10 dic 2013

5.1.2.3 Götterdämmerung – Prologo (II): vita di coppia - II.


Torniamo in medias res: poco fa abbiamo udito il tema del Siegfried-in-carne-ed-ossa armonizzato per terze, il che gli conferisce un carattere solenne, quasi marziale, eroico per l’appunto. Con ciò rappresentando mirabilmente la virilità che il ragazzo ha sperimentato grazie all’incontro, anche e soprattutto sessuale, con la donna. In più: Siegfried è ora anche materialmente gravato della pesante armatura(1) – con tutta evidenza ereditata da Brünnhilde – che ha indossato. Ecco:  nel nostro caso sono il tempo e l’orchestrazione a rappresentare il nuovo aspetto materiale di Siegfried: tempo maestoso (precisamente sehr ruhig, “molto tranquillo”) in contrapposizione all’allegro del Siegfried; orchestrazione pesante (tutti gli ottoni in fortissimo!) con armonizzazioni a dir poco enfatiche (in cui si distingue in tromboni, tuba e archi bassi un motivo discendente legato al Patto, che abbruna significativamente sul DO minore il raggiante MIb)... rispetto alla purezza di suono (violini o corno solo) che, sempre nel Siegfried, caratterizzava l’esposizione del tema del Grido (e che comunque risentiremo anche nel corso di quest’ultima giornata). Il quale tema dell’Eroismo viene qui reiterato con aggiunta di una coda, che ricomparirà - sottilmente variata! - nella successiva “marcia funebre” del terzo Atto.

Bene, ora i due “sposini”, freschi-freschi di una notte d’amore(2), si preparano a lasciarsi, non prima di essersi scambiati doni e profferte amorose. Vedremo Siegfried consegnare a Brünnhilde l’anello(3), da lui strappato ad un drago selvaggio(4), ricevendone in cambio lo scudo e il destriero Grane, ormai divenuto “terreno” - proprio come la padrona - e privato delle sue prerogative di “ippogrifo”.

Prima di seguire più in dettaglio la scena del commiato, domandiamoci ancora(5): ma perchè due che si amano - e che hanno a mala pena cominciato a stare insieme - devono subito lasciarsi? Non solo, ma è la donna ad accettare quasi con entusiasmo questa separazione, riconoscendo di non poter più “dare nulla” al compagno, ma di poter solamente “acconsentire” alla di lui volontà. E lui si chiede se è solo per la di lei virtù che dovrà compiere nuove e gloriose imprese... Beh, molti anni più tardi Freud scriverà cosucce interessanti sull’abbandono, ma ancora una volta Wagner dimostra di saperla lunga sulla psicologia del rapporto di coppia: un amore non può “essere consumato e basta”, deve essere rigenerato continuamente, ed ecco quindi la proposizione della catena: “amore > imprese > amore”, legata però strettamente ad un’altra: “imprese > rischio > pericolo di morte > rinunzia all’amore”.

Non è quindi un caso se è l’equivoco intervallo di settima discendente (frammento dal tema di Brünnhilde donna) che sostiene le parole “Zu neuen Taten” con cui la donna invita l'amato ad esplorare il vasto mondo per compiere nuove imprese, che ridiano lustro ed alimento al loro amore. Anzi, quella settima discendente appare proprio sul sostantivo Taten; ancora una volta: amore coniugale, imprese e quindi amore in pericolo… tutto concentrato in due note!

Un’altra riflessione che qui si impone riguarda l’Anello, ora in possesso di Brünnhilde: Siegfried lo dona alla compagna come simbolo delle sue passate eroiche gesta(6) e come pegno d’amore. Attenzione però: Siegfried poco o nulla sa dei retroscena, maledizione inclusa(7), che riguardano quel manufatto; e l’Uccellino gli ha parlato sì di un “anello che rende padroni del mondo”, ma lui non saprebbe nemmeno come impiegarli, quegli arcani poteri…

Invece Brünnhilde sì che conosce tutto per filo e per segno: ha appreso dalla viva voce di Wotan (Walküre, Atto II, Scena II) tutta la storia, nei minimi particolari; sa da dove viene l’anello, sa che sui suoi possessori grava la maledizione di Alberich e che soltanto la restituzione dell’anello al Reno potrà salvare Wotan e il relativo “ordine costituito”, di cui in fin dei conti fanno parte – volenti o nolenti - anche lei stessa e Siegfried!(8) Sa anche che il tesoro, anello compreso, era custodito da Fafner(9). E adesso sa che l’anello donatole da Siegfried è esattamente quell’anello, che il ragazzo le ha confidato di aver prelevato dal tesoro custodito dal drago(10). Dovremo ricordarci di questo importante particolare nella terza scena del primo Atto, al momento dell’incontro di Brünnhilde con la sorella Waltraute.
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Note:
1. Siegfried - come avverte la didascalìa - si presenta “in vollen Waffen”, armato di tutto punto.
2. Quante  ne avranno passate di notti insieme, i nostri due piccioncini? Come già in precedenza sottolineato, il testo non ci fornisce indizi inconfutabili, ma tutto ci suggerisce che quella debba essere stata la prima! Di sicuro non sarà l’ultima, anche se l’ultima arriverà in circostanze ben poco piacevoli…  
3. Per la prima volta nella Storia, l’Anello viene spontaneamente ceduto, e non forzatamente sequestrato! Ciò è reso possibile dall’ignoranza, da parte di Siegfried, delle proprietà e dei retroscena che lo caratterizzano.   
4. Questa informazione è di capitale importanza, come vedremo fra poco trattando del comportamento di Brünnhilde al riguardo.
5. Abbiamo trattato nel Siegfried il legame - apparentemente ambiguo e contorto - fra amore e rinuncia, come esposto da Wagner in varie circostanze. 
6. Qui, correttamente, Siegfried afferma che il possesso dell’anello è la conseguenza, l’effetto delle sue gesta, non già la causa e il fine originario. In effetti lui non ne conosceva nemmeno l’esistenza, lo ha avuto come premio – su indicazione dell’Uccellino - per il suo coraggio e la sua bravura. Vedremo come Siegfried modificherà sostanzialmente la sua versione dei fatti nel dialogo con le Ninfe all’inizio del terzo Atto (ancora sotto l’effetto del filtro di Hagen) per poi ritornare su quella corretta - una volta “tornato normale” - nel ricordo finale.
7. Per la verità il morente Fafner ha genericamente parlato a Siegfried di “oro maledetto”. 
8. In effetti, nel finale del Siegfried, Brünnhilde aveva sparato a zero sul Walhall e sul mondo degli dèi, ma allo stesso tempo il suo “morte ridente” era una chiara premonizione di un futuro poco rassicurante.  
9. E del resto persino la sorella Schwertleite, nel terzo atto di Walküre, aveva dimostrato di conoscere perfettamente questo particolare.
10. Se per assurdo Brünnhilde, conoscendo tutto il male che ne può derivare, decidesse di chiedere a Siegfried, come testimonianza d’amore, di gettare subito l’Anello nel Reno… tutto il Ring andrebbe a farsi benedire! È ciò che paventerà fra poco Alberich nella sua notturna apparizione ad Hagen.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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