2 gen 2013

4.3.3.5 Siegfried, Atto III, Scena III – Siegfried e Brünnhilde si presentano.


Ricordate il finale di Walküre? Quando Brünnhilde, sul punto di venire addormentata da Wotan, lo implora che solo un eroe libero e senza paura (“…dass nur ein furchtlos freiester Held…”) la possa in futuro risvegliare? Bene, là aveva cantato quelle parole sul tema di… Siegfried! Indovinate adesso su quale tema ha posto la domanda: “Wer ist der Held, der mich erweckt'?”, chi è l’eroe che mi ha risvegliata?  

Tutti i legni più una tromba si scatenano in un martellante tappeto sonoro (semicrome alternate ad altre in terzine) sul MI maggiore, che poi modula a dominante di LA, mentre Siegfried, insieme ai corni che reiterano, se possibile ampliandolo, il suo tema, si presenta: io ho attraversato il fuoco; io ti ho strappato le difese; io, Siegfried, son colui che ti ha svegliata!

E Brünnhilde a questo punto, accompagnata dagli inebrianti arpeggi di biscrome di arpe e violini, completa il suo saluto: agli eterni dèi (scendendo di un’ottava, dal LA acuto passando per MI e DO#) al mondo (dalla dominante sottostante MI al LA al DO naturale) e alla terra, tornando a DO maggiore e salendo al SOL con successivo appoggio sul FA, in un gigantesco crescendo orchestrale. Mentre i violini completano il Saluto al mondo, lei si compiace che il suo sonno abbia avuto finalmente termine e che il suo liberatore - Siegfried - stia proprio lì, davanti a lei.

Chiude la sua perorazione salendo al FA#, sensibile del SOL sul quale, alla faccia di tutte le pretenziose e pedanti teorie del Wagner pensatore, il Wagner musicista ci sciorina nientemeno che un primo, strepitoso duetto all’italiana, in piena regola, con tanto di terze parallele, proprio degno di Bellini o Donizetti: “Heil der Mutter”, evviva la madre che mi (ti) generò, “Heil der Erde”, evviva la terra che mi (ti) nutrì. È il motivo del Saluto d’amore (tonica, dominante inferiore, sensibile e discesa alla sopratonica) che supporta queste parole, sfociando ancora nel DO maggiore della coda del Saluto al mondo. Poi, mentre i due perdono lo sguardo l’uno nell’altra, estasiati, lascia spazio ad un nuovo motivo, detto dell’Estasi d’amore, qui esposto dagli strumentini nel tripudio dell’intera orchestra: mediante-sesta-dominante e discesa un’ottava sotto, poi risalita a sopratonica, mediante, sopratonica.

Su quel motivo Brünnhilde inneggia a Siegfried, eroe beato, risvegliatore di vita e luce vincente… Poi gli confessa, accompagnata dal motivo del Saluto d’amore, di averlo amato e protetto addirittura prima ancora che lui nascesse! Il tema dell’Eredità del mondo fa capolino sulle ultime parole di Brünnhilde (“da tanto tempo io t'amo, o Siegfried!”) per poi sfociare, nei violini, nell’inciso finale del Saluto al mondo.

E l’ingenuamente raziocinante Siegfried, che nulla conosce degli intricati retroscena del suo concepimento e delle complesse vicende che ne seguirono, ne deduce che allora lei dev’essere per forza sua madre, che non è morta come gli raccontò quel fedifrago di Mime, ma era solo addormentata! Due motivi tornano qui alle nostre orecchie in modo sbudellante, dolcemente sussurrati dai violini: quello dei Wälsi e soprattutto quello, proprio appena accennato, di Sieglinde!

Ora Brünnhilde, dopo avergli amabilmente smontato (sul motivo dell’Estasi d’amore) questa idea, lo invita ad amarla, poi gli promette di mettere a sua disposizione la sua sapienza (qui il tema dell’Enigma del destino ci insinua qualche sospetto(1) …) e infine, sul tema dell’Eredità del mondo, cerca di spiegargli perché lei è sapiente solo a causa del suo amore per lui, e lo fa imbarcandosi – di fronte al ragazzo sempre più sbigottito – nel racconto della sua personale vicenda col padre Wotan (che però per Siegfried è un autentico carneade, figuriamoci).

Così, dopo una fugace apparizione del Saluto al mondo, sul Saluto d’amore Brünnhilde spiega a Siegfried di averlo amato fin da quando fu messa a parte del pensiero di Wotan; pensiero di cui mai lei ha potuto parlare (qui il rabbrividente Presagio di morte si insinua nel clarinetto basso!(2)); pensiero che peraltro lei ha solo “avvertito” – cioè sentito nel profondo del cuore - e non positivamente “pensato”;  pensiero che però lei ha perseguito, disobbedendo a colui che lo aveva pensato; venendone così punita (tema della Punizione) solo per averlo “avvertito”, pur non avendolo “pensato” (qui il tema della Giustificazione compare a proposito nell’oboe); ma amando testardamente colui (Siegfried, appunto, sul tema dell’Eredità del mondo) che quel pensiero avrebbe realizzato(3) …

Anche se si chiude con una cadenza sul tema del Saluto d’amore, questa esternazione di Brünnhilde appare proprio come una manfrina esasperante ed insopportabile agli occhi del povero Siegfried, tanto estasiato dalla musicalità della voce di Brünnhilde, dalle sue labbra, dai suoi occhi, insomma… da tutto il suo corpo(4), quanto interdetto dal significato per lui più che oscuro di quelle parole.

E non è quindi un caso che Siegfried le risponda ribadendo – sempre accompagnato dal motivo del Saluto d’amore - la sua ammirazione, anzi propriamente la sua attrazione (viscerale e naturale(5)) per lei e al contempo la sua totale incapacità (tema dell’Enigma!) ad afferrare ciò che lei gli comunica(6).

Il motivo della Gioia d’amore, reiterato in clarinetti e fagotti, accompagna adesso l’implorazione di Siegfried alla donna: tutti i miei sensi sono disperatamente attratti da te, come posso capire dei concetti così astrusi? Tu mi hai insegnato la paura, mi hai messo addosso questa specie di angoscia!

Poi conclude (attenzione, sul tema della Rinunzia!) la sua esternazione, con quel “birg meinen Mut mir nicht mehr!” (non soffocare ancora il mio coraggio): sì, perché lui sta evidentemente interpretando quello sproloquio di Brünnhilde come un mezzo elegante che la ragazza deve aver inventato lì per lì per… defilarsi e convincerlo a rinunciare a lei!
___ 
Note:
1. In Walküre, atto II, scena II, Brünnhilde era stata ammonita da Wotan di non far parte ad alcuno di quanto il padre era sul punto di rivelarle. Allora avevamo già insinuato che questo qualcuno altro non potesse essere che Siegfried.  
2. Vedi nota precedente, riguardo l'impegno al silenzio.    
3. Brünnhilde quindi rivela a Siegfried (che nulla ci capisce, peraltro) di essere parte di un gioco più grande di lui, anche se non gli dice quale. Domanda: sta così contravvenendo alla promessa fatta al padre?    
4. Parliamoci chiaro, il ragazzo non vede l’ora di accoppiarsi carnalmente con la vergine, e lei per tutta risposta si mette a raccontargli di fatti e persone a lui totalmente sconosciuti, incomprensibili, e di cui “nun glie ne pò ‘ffregà ‘dde meno”!
5. Non mi pare sia una bestemmia apparentare l’atteggiamento di Siegfried verso Brünnhilde a quello inizialmente tenuto da Alberich verso le Figlie del Reno nella prima scena del Rheingold: siamo in presenza del naturale istinto di esseri viventi all’accoppiamento.  
6. Il parallelo con la prima scena del Rheingold vale anche per Brünnhilde: come le Figlie del Reno, anche lei possiede una sapienza (e infatti lo ha appena ricordato a Siegfried) che la eleva un gradino al di sopra della pura e naturale animalità che caratterizza Siegfried, come il primo Alberich. Questo incidentalmente spiega quanto accadrà tra poco: la sua riluttanza a concedersi.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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