23 dic 2016

5.4.2.1 Götterdämmerung: Atto III – Scena II – Comincia la vera caccia.


La scena che ci vedrà testimoni della morte di Siegfried (ah già, la Siegfrieds Tod!) si apre paradossalmente con il Grido di nozze ghibicungo: non dimentichiamo che Siegfried è fresco sposo di Gutrune e che i due devono avere appena passato la prima – e unica(1), come pare essere destino del nostro eroe! - notte del loro matrimonio. Il tema è suonato in DO da un corno posto dietro le quinte e gli risponde in orchestra un altro corno con il motivo della seconda minore di Hagen (REb-DO) ripetuto dopo il richiamo (“Hoiho!”) del mezzosangue, che sta evidentemente sopraggiungendo con Gunther e gli altri. Ancora il Grido di nozze, due volte da lontano, intercalato da quello (in FA) del corno di Siegfried con la prima sezione del suo Grido. Il quale tema esplode completamente subito dopo.

Ascoltiamo ora uno scambio di richiami (“Hoiho! Hoiho!”) che intercorre fra uomini di Hagen (LA-MI, quinta ascendente) e Siegfried (SOL-DO, quinta discendente) chiusi da un “Hoihe!” del nostro eroe che scende dal DO acuto al FA#, un bel tritono... (che Siegfried si sia adeguato alla volgarità del linguaggio di Hagen ce lo confermerà lui stesso tra poco).

La scena che segue è sottolineata da continui salti di tonalità che bene danno l’idea del trambusto e dell’eccitazione che caratterizza questa specie di rimpatriata fra rudi guerrieri-cacciatori. Gli archi bassi ora rimuginano due volte il tema del Grido di Siegfried, mentre lui risponde a Hagen (che gli chiede dove si fosse cacciato) invitando i ghibicunghi a scendere fino da lui, al fresco sulla riva del fiume, mentre i corni sommessamente – e modulando a LAb - riespongono la sezione ascendente del tema acquatico del Grido di allegria delle ninfe.

Ora ecco iniziare una strepitosa polifonia, che mirabilmente evoca lo scenario che ci circonda: tre temi si accavallano alle nostre orecchie: quello del Grido di Siegfried negli archi (prima i bassi, poi via via gli alti) in MI maggiore (enarmonia LAb-SOL#); quello del Grido di nozze, pure in MI, nei corni; e infine quello del Grido di allegria, in LA maggiore, nei legni! Hagen invita i suoi a fermarsi presso Siegfried per il pranzo. Ancora il Grido di Siegfried, tornato a FA e il Grido di nozze (DO) riempiono l’aria, mentre Hagen ordina di por mano alle borracce del vino.

Adesso è il solo tema del Grido di Siegfried che tiene banco nell’intera orchestra: una vera apoteosi, quasi orgiastica, che attacca in MI maggiore, modula arditamente per terze maggiori scendendo a DO, quindi a LAb per tornare a MI, fino a concludersi però con un sinistro rullo di timpano, su pesanti cadute (tritoni FA-SI, tipici di Hagen) nei fiati e, soprattutto, sugli incisi (semicroma-croma) della seconda sezione del tema dell’Assassinio! Ecco qua: un ragazzo ingenuo ed entusiasta che si avvia incoscientemente alla propria rovina! E Hagen, di essa artefice, ora ipocritamente invita i suoi ad ammirare chissà quali straordinarie prede avrà Siegfried da mostrare, della sua caccia.

E invece il nostro, che è a mani vuote, ci fa proprio la figura del pirla, costretto ad elemosinare un boccone dalle prede altrui! Ed infatti il tema dei Ghibicunghi accompagna le sue scuse e la (finta?) meraviglia di Hagen. Siegfried confessa di aver perso l’orientamento e di avere incontrato solo degli uccelli acquatici (le ninfe, di cui risuona ancora il Grido di allegria) che gli hanno pronosticato la sua fine, oggi stesso! Canta ciò sulla seconda minore REb-DO tipica di Hagen (la Schiavitù) mentre subito i corni e i fagotti espongono il truce tema del Patto di vendetta, sul quale il figlio di Alberich si permette di ironizzare (ma con piena cognizione di causa): sarebbe proprio una bella caccia, quella dove un cacciatore senza preda venga abbattuto da un animale selvatico!

Siegfried (che pure non dovrebbe essere troppo spossato, avendo preferito alle fatiche della caccia l’incontro galante con le tre ninfe) chiede da bere con un... tritono (RE-SOL#) avendo ormai irrimediabilmente assunto l’idioma di Hagen. Il quale non aspetta altro per riempirgli di vino il corno e chiedergli se è vero quanto si dice di lui, che cioè sappia interpretare il linguaggio degli uccelli(2) (non a caso il clarinetto intona due incisi del tema dell’Uccellino del bosco, seguito da uno squittio dell’oboe). Siegfried minimizza, asserendo di essersi ormai scordato di quella sua facoltà (gli archi ricordano invece il Grido di allegria delle ninfe!) e - accompagnato da spezzoni del Grido di nozze e dei Ghibicunghi - offre da bere al cognato.

Il quale è in preda a cupi pensieri: l’Espiazione nei corni e il Patto di vendetta in fagotti e archi bassi, poi la Schiavitù nei tromboni evocano alla perfezione lo stato d’animo dissociato di Gunther, che evidentemente sta cominciando a rimpiangere l’assenso dato la sera prima alla sentenza di morte per Siegfried. Per convincerlo a brindare con lui, Siegfried mescola allegramente il suo vino con quello del cognato, spargendolo per terra. Qui troviamo un inciso di uno dei temi di Loge, quello dell’Incantesimo (cosa vorrà dirci qui Wagner? che Siegfried sta giocando col fuoco?) a contrappuntare i temi ghibicunghi (Gutrune inclusa) mentre Gunther sospirando sembra compatire quell’eroe allegro ed ottimista, del tutto ignaro di ciò che lo attende.

É Brünnhilde che lo preoccupa? chiede Siegfried a Hagen. Il quale torna ancora alla carica con la faccenda del canto degli uccelli (certo, se lui la comprendesse come tu i pennuti...) ed ancora Siegfried risponde sul tema del Grido di allegria delle ninfe, che trascolora in quello dell’Uccellino: perfetta immagine dei mutati interessi del nostro, che da quando ha rapporti con le donne ha scordato i volatili! Ma Hagen insiste: un tempo ne comprendevi il canto, vero?

E finalmente Siegfried si offre di cantare a Gunther e ai presenti le sue avventure giovanili. In orchestra serpeggia qualcosa che ci richiama il tema dei Nibelunghi (corni) insieme all'Educazione di Mime (violini) e fra poco scopriremo perchè. Intanto, tutti si sdraiano ai piedi di Siegfried e Hagen gli dà l’attacco...
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Note:
1. Come abbiamo più sopra ipotizzato, è possibile (e drammaticamente suggestivo) che anche l’unione (la prima e genuina!) con Brünnhilde abbia coperto una sola notte, quella che separa Siegfried da Götterdämmerung.
2. Come fa Hagen ad avere una simile informazione? Qui abbiamo una logica risposta: la cosa gli è stata riferita indubbiamente dal padre che, non dimentichiamolo, stazionava a Neidhöhle nelle ore in cui Siegfried uccideva il drago e poi parlava con l’Uccellino, e deve avere visto ed ascoltato proprio tutto: di certo lui non può aver compreso il canto del volatile, ma poteva perfettamente dedurre dalle parole e dalle successive azioni di Siegfried che quest’ultimo era in qualche contatto con il pennuto. Piuttosto: la cosa che sorprende, ancora una volta, è la dabbenaggine (mista a una discreta dose di presunzione) di Siegfried, cui non passa nemmeno per l’anticamera del cervello l’interrogativo di come faccia Hagen a conoscere un simile particolare! 

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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