31 mar 2015

5.2.2.1 Götterdämmerung: Atto I – Scena II: L’accoglienza pelosa riservata a Siegfried


Mentre Siegfried salta giù dalla barca insieme a Grane, ascoltiamo quale accoglienza gli riserva il truce Hagen: “Heil! Heil! Siegfried, teurer Held!” (Salve! Salve! Siegfried, caro eroe!) Il primo Heil! è lunghissimo e si accompagna alle veloci biscrome ascendenti dei legni che superficialmente evocano le onde del fiume che si infrangono sulla riva, ma in realtà nascondono la volontà di annientamento del Nibelungo! Attenzione poi ai quattro forti rintocchi del timpano: sono l’incipit del tema dei Giganti. Sì, perché anche qui siamo in presenza di un gigante, ma un gigante, anzi un campione, del male; e la conferma ci viene immediatamente: basta ascoltare su quali note (doppiate con protervia dai tre tromboni e ingrossate dal fortissimo di tutti i fiati, dal tremolo degli archi e dal rullo dei timpani) Hagen dà il benvenuto a Siegfried.

È il tema della maledizione! Ancora una volta, ecco come la musica si incarica di manipolare, addirittura di contraddire, il significato della parola: specularmente al caso di Mime (al momento di esser messo definitivamente a tacere da Siegfried) del quale erano le parole a dire la verità, mentre la musica affermava il contrario, con le sue mielose adulazioni, qui è la parola che diviene ingannevole, colma di falsa deferenza, mentre la musica ci rivela oltre ogni ombra di dubbio le autentiche intenzioni del figlio di Alberich.

Mentre Hagen dà questo lugubre benvenuto a Siegfried udiamo nei legni due brevi incisi che ci ricordano Gutrune: la donna sta infatti divorando l’eroe con lo sguardo, mentre anche Gunther si avvicina per salutare l’ospite.

Il cui tema identitario sale solenne nei quattro corni, ma accompagnato da cupe e veloci scale ascendenti degli archi, che evocano quasi tracotanza, mentre Siegfried chiede chi sia di loro il figlio di Gibich. Accompagnato dal tema (qui in modo minore) della sua dinastia, Gunther si presenta: sono io quello di cui vai in cerca. Siegfried, ancora sostenuto dal suo tema in due corni, sempre punteggiato dalle scale ascendenti degli archi, gli dice di aver conosciuto la sua fama lungo il Reno e poi gli pone la scelta secca: con me, o combatti o stringi amicizia. Si noti qui la meticolosità, quasi una pignoleria, di Wagner, che fa cantare a Siegfried le prime parole sul motivo con cui, lasciando Brünnhilde, aveva intonato “Meine Kämpfe kiesest du“ (Se le mie tenzoni tu scegli)!(1)

Gunther offre subito la sua ospitalità e Siegfried si preoccupa allora di sistemare il cavallo, di cui si ode nei corni lo scalpitare. Immediatamente Hagen si premura di accontentarlo, ma ancora il tema della maledizione si alza nel corno, quando Siegfried (mentre il suo tema echeggia in altri corni) gli chiede dove mai egli abbia imparato il suo nome: e noi sappiamo bene da chi Hagen ha appreso quel nome, essendo lui il figlio dell’autore della maledizione!

Hagen ora si prende cura di Grane e non a caso in orchestra si ode il motivo della cavalcata ma anche, nel clarinetto, quello di Brünnhilde adulta, la sua originaria padroncina. Poi fa capolino anche il tema dell’Amore eroico, che aveva impregnato di sé tutto il finale della scena dell’addio fra i due giovani, prima della partenza di Siegfried per il Rheinfahrt. Ma che ora, sempre accompagnando quello della cavalcata, si scurisce e imbruttisce nei corni, quasi a farci presagire il peggio, proprio come lo sguardo pensieroso e preoccupato con cui Siegfried segue Hagen che se va a ricoverare il cavallo, non senza aver invitato con un cenno del capo Gutrune a ritirarsi (per preparare un filtro?)

Frattanto Gunther invita Siegfried nella grande sala del palazzo, manifestandogli enfatici segni di ospitalità (del tipo: tutto ciò che vedi qui intorno, consideralo pure tuo…) Dopo le quinte in caduta, caratteristiche dei Ghibicunghi, la musica che accompagna queste solenni quanto interessate(2) profferte ha un che di nobile, ma di nobiltà un po’ decadente, come il motivo in SIb che le chiude (etichettato come tema dell’Amicizia) che è poi una forma variata della chiusa di quello dei Ghibicunghi.

La risposta di Siegfried, che fa presente a Gunther di non possedere altre risorse se non il suo stesso corpo e la spada che si è forgiata da solo, è sottolineata da un fantastico campionario di temi che già ben conosciamo; in sole nove battute ne ascoltiamo addirittura sei: quello dei Wälsi, poi il Canto delle Figlie del Reno, l’Estasi d’amore, la Fusione della spada, la Spada e i Nibelunghi! E la sua spada Siegfried offre per sancire il patto di fedeltà con Gunther.

Ma ecco che il tema dei Nibelunghi torna a fare capolino nelle viole (mentre clarinetto e corno ripetono le cadute ghibicunghe) insieme a quello del tesoro, questa volta accompagnando le parole di Hagen, che nel frattempo è rientrato nel palazzo e insinua: ma in giro, caro Siegfried, si dice che tu sia diventato padrone del tesoro dei Nibelunghi, nevvero?

Ah già, me l’ero persino scordato, risponde Siegfried, sempre accompagnato dallo zoppicante tema nibelungico, ora contrappuntato da tre incisi della schiavitù: l’ho abbandonato in una caverna, insieme al corpo di un drago (immancabile il relativo tema in orchestra) che lo custodiva(3).

Ancora sul tema nibelungico Hagen insiste: ma non ne hai preso proprio nulla, del tesoro? E Siegfried, accompagnato da uno spezzone della versione dolente del Canto delle Figlie del Reno: veramente sì, questo manufatto, di cui però non so che farmene. Ma è Hagen a sapere benissimo a che serve il Tarnhelm: lui ne è nientemeno che figlio del committente e nipote del costruttore! E così, mentre il relativo tema compare nei corni, Hagen illustra a Siegfried (e a Gunther) le miracolose proprietà dell’elmo magico.

Ma noi sappiamo bene ciò che gli interessa massimamente: e non hai preso proprio altro, dal tesoro? Clarinetti, violini e viole esplodono letteralmente il tema dell’Anello, mentre Siegfried ammette di aver preso anche quello(4). E lo custodisci bene? incalza Hagen. Sul tema dell’Amore eroico Siegfried esclama: una nobile donna(5) (Brünnhilde! mormora fra sè e sè Hagen) lo porta al dito(6).

Gunther, che nulla sa né sospetta dell’Anello e di tutti i relativi retroscena, rassicura Siegfried: guarda, io non avrei proprio nulla da offrirti in cambio, così sono pronto a servirti senza compenso alcuno. E canta ciò ancora sul suo tema, sincero quanto banale, dell’Amicizia.

Nel frattempo Hagen ha aperto la porta della camera di Gutrune che ora, accompagnata nei flauti dal suo pudico tema, ne esce recando un corno contenente una bevanda, che offre sussiegosamente a Siegfried, dandogli il benvenuto. Ecco, è proprio l’inizio della fine.      
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Note:
1. Insomma, pare quasi di capire che Brünnhilde abbia una parte, per quanto involontaria, nell’indirizzare la vicenda verso la sua catastrofica fine!
2. Gunther, così come la sorella, è perfettamente conscio dell’inganno in cui verrà indotto Siegfried, ma è altrettanto scioccamente convinto che si tratti di un inganno a fin di bene: bene di tutti, suo, di Gutrune e in fin dei conti dello stesso Siegfried, di cui lui e la sorella ignorano la relazione in atto con Brünnhilde. Chi invece ha ordito tutta la macchinazione (Hagen) lo ha fatto solo pensando al proprio esclusivo interesse, ben conscio ed anzi ben felice di sacrificare ad esso la felicitä di Siegfried e Brünnhilde.
3. Qui Wagner fa tacere Siegfried di Mime: ciò gli consentirà di mettere in bocca ad Hagen un’epica sghignazzata sulla tragica fine dello zio nel terz’atto, ascoltando i ricordi di Siegfried.
4. Anche qui Siegfried la racconta giusta, riguardo l’anello: lo prese dal tesoro, da lui scoperto solo dopo aver ucciso Fafner, e grazie al suggerimento dell’Uccellino. Vedremo come, nel terzo Atto, Siegfried darà una versione assai diversa del suo possesso dell’anello.
5. Il nome di questa donna non viene assolutamente fatto: è Hagen a indovinarlo; adesso ha la certezza assoluta che Siegfried ha già saputo conquistare Brünnhilde (e quindi potrà ripetere l’impresa!) Peraltro la cosa comporta per la riuscita del suo piano un’ulteriore complicazione: lui deve sperare che in qualche modo l’Anello torni dal dito di Brünnhilde a quello di Siegfried! Invece Gunther e Gutrune (lei addirittura si trova in quel momento in un’altra stanza) restano del tutto all’oscuro dell’identità di quella donna.
6. Vedremo come questa precisazione di Siegfried farà perdere di realismo alla quarta scena del secondo atto, laddove Gunther, vedendogli l’anello al dito, dovrebbe cominciare a sospettare – cosa che inspiegabilmente non farà – della pregressa relazione fra Siegfried e la ex-Valchiria. 

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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