La
scena che precede la cataclismica conclusione del quadripartito dramma (dove
saremo spettatori nientemeno che di: un gigantesco rogo, una spaventosa
esondazione del Reno, il crollo della reggia ghibicunga e l’incendio propagato
al Walhall) si articola su sei sezioni del canto solitario(1) di Brünnhilde,
così sinteticamente etichettabili:
-
Proposito di sacrificio della propria vita: “Starke
Scheite schichtet mir dort“ (Ceppi robusti accumulatemi là);
-
Epicedio di Siegfried, eroe puro e gran traditore allo stesso tempo: “Wie Sonne lauter strahlt mir sein Licht” (Pura come il sole, a me
raggia la sua luce);
-
Appello agli dèi, presa di coscienza e congedo da Wotan: “O
ihr, der Eide ewige Hüter!”
(O voi, dei giuramenti sacri custodi!);
-
Decisione di restituire l’Anello: “Mein Erbe nun nehm' ich
zu eigen” (Ormai del mio retaggio io m'impossesso);
-
Invito ai corvi di Wotan a mandare Loge ad incendiare il Walhall: “Fliegt heim, ihr Raben!”
(A casa, o corvi, in volo!);
-
Olocausto e ricongiungimento con Siegfried: “Grane,
mein Ross!” (Grane, mio cavallo!)
Non
c’è dubbio che la figura di Brünnhilde ne esca ingigantita, come quella di
protagonista assoluta della conclusione del Ring. La sua personalità domina la
scena in lungo e in largo e le sue ultime volontà e azioni determinano
nientemeno che l’epilogo della cosmica allegoria wagneriana. Però vedremo – ma
in parte abbiamo già potuto constatarlo - che non tutto è oro ciò che
luccica...
Brünnhilde
fa subito capire quale sia il suo disegno: immolarsi con il suo Grane sullo
stesso rogo che ordina agli uomini di predisporre per ardervi il corpo di
Siegfried. È il tema della Catastrofe
(incisi marziali nei fiati e motivo ascendente, puntato, negli archi bassi) ad
occupare reiteratamente la scena, mentre la tonalità muta, salendo in
continuazione, quasi a seguire strato a strato la crescente altezza dell’enorme
pira che i giovani ghibicunghi stanno preparando, accatastando ceppi e
ramaglie, mentre le donne stendono tappeti cosparsi di foglie e fiori.
Si
va da LA minore a SIb minore, poi a DO maggiore (“Starke
Scheite”) quindi a REb
minore (“am Rande des Rheins”) poi a MIb minore (“zuhauf”) e
ancora a FA# maggiore (“Hoch und hell lodre die Glut die den edlen
Leib”) dove comincia a
farsi largo nei violini il tema dell’Incantesimo
del fuoco; poi a LA maggiore (“des hehrsten Helden
verzehrt”) con entrata
maestosa del tema del Crepuscolo (il
corpo dell’eroe consumato dalla vampa) mentre il canto espone la chiusa del
tema di Siegfried; il quale culmina
in DO# (“Sein Ross führet daher”) con fagotti e celli a ricordare la Cavalcata, in omaggio a Grane; per poi
virare a MIb (“dass mit mir dem Recken es folge”) e da qui al LAb (“denn des Helden heiligste Ehre zu teilen”) su cui si innalza nobilmente nel canto il tema di Siegfried (sempre accompagnato dall’Incantesimo del fuoco e dalla Cavalcata). Dalla sua chiusa sul MIb
ancora le due componenti della Catastrofe
suggellano l’esposizione del proposito di Brünnhilde.
Il
suono si è improvvisamente rarefatto e il clarinetto esala, in REb, il motivo
del Saluto d’amore: e mai così a
proposito, dato che qui inizia quella che possiamo chiamare l’orazione funebre
di Brünnhilde per Siegfried. La tonalità si porta sul DO maggiore e questa
sezione del canto di Brünnhilde
è tutta sostenuta da continui sviluppi del tema del Saluto d’amore.
Siegfried
fu l’eroe più puro, ma tradì l’amata per fedeltà all’amico (Gunther): fedeltà
testimoniata dalla Spada (il cui tema
si alza stentoreo nella tromba in DO maggiore) stesa fra loro nella fatale
notte del rapimento. Nessuno fu più fedele di lui e nessuno sappe amare come
lui; pure nessuno come lui tradì i giuramenti e l’amore per la sua donna.
Queste
ultime parole sono sostenute in orchestra dalle secche ottave discendenti del
tema della Fedeltà.
Ora
Brünnhilde ci e si domanda: chi sa perchè ciò avvenne? E il tema del Presagio di morte (qui in DO minore) che
ha introdotto la domanda sfocia in quello, davvero implacabile e immancabile,
dell’Enigma del destino...(2)
C’è
anche qualcun altro cui la domanda è indirizzata: ce lo dice inequivocabilmente
la comparsa negli ottoni di una forma dimessa e quasi irriconoscibile del tema
del Walhall. È agli dèi che ora Brünnhilde si rivolge, alzando lo sguardo
verso il cielo per rinfacciargli la loro colpa eterna (“erschaut
eure ewige Schuld!”) sul
tema del Presagio di morte, ancora
sfociante in quello dell’Enigma.
Quindi si rivolge direttamente al padre: “Meine
Klage hör', du hehrster Gott!”
per scagliargli addosso senza mezzi termini una tremenda accusa, tutta
costellata da ritorni del tema dell’Enigma:
aver votato alla morte quella nobile creatura che aveva compiuto l’impresa a
lui negata, ma da lui tanto agognata. E quella nobile creatura aveva dovuto
tradire lei, perchè lei comprendesse la verità (ma è proprio così? il tema
dell’Enigma, insistente, sembrerebbe
metterlo in dubbio...) e divenisse sapiente(3). E così ora anche lei ha chiaro
il futuro: la fine, che si prepara a dare a se stessa e agli dèi, cui invierà i
corvi (tema della Schiavitù, nei
legni, seguito nel clarinetto basso e negli archi alti dalla sequenza
ascendente riferibile ai corvi) per annunciarla. E null’altro che il protervo
tema della Maledizione può
sottolineare tale proposito. Ma subito dopo ecco due ritorni (in LAb nei corni)
della seconda maggiore (FA-MIb) del Canto
delle Figlie del Reno, ad introdurre il “Ruhe” (riposa, o dio...) sulla
ricomparsa della chiusa del Walhall,
nel canonico REb, mentre gli archi ricordano però l’Angoscia di Wotan! E il conclusivo “du Gott!” è cantato ancora sul
motivo della Schiavitù (MIbb-REb)
prima che la tromba bassa metta il suggello del Walhall.
Torna
in tre folate successive il motivo ascendente della Catastrofe per supportare l’invito di Brünnhilde agli uomini di collocare la
salma di Siegfried sulla pira. Subito subentrano in sequenza i temi del Crepuscolo e dell’Elemento primordiale (questo nei clarinetti in MIb, proprio come
nel Preludio del Rheingold) ad
accompagnare Brünnhilde
nel gesto di sfilare l’Anello dal dito di Siegfried, per contemplarlo poi in
profonda meditazione.
Il
tema dell’Anello, cupamente storpiato
nei legni, per due volte accompagna le parole di Brünnhilde (“Verfluchter Reif! Furchtbarer Ring!”)
che ha deciso (era ora!) di riconsegnarlo alle Figlie del Reno. Ora si
contrappuntano mirabilmente tre temi legati alle ninfe: il Canto delle Figlie del Reno (versione lamentosa della fine del Rheingold), il loro Grido di allegria (udito all’inizio di questo terz’atto) e il “Weia
Waga”, le Figlie del Reno (quello
della loro prima apparizione). Brünnhilde proclama di accettare il consiglio
delle sagge ninfe(4) e di restituire loro ciò che reclamano.
Qui
udiamo tre successivi ritorni del tema dell’Oro:
dapprima sul SIb, poi sul RE e infine sul SOLb (ma sfociante sul RE naturale,
quinto grado aumentato...) Brünnhilde
sembra (e Wagner con lei) porsi correttamente un problema di importanza
capitale quando, rivolta alle ninfe e riguardo all’Anello afferma: “Voi nel flutto dissolvetelo; limpide custodite l'oro
lucente, che vi fu rapito a sventura.” Sì, perché ciò che qui sta per essere
restituito al Reno e proprio nelle mani delle ninfe non è già l’Oro
puro, primordiale, incontaminato che esse custodivano beatamente prima
dell’arrivo di Alberich, ma un manufatto (e il tema dell’Anello infatti rispunta nei clarinetti) costruito da un essere
vivente al preciso scopo di sfruttarne le proprietà miracolose e perverse
insieme, e sul quale grava la Maledizione
(ecco il relativo tema sulle ultime parole di Brünnhilde “zum
Unheil geraubt”) del
costruttore medesimo, una maledizione che – fino all’ultimo – ha sempre,
infallibilmente ed inesorabilmente colpito tutti coloro – colpevoli o
innocenti, consapevoli o ignoranti – che si sono impossessati dell’Anello o che
hanno anche solo tramato per impadronirsene. Ecco perché Brünnhilde si premura
di ordinare alle ninfe di ritrasformare l’Anello in Oro.(5)
___
Note:
1.
È di gran lunga (per numero di versi) il più lungo monologo dell’intera
Tetralogia. Peraltro l’ultima voce che si udrà nel Ring sarà quella del bieco
Hagen.
2.
Come già anticipato, nelle parole di Brünnhilde si parla di Siegfried come di
un grande eroe onesto e di un grande traditore allo stesso tempo. Il concetto è
di indubbia suggestività e drammaticità… ma non si accorda con i fatti ormai
accertati, e perfettamente chiari anche a Brünnhilde: Siegfried ha tradito
inconsapevolmente, in forza di un imbroglio, perpetrato ai suoi danni da Hagen,
e perciò dovrebbe essere assolto con
formula piena, riconoscendo in lui una vittima innocente di giochi che sono
passati sopra la sua testa. Al massimo gli si potrebbe rimproverare eccessiva
dabbenaggine, nel momento in cui si fidò dell’ospitalità pelosa dei Ghibicunghi. Perché, se viceversa Siegfried fosse un
vero traditore, allora che senso avrebbe glorificarlo? È possibile che Wagner
abbia cercato, quasi sinfonicamente,
di far convivere due stati esistenziali di Siegfried: quello soggettivo,
vissuto personalmente (il ragazzo ingenuo, sempre fedele - a se stesso e ai
suoi impegni - spinto da inguaribile ottimismo) e quello oggettivo, vissuto di
riflesso da Brünnhilde (un grande amatore prima, un grande traditore, sia pure
incolpevole, poi). Invece – e questo è davvero inconcepibile - Brünnhilde (in
realtà Wagner) ignora la colpa più grave e infamante di cui Siegfried si è macchiato
per davvero, filtro o non filtro: la menzogna! Affermando di non averle
strappato l’Anello la sera precedente, lui – l’eroe puro e incontaminato – è purtroppo
diventato un gran bugiardo, un volgare impostore. Ma ciò passa praticamente
inosservato.
3.
Beh, qui la nostra ex-valchiria non la racconta giusta: come si è già
ricordato, lei conosceva in anticipo e alla perfezione (fin dalle parole del
padre Wotan e poi da quelle di Waltraute) le qualità negative dell’Anello, la
relativa maledizione che vi gravava e l’assoluta necessità di restituirlo al
Reno per salvare il mondo. Non aveva proprio bisogno di toccarne con mano gli effetti devastanti del possesso per prendere
la saggia decisione di disfarsene. E invece, per egoismo e superbia
(privilegiare la propria effimera felicità) lei è divenuta corresponsabile
della catastrofe planetaria e in primo luogo proprio della morte del suo amato
eroe. Morte della quale ora incolpa del tutto a sproposito Wotan, completamente
estraneo (muto e inane da quando fu umiliato da Siegfried) alle vicende che
hanno portato a quella morte: non è propriamente un bell’esempio di sapienza!
4.
Di nuovo: una decisione tardiva, presa da chi ormai non ha più nulla da
chiedere alla vita.
5.
Ma del fatto che ciò avvenga non avremo alcuna certezza, anzi...
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