26 mag 2013

5.1.1.1 Götterdämmerung – Prologo (I): verso il degrado?

Wagner raggruppa sotto un unico titolo (Vorspiel, Prologo o Preludio) un corpo che in realtà è costituito da quattro componenti: una breve introduzione orchestrale; il canto delle Norne; il risveglio di Siegfried e Brünnhilde e il successivo commiato; e il viaggio di Siegfried sul Reno.

Esaminiamo quindi le 27 battute di introduzione orchestrale, cominciando col notare un particolare apparentemente eccentrico: la prima pagina del Preludio reca sei bemolli in chiave e uno sul pentagramma: 7 bemolli, DO bemolle! Le prime due battute sono due accordi di MIb minore e DOb maggiore. Se non ci fosse un “antefatto”, la cosa avrebbe il sapore di un’inutile presunzione, di una bizzarra quanto gratuita trovata da parte di un musicista in vena di esibizionismo a buon mercato. Ma invece l’antefatto c’è, e trasforma la gratuita trovata in un’autentica vetta dell’espressione artistica, quanto meno se la giudichiamo con i parametri e i paradigmi della civiltà musicale dei tempi di Wagner (che peraltro dovremmo tenerci stretta-stretta). Di che si tratta? Del Saluto al mondo, le due battute con cui Brünnhilde, nel terzo atto del Siegfried, appena risvegliata dal suo lunghissimo sonno, saluta il sole (“Heil dir, Sonne!”): MI minore e DO maggiore!

Ecco, l’atmosfera di allora, davvero solare, tersa e pura, si è ora come abbrunata, quasi che una leggera foschia si sia interposta fra il sole e la terra: la musica si è abbassata di un semitono! Spiegare ciò con il fatto che ci troveremo fra poco in uno scenario notturno sarebbe banalizzare davvero il significato di questa scelta del compositore, che in realtà – non per nulla siamo proprio al principio del dramma – ha inteso qui esprimere qualcosa di ben più profondo: l’inevitabilità del crepuscolo!(1) Insomma, con questo semplice ma efficacissimo espediente musicale Wagner ci sta anticipando qualcosa che non sembrerebbe propriamente un futuro radioso...

La prima coppia di accordi (MIb minore – DOb maggiore) occupa 8 battute, esattamente quante la seconda (che dal MI minore – RE minore del Siegfried qui si abbassa a MIb minore – REb minore). A differenza del Siegfried, dove erano arpa e archi ad accompagnare quegli accordi con semplici arpeggi, qui gli accordi sono contrappuntati da due motivi dal significato inequivocabile, motivi che avevamo udito già nel Preludio del Rheingold, cioè proprio all’inizio di questo straordinario viaggio nella storia dell’Universo, dell’Uomo e della Musica! Il primo è il tema dell’Ondeggiamento (sestine di crome in viole e violoncelli) che evoca non solo e non tanto il fluire delle acque, ma anche e soprattutto il fluire del tempo; l’altro è il tema dell’Elemento primordiale (nei clarinetti) che sappiamo anche essere – trasposto in minore – il tema delle Norne, a sua volta componente ascendente del tema di Erda (che poi sfocia in quella discendente del Crepuscolo!)

Ricordiamo: Wagner ci aveva lasciato nel finale del Siegfried in un’atmosfera di giubilo e di  certezze, di felicità totale, che sembrava non potesse e non dovesse aver fine. Ma l’ultima esternazione dei due giovani innamorati era stata nientemeno che Lachender Tod, ridente morte! Ecco, ciò che allora sembrava l’affermazione avventata, inconsapevole o spaccona di due ragazzi un poco incoscienti adesso dobbiamo cominciare a prenderla sul serio…

E in questo ci aiuta subito il motivo che emerge negli ottoni (tubette e tromba bassa) alla 17ma battuta dell’introduzione, sgorgando dal nuovo accordo di MIb minore, quel motivo di sole tre note tante volte riapparso dopo che per la prima volta ci era arrivato alle orecchie al momento, per Brünnhilde, di annunciare a Siegmund la sua sorte: l’enigma del destino!  E il destino, come ben sappiamo, è a sua volta legato ad un… filo: quello che le tre Norne tessono instancabilmente, e che qui Wagner evoca con un motivo suonato dagli archi, fatto di sestine di crome, anche questo ondeggiante ma - si badi bene – con un andamento che ha una tendenza costante ed ineluttabile a scendere, a degradare, esattamente come scendono e degradano le minime della tromba bassa, dal FA al SOLb due ottave sotto, mentre il sipario si è alzato sulla stessa scena - qui però avvolta dalle tenebre della notte - del finale del Siegfried.

I due giovani stanno riposando – dopo le fatiche (!) del primi accoppiamenti(2) - in una caverna nella roccia, e tre figure femminili, alte(3) ed avvolte in lunghi veli, sono sedute lì nei pressi, intente a tessere la trama del destino: la più anziana sotto un abete (dove presumibilmente pascolava Grane, che scopriremo fra poco aver passato la notte con… i due innamorati!) una seconda vicino all’imboccatura della caverna e la più giovane su una roccia verso il fondo, donde provengono bagliori del fuoco che tuttora circonda l’altura.   
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Note:
1. Un fisico definirebbe il fenomeno come l’inarrestabile “aumento dell’entropia del sistema”. Per la verità, mentre uno strumentista (agli archi soprattutto) sperimenta materialmente la differenza fra i due scenari (poiché nel secondo caso deve diteggiare assai) un orecchio che non sia veramente super-fino (e con diapason incorporato…) può faticare a cogliere tale differenza. Il cui significato però è di capitale importanza.
2. Wagner non ci dice esplicitamente che la notte con cui si apre Götterdämmerung sia quella immediatamente successiva all’incontro fra i due giovani. Ma il contesto ci autorizza a proporre questa ipotesi suggestiva: in caso contrario il successivo distacco dell’uno dall’altra potrebbe intendersi come la conseguenza di una “crisi del settimo anno” (o mese , o giorno) e ciò ne intaccherebbe irrimediabilmente la grandezza e il significato, oltre a contraddire il testo e la musica. In termini materiali possiamo quindi concludere che l’intera vita coniugale dei due si riduca ad una sola giornata, che va dalla tarda mattinata del risveglio della ex-Valchiria a quella della partenza di Siegfried. Poi sarà… il disastro.
3. Le Saghe collocano le Norne nella stirpe dei Giganti.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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