che Gutrune è tuttora convinta dell’innocenza di Siegfried, riguardo ai rapporti con Brünnhilde, e che considera quest’ultima una volgare mestatrice, una che ha cercato di strapparle lo sposo legittimo… insomma: una sgualdrina!
5. Qualche esegeta piuttosto disattento deduce da ciò che Gutrune rappresenti – come persona o come incarnazione di una civiltà - l’archetipo della puttana. Nulla di più lontano da ciò che si può constatare: lei è semplicemente una povera e meschina donnicciuola, e per di più con princìpi abbastanza conservatori (magari retrogradi). Mai e poi mai avrebbe accettato di unirsi a Siegfried se avesse saputo (cosa che Hagen le ha scientificamente taciuto) dell’esistente legame di lui con Brünnhilde. È invece quest’ultima che, ignara del filtro e della macchinazione di Hagen, è portata a convincersi delle qualità… puttanesche della sorella di Gunther!
6. La reazione di Gutrune è solo l’ultima delle conferme del suo ignorare il precedente legame di Siegfried con Brünnhilde. Ora le è chiaro che fu Hagen a plagiarla con l’inganno, inducendola a compiere un’azione contraria ai suoi princìpi. Mostra persino un filo di compassione e comprensione per Brünnhilde, prima vittima di quella infernale macchinazione. (Detto fra noi: una sgualdrinella non si comporterebbe certo così!)
7. Alla prima di Bayreuth Wagner fece morire Gutrune di crepacuore.  

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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