25 dic 2015

5.3.1.2 Götterdämmerung: Atto II – Scena I: Consiglio di guerra nibelungico


Il dialogo fra padre e figlio consta precisamente di sette interventi di Alberich (sempre in tempo vivace) intercalati da sei più brevi di Hagen, in tempo lento: sui sinistri incisi ascendenti dell’annientamento il padre domanda al figlio se dorma o lo stia a sentire; e qui il figlio – occhi aperti, ma postura immobile, come stesse dormendo - ci dà subito l’idea di quanta disistima nutra per il padre: ti ascolto, maligno elfo! E la musica rincara la dose: Albe è cantato su uno sbifido tritono discendente, MIb-LA!

Un’apparizione della schiavitù introduce il secondo intervento di Alberich, che ricorda al figlio l’enorme potenza che potrà conquistarsi, se dimostrerà di avere coraggio quanto ne ebbe sua madre nel metterlo al mondo. La frase si chiude con la voce (doppiata dai clarinetti) che espone il tema della rinunzia all’amore: perché non fu certo dall’amore che il nano fu spinto ad accoppiarsi con Grimhild… Per tutta risposta, Hagen rinfaccia ad Alberich la responsabilità della propria condizione fisica: precoce invecchiamento e mancanza di affetti; addirittura maledice la madre per aver ceduto all’astuzia(1) di Alberich ed aver giaciuto con lui! Questa esternazione è supportata dalla forma ampliata del tema di Hagen già udita nel preludio, qui davvero imponente, con le sue lente discese puntate sulla scala di SOLb maggiore,  e – sul finire – ancora dal tema della rinunzia, qui a rappresentare le gioie della vita che ad Hagen sono negate.

Alberich lo incalza, con la prima delle sue tre lunghe tirate: devi odiare chi gioisce, se ami me a cui le gioie sono state negate (tema, agitato, della rinunzia). Il nostro odio già sta avendo i suoi effetti su coloro che combattiamo! Colui che mi rubò l’Anello (spezzoni del relativo tema nei clarinetti) il bieco ladro Wotan è stato scalzato da uno della sua stessa schiatta! Il walside gli ha tolto potenza e potere(2): qui i tre oboi sottolineano l’impresa di Siegfried con uno spezzone (in DO maggiore!) del tema della Spada. Ora Wotan attende con i suoi solo la fine, ed è il tema del Walhall, storpiato quanto mai nelle tubette, a sottolineare la profezia del nano. Il tema dell’annientamento suggella appropriatamente le parole di Alberich, che ancora implora: stai dormendo, figlio mio? Qui Hagen, invece di rispondere, pone lui una domanda: chi erediterà la potenza degli dèi? Si ascolti l’inciso che supporta le sue ultime parole (“wer erbte sie?”): sono le ultime tre note del tema della maledizione.  

E non a caso, poiché Alberich sbotta con veemenza: Io… e tu! E nella risposta è già implicito (perché lo sottolinea la musica) anche il come ciò potrà materializzarsi: sono i primi violini a spiegarcelo, esponendo il tema dell’assassinio, la cui vittima dovrà essere Siegfried. È questa la seconda delle due rievocazioni del nano(3), che al solito Wagner supporta con la riproposizione di temi – sempre sottilmente variati – che ben conosciamo: così udiamo nel primo corno quello della Spada seguito da quello del Patto (la Nothung di Siegfried che ha spezzato la lancia di Wotan); violoncelli e contrabbassi ricordano quello dei Giganti (Fafner ucciso da Siegfried); ancora, nei clarinetti, ecco quello dell’Anello (che Siegfried ora possiede). Sempre Anello e Walhall (che sappiamo essere parenti stretti) guizzano in orchestra quando Alberich confida al figlio che Siegfried, ormai signore potenziale di dèi e nani, è però immune dalla sua maledizione, non conoscendo le proprietà dell’anello. Poi ecco il corno, quindi gli archi, esporre il tema di Siegfried giovane (che se la spassa spensieratamente e amorosamente). Il tema della rinunzia chiude la filippica di Alberich sull’invocazione al figlio a lavorare per la rovina di Siegfried. Poi ancora: stai dormendo, figlio mio? Laconica, al solito, la risposta di Hagen, punteggiata da un tritono (MIb-LA) nei contrabbassi: lui (Siegfried) sta già rovinandosi per me!

Alberich, preceduto dal tema dell’assassinio, che imperverserà ancora durante questa sua ultima rievocazione, incalza: Dobbiamo conquistare l’Anello! E ora fornisce ad Hagen un’informazione… obsoleta: “Ein weises Weib lebt dem Wälsung zu Lieb'...“, una saggia donna vive per l’amore del Wälso. Qui udiamo in clarinetti e violoncelli nientemeno che il tema della Giustificazione delle azioni di Brünnhilde (Walküre) conseguenti proprio al suo cedimento alla volontà di amare di Siegmund e all’amore che lei provò da subito per l’appena concepito Siegfried! Se gli consigliasse di rendere l’Anello alle Figlie del Reno(4), sarebbe per noi la fine. Manco a dirlo, è il motivo del WeiaWaga che sottolinea i riferimenti di Alberich alle tre creature che un giorno lo avevano adescato nelle profondità del Reno. Di nuovo l’invito perentorio (sul tema dell’assassinio) al recupero dell’Anello: io ti ho per questo messo al mondo, forte da poter affrontare anche gli eroi. Qui Alberich ammette: ok, non abbastanza forte per mettere fuori causa il drago (tema dei Giganti in fagotti e contrabbassi) – impresa riservata solo a Siegfried, di cui risuona nel quarto corno il tema ampliato e storpiato della Spada – ma allenato all’odio e alla vendetta (riecco il tema dell’assassinio). Adesso devi riprendere l’Anello, sbarazzandoti (tema della rinunzia) di Wotan&Figlio! Giuramelo! E il tema del Walhall ancora risuona sinistramente orchestrato. Hagen, imperturbabile, con gli archi bassi che ripetono il suo tema, ribatte: l’Anello lo avrò, stai pure tranquillo.

Mentre la sua figura è tornata in ombra, Alberich insiste: giuramelo! E Hagen: lo giuro a me stesso, calmati. E qui è il tema della maledizione che ne accompagna le ultime parole.

Maledizione che accompagna anche Alberich, che sta ormai scomparendo nel nulla dal quale era venuto e del quale si odono, sempre più deboli, gli accorati richiami: sii fedele, figlio mio, sii fedele, mio eroe, fedele… fedele… richiami intercalati al tema della schiavitù.

Sul Reno, che Hagen continua a fissare con occhi sbarrati, sta sorgendo il più infausto dei giorni.
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Note:
1. Mirabile qui la coerenza di Wagner, che impiega lo stesso termine (List, astuzia) con cui Alberich, nel Rheingold, aveva prefigurato il proprio futuro, privo di amore, ma ricco di piacere conquistabile, appunto, con astuzia e con l’oro (Erzwäng‘ ich nicht Liebe, doch listig erzwäng‘ ich mir Lust!)
2. Ecco qui la conferma che Alberich – nel Siegfried – è stato testimone oculare dell’incontro-scontro fra Wotan e il nipote, con relativa detronizzazione del vecchio dio. 
3. Wagner ha molto ridotto, oltre che modificato, i lunghi racconti che Alberich propinava ad Hagen nell’originale Siegfrieds Tod, che non aveva alle spalle le tre opere che precedono Götterdämmerung! Tuttavia anche qui non possiamo non osservare come alcune delle informazioni che il padre fornisce al figlio siano ampiamente a costui già note, come abbiamo potuto constatare all’inizio del primo atto, dove Hagen ha mostrato di aver conoscenza dell’impresa compiuta da Siegfried (l’uccisione di Fafner e la conquista del relativo tesoro) e di sapere che Siegfried sarebbe il solo a poter conquistare Brünnhilde, attraversando indenne il fuoco. Ma da chi mai potrebbe aver avuto queste informazioni se non proprio dal padre, testimone oculare dei fatti? Insomma, la logica – non la drammaturgia! - vorrebbe che Alberich avesse già fatto visita ad Hagen poco prima dell’arrivo di Siegfried a Gibichheim e che questa intera scena fosse collocata quindi all’inizio dell’atto primo.        
4. Al proposito vanno fatte due osservazioni: primo, Hagen è più aggiornato del padre su questo punto: lui sa per certo (dal colloquio avuto con lo stesso Siegfried nel primo atto) che l’anello è ora nelle mani di Brünnhilde, cosa che Alberich mostra di ignorare, né potrebbe d’altra parte conoscere. Secondo, Alberich ragiona meglio di… Wagner, immaginando che Brünnhilde, conscia del pericolo che vi si nasconde, possa convincere Siegfried a liberarsi dell’Anello. Abbiamo invece appena visto come sia stata proprio lei, contro ogni logica, a tenerselo, innescando l’inarrestabile processo che porterà al cosmico sfacelo.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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