24 dic 2014

5.2.1.1 Götterdämmerung - Atto I – Scena I: Gunther & Gutrune, Hagen


Il sipario, che era stato abbassato all’inizio del lussureggiante viaggio musicale di Siegfried sul Reno, si alza ora sulla sala della reggia dei Ghibicunghi, che sorge proprio sulla riva del grande fiume. Ad accoglierci troviamo immancabilmente temi che ci presentano gli individui che abitano quel luogo: due fratelli di sangue reale, Gunther e Gutrune, figli dei defunti sovrani Gibich e Grimhilde, che potremmo etichettare come la mediocrità al potere; e Hagen, loro fratellastro, nato dall’oscuro rapporto di Grimhilde con Alberich, che possiamo ben definire come l’intelligenza al servizio del crimine.

Abbiamo già osservato come Hagen(1) (di cui avevamo sentito vaneggiare già nella Walküre) sia un personaggio  che fa, proprio come Siegfried, da trade-union fra il mondo mitologico e quello storico. Ed è di lui che ci parla il Leit-motiv presentato subito dagli archi, in una tonalità che si muove intorno al FA# minore: un motivo puntato nei violoncelli e contrabbassi sul quale violini e viole innestano due incisi protervi: dapprima una terza minore discendente (LA-FA#) e poi una settima discendente (SI-DO#). Sia il motivo negli archi bassi che gli incisi in quelli alti sono preceduti da una veloce terzina ascendente, che ci ricorda, accorciato, il motivo dell’annientamento, caratteristico del padre di Hagen. Invece il motivo puntato sembra scimmiottare addirittura il patto (vedremo in effetti all’inizio dell’atto secondo quale sia il sodalizio fra padre e figlio).

Al tema di Hagen si allaccia subito quello caratteristico della schiatta dei Ghibicunghi(2): anch’esso è puntato, esposto qui in FA# maggiore, che sale per più di un’ottava, di gradino in gradino fino alla mediante LA#, per poi scendere fino alla sesta e da lì risalire alla tonica: sembra quasi una parodia dell’elemento primordiale, chiuso da un gesto di tronfia vanagloria (un po’ anche come il motivo del trionfo del nibelungo…) Questi due temi continuano ad accavallarsi sottolineando il dialogo fra Gunther e Hagen, aperto dal primo, che pone al secondo una domanda retorica (oppure stupida): regno io felice sul trono di Gibich? E il suo tema ampolloso chiude ora una terza maggiore più in basso, sul RE, subito ripetuto pappagallescamente in eco dall’orchestra.  

Hagen risponde, accompagnato dal suo motivo puntato: come no! persino nostra madre Grimhilde me lo ripeteva. Gunther ribatte di aver avuto in dono la primogenitura, ma non la sapienza, che fu riservata al fratellastro: e perciò a lui chiede consiglio (il suo tema si sposta ancora in basso, di una terza minore, sul SI, sempre ripetuto enfaticamente dall’orchestra). La risposta di Hagen è introdotta da un inquietante inciso, che non promette nulla di buono: proviene infatti dal tema del grido di dominazione del nibelungo (!) Poi, accompagnato dagli scatti discendenti del suo tema, Hagen rivela al fratellastro la natura della principale lacuna che macchia la sua regale esistenza. Di che si tratti ce lo annuncia subdolamente il primo clarinetto, esponendo una variante storpiata, in minore, del tema di Freia: caro fratello, ti manca l’amore! Io vedo te e tua sorella nel pieno degli anni, ma tu ancora sei senza moglie e lei senza marito…

Gunther e Gutrune piombano in una muta meditazione (così avverte la didascalia) durante la quale è il clarinetto basso a farsi vivo con il tema di Freia, prima che Gunther, accompagnato da spezzoni del suo tema in FA# maggiore, domandi consiglio al fratellastro riguardo a chi scegliere come consorti, che rechino ulteriore fama e onore alla casata dei Ghibicunghi.

Ecco: la trappola di Hagen sta per scattare.  
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Note:
1. Hagen figlio di Alberich è un’invenzione bella e buona (anche se straordinaria!) di Wagner: nel Nibelungenlied, Hagen è un fido (pur se rude) vassallo che nulla ha a che fare con i Nibelunghi; nella Völsunga Saga, come in Snorri, è un figlio del re Gjuki; in ogni caso egli è in qualche modo vittima, non già ideatore e regista, come invece ce lo presenta Wagner, dell’assurda vicenda che coinvolge Siegfried e Brünnhilde. Qualcuno vede nell’ascendenza nibelungica di Hagen uno dei tanti momenti di “antisemitismo” del Ring (ne riparleremo a tempo debito).
2. Anche se sembra precocemente invecchiato, Hagen è sicuramente più giovane di Gunther e Gutrune: intanto perché sarebbe difficile immaginare che la madre dei tre (Grimhilde) abbia messo al mondo i due figli legittimi dopo aver subito la seduzione di Alberich. La seduzione, non lo stupro – come spesso si insinua – chè il frutto di uno stupro difficilmente potrebbe trovare ospitalità e riconoscimenti nella reggia medesima, accanto ai figli legittimi della regina stuprata. E in ogni caso sono le parole di Gunther a confermarci che è lui il primogenito. Di lui e di Gutrune, Hagen parla come di persone nel vigore maturo dell’estate, il che, tradotto in anni d’età, potrà significare all’incirca o comunque al massimo... 30. Il che significa che Hagen, essendo più giovane di Gunther, deve avere a sua volta meno di 30 anni. Proprio come Siegfried, che sappiamo avere la stessa età di Hagen (massimo 9 mesi in meno) come si deduce dall’annuncio fatto da Wotan alla figlia nel secondo atto della Walküre a proposito della gravidanza di Grimhilde...

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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