7 nov 2012

4.3.2.4 Siegfried, Atto III, Scena II – Oltre le fiamme, verso l’ignoto.


Dunque Siegfried si è liberato del misterioso e impertinente intruso (il tema dei Wälsi ha accompagnato il suo stupore di fronte alla di lui repentina scomparsa) e può incamminarsi verso la roccia di Brünnhilde, mentre l'anello di fuoco che la circonda è ora dilagato fin giù in basso, lungo i fianchi della montagna.

È il suo tema, esposto due volte in DO maggiore, prima dal corno e poi dalla tromba bassa - mentre gli strumentini ricordano l'Uccellino - ad accompagnarne i primi passi verso il muro di fiamme. In entrambi i casi, del tema udiamo solo la prima sezione, che sfocia nel motivo (LA-SOL prima, SIb-LAb poi) del 
Canto delle Figlie del Reno.

Viene quindi spontanea la domanda: perché mai udiamo qui questo tema? cosa ha a che fare con il contesto? Sì, perché Siegfried nulla sa dell'Oro, pur recando al dito l'Anello che da esso fu ricavato. E nemmeno ci sono qui riferimenti al Reno, alle sue Figlie, né ad Alberich che trafugò la pepita… Insomma, sembrerebbe una citazione del tutto gratuita e fuori luogo, buona solo dal punto di vista musicale, perché il tema si può facilmente contrappuntare con mille altri. Ma noi sappiamo bene che Wagner i suoi temi li impiega sempre e solo a proposito, mai a casaccio, e che quindi una plausibile ragione ci dovrà pur essere.

Se andiamo indietro di poco nel tempo, ricordiamo che il tema era affiorato per due volte anche nelle ultime battute del dialogo fra Siegfried e Wotan. E sempre sulle parole di Siegfried che accennavano alla donna verso la quale era diretto, e dalla quale ormai solo le fiamme lo separano. La donna, che è l'ultima sua meta, la più sublime di tutte, quella che gli deve dare la suprema felicità.

Ora, quali parole avevano cantato le tre Figlie del Reno all'apparire dell'Oro, colpito dalla lama di luce solare, nella prima scena del Rheingold, e subito dopo aver intonato il tema dell'Oro del Reno? "Leuchtende Lust, wie lachst du so hell und hehr!" 

Ecco, adesso sappiamo a cosa allude la presenza del tema, che ritornerà ancora durante il viaggio di Siegfried nel fuoco: a Brünnhilde, "Lucente letizia, come ridi serena, sublime!" 

Ora sono spezzoni del tema dell'Uccellino che guidano Siegfried verso la meta: la tonalità è inizialmente DO maggiore, poi sulle parole "in Feuer zu finden die Braut!", a incontrare la sposa attraverso il fuoco, si passa a SOL e quindi a LA maggiore, e da qui - dopo un gagliardo Ho-ho! Ha-hei! che ricorda la fusione della Spada – ad una modulazione che sulle parole "Jetzt lock' ich ein liebes Gesell!", ora sì, un caro compagno m'attraggo!, parte dal SIb acuto per scendere al SOL dell'ottava sottostante e da lì risalire al MI, sensibile di FA maggiore, sul quale principia un'autentica sinfonia del fuoco: 54 misure puramente strumentali che seguono l'ascesa di Siegfried (che ha portato alle labbra il suo argenteo corno) verso la sommità dell'altura su cui giace Brünnhilde.

Siamo dunque alla prova del fuoco, concetto di ascendenza biblica ("Anche l'oro, benchè sia una cosa che non dura in eterno, deve passare attraverso il fuoco, perchè si veda se è genuino…") che qui rappresenta il passaggio obbligato per Siegfried verso la piena maturità. E siccome tutto ciò ce lo deve raccontare la musica, ecco che saranno i temi di Siegfried ad affrontare quelli di Loge, immergendosi in essi, fino alla definitiva purificazione. 

Per quasi tutto il brano i violini e le viole creano un caldo tappeto di sestine di semicrome (il tempo è rimasto 4/4 fin dall'ultima parte dello scontro fra Wotan e Siegfried) che evoca proprio le fiamme di Loge, sul quale si adagiano i diversi temi che ascoltiamo, spesso sovrapposti due a due. 

I corni iniziano con il tema del Grido di Siegfried, adesso davvero maestoso, che si appoggia sulla dominante, mentre gli strumentini espongono per tre misure il motivo del Fuoco (che si muove fra la dominante DO e la tonica FA); alla quarta misura ancora i corni, col motivo del Grido che ora si appoggia alla sopratonica SOL, sempre accompagnato dal Fuoco negli strumentini, per tre misure; ora subentra – modulando temporaneamente a LA - il tema di Siegfried, nei tromboni, cui succede ancora quello del Grido, nei corni, che stavolta si protrae per due misure, con le ascendenti terzine che vanno entusiasticamente a toccare il FA acuto, mentre gli strumentini hanno sempre reiterato il Fuoco.

Ancora – nella tromba adesso – il tema di Siegfried, dopo il quale si modula dal FA al SOLb e per due misure udiamo negli strumentini il tema del Sonno (chiuso sulla sensibile, anziché sulla tonica… Brünnhilde è ancora lontana) contrappuntato dai corni con uno spezzone del Grido; ancora il tema di Siegfried in tromba e tromboni, seguito da due misure del Sonno e del Grido, adesso modulate a SOL maggiore. Sul quale torna il tema di Siegfried, in tromba e trombone, due volte a canone largo. In queste ultime misure abbiamo anche ascoltato alcuni inconfondibili incisi del tema dell'Uccellino (dominante-tonica-mediante-sopratonica). 

Adesso (siamo alla misura 18 delle 54) entrano anche le sei (!) arpe, più glockenspiel e triangolo, che creeranno con gli strumentini una splendida poliritmìa (aggiungendo alle sestine di semicrome di violini e viole delle quartine di semicrome e delle coppie di crome). Siamo evidentemente nel punto più infuocato del cammino di Siegfried, il cui tema del Grido – in una forma particolare, dove risuona per tre volte la terzina iniziale – ripetono ancora per due volte i corni, intercalati dagli strumentini in cui subentra quello, mirabile, dell'Incantesimo del fuoco, con le caratteristiche scintillanti quartine. Siegfried è ormai scomparso alla nostra vista e le fiamme hanno qui raggiunto il massimo dell'intensità. Siamo passati a SIb e il SOL dell'accordo di tutta l'orchestra, poggiandosi sul FA dell'Incantesimo ci ripropone in grande splendore il Canto delle Figlie del Reno (!) per due volte in SIb e tre volte modulando a SOLb. 

Ora (siamo a misura 28, in LAb) cessa l'Incantesimo, poiché Siegfried si è ormai lasciato il fuoco alle spalle, mentre Brünnhilde è più che mai vicina. E dunque in orchestra subentra il tema cromaticamente discendente (per 17 gradini, a partire dal DO al SOL# due ottave sotto) della Magìa del sonno (8 misure). Il tempo si fa più lento, anche le sestine di violini e viole si diradano sempre più, insieme alle ultime lingue di fuoco, fino a scomparire del tutto… 

Da qui in poi sono il tema del Sonno (Brünnhilde!) e quello di Siegfried ad occupare lo spazio sonoro: dapprima il Sonno (accompagnato dalla fanfara del Walhall! tre volte in MI maggiore negli strumentini, una in MI minore in viole e violoncelli, tre modulando mirabilmente a DO maggiore, in strumentini e corni; il tutto in altrettante misure) poi Siegfried nelle trombe (sempre in DO); ancora il Sonno (due volte, nei corni e nel clarinetto basso e violoncelli, in REb, poggiando sulla sopratonica) poi Siegfried (nella tromba, sempre in REb); ancora subentra il Sonno, virando a MI maggiore, due volte in flauto e clarinetto. 

Le restanti 6 misure sono occupate ancora dal Sonno, che va via via sfumando, contrappuntato dall'inciso dell'Uccellino (che aveva fatto capolino qua e là anche in precedenza) proprio mentre Siegfried si affaccia sulla sommità dell'altura.

E possiamo solo immaginare quale e quanta spasmodica curiosità gli arda in petto.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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