Il
tema della sua Meditazione - urlato per cinque volte, a canone stretto, prima
da flauti e clarinetti, poi da violini secondi e viole, quindi dai corni, poi
dagli archi bassi e infine dai fagotti – seguito da quello dei Nibelunghi, nei
violoncelli, ha accompagnato Mime all’aldilà. Un aldilà poco simpatico, a
giudicare dal tremendo tema della Maledizione che si alza ora nei tre tromboni
a ricordarci che pure lui ne è stato colpito, nonostante mai abbia posseduto
l’Anello, nemmeno per un istante: ma la sola bramosia di esso è bastata a farlo
vittima dell’inesorabile potenza della profezia del fratello.
Avevi
tanta voglia di questo tesoro? Eccoti servito: ora te lo potrai godere per
l’eternità… e Siegfried trascina il corpo di Mime fino all’antro di Fafner, dentro
al quale lo scaraventa, ammucchiandolo sopra l’oro di Alberich: spezzoni strascicati
del suo Grido e del tema nibelungico, cui poi si aggiunge ancora la
Maledizione, ne accompagnano la fatica.
E,
ad ostruire in modo macabro quanto efficace l’ingresso della caverna, ci rotola
anche il corpo dell’orripilante lucertolone, morto senza nemmeno poter
rientrare nei suoi naturali panni di Gigante: che ci vengono vagamente
ricordati dalle tube e dai rintocchi del timpano, poi dal tema del drago,
mentre lo sforzo di Siegfried per trascinare l’enorme massa del bestione dal
luogo della sua fine alla caverna che abitava è minuziosamente evocato da
quattro autentici strattoni, ciascuno rappresentato da una semibreve in tremolo crescendo, sfociante in una croma,
seguita da 4 biscrome ascendenti (e/o discendenti) più una croma, che udiamo
negli archi (i primi due) e poi anche in clarinetti e fagotti (gli ultimi).
Ecco,
stattene qui anche tu, a custodire per bene il tesoro, insieme a colui che lo
aveva tanto desiderato… e riposate in pace! È il motivo dell’Anello a
suggellare il compimento delle esequie ai due poco raccomandabili individui, e
invero nel modo più appropriato (sì, perché è per il suo possesso che i due
hanno dato, o pensato di dare, la morte e poi l’hanno meritatamente trovata):
un paio di isolati rintocchi di timpano alternati all’incipit del tema
nibelungico nei violoncelli sottolineano – più e meglio della didascalia –
l’ultimo sguardo che Siegfried getta sulla caverna, ora trasformata in un poco
onorevole cimitero.
Adesso
però il sole è salito proprio a picco e la fatica si fa sentire, come ci spiega
magistralmente il tema del Grido, ancora strascicato e affaticato pure lui in
violini e viole, che accompagna Siegfried mentre torna a sdraiarsi all’ombra
del gran tiglio sul ramo più alto del quale è sempre appollaiato l’Uccellino
(ce lo ricorda stupendamente un inciso del primo corno).
Mentre
violini e viole, divisi in ben 8 voci, ricreano la misteriosa quanto stupefacente
atmosfera del Waldweben, Siegfried ricomincia
a meditare sulla sua condizione. Ed è il violoncello solo che ce la spiega, intonando
lo sbudellante motivo della Bramosia dell’amore
materno, che davvero fa correre brividi in tutto il corpo!
Mio
caro uccellino, tu te ne stai lassù circondato da altri, chissà, fratelli o
sorelle, che ti avvolgono di tenerezze… io invece purtroppo non ho nessuno: la
madre scomparsa, il padre caduto, l’unica persona che ho conosciuto su questa
terra era uno spregevole individuo – di cui udiamo il ricordo nel ritorno dell’incipit
della sua cantilena, in quello del suo tema nibelungico, in quello della sua meditazione
e poi della sua furbizia - che ha solo cercato di ingannarmi, tanto che alla
fine sono stato costretto ad ucciderlo…
Guarda
mestamente in su, fra i rami, Siegfried, mentre dai violini esce
improvvisamente una vivace melodia (catalogata come Gioia d’amore…) che accompagna la sua accorata invocazione all’Uccellino:
dopo due semicrome in cui spicca il volo verso l’alto, si adagia su una
semiminima, quindi discende per 6 semicrome (il tempo è 3/4). La figurazione si
ripete per undici volte, dapprima innalzando il suo zenit: tonica SOL (due volte)
mediante SI (una volta) sesta MI (tre volte) sopratonica LA (due volte); poi
abbassandolo: sesta MI (una volta) e sottodominante DO (due volte).
E
su una variante del tema della Bramosia d’amore,
Siegfried implora il pennuto: amico mio, non potresti trovare un buon compagno
anche per me? io l’ho cercato tante volte, ma senza successo: tu invece già mi
hai consigliato per il meglio, di te mi fido… Siamo ancora in SOL maggiore, e
il canto di Siegfried si è fermato sulla mediante, SI. E quel SI diventa
dominante del MI, la tonalità del Waldweben,
la cui fremente atmosfera gli archi ripristinano subitaneamente, mentre
Siegfried esorta il piccolo amico: ora canta, ti sto ad ascoltare!
E
l’Uccellino – è la sua terza ed ultima esortazione - si compiace dell’impresa
di Siegfried (la fine di Mime) ed ora lo informa di Brünnhilde, addormentata su
una fiammeggiante roccia(1). Chi saprà attraversare il fuoco che la protegge,
la potrà ridestare e far sua!
Siegfried
si alza a sedere, con il petto che si gonfia di fremiti mai prima provati; e ne
chiede spiegazione al volatile, mentre una variante del tema della Gioia d’amore esplode in violini, viole
e flauti. “Cos’è che m'irrompe così impetuoso per i
sensi e per il cuore?” domanda Siegfried, cantandolo con il ritmo sincopato
proprio di chi ha il corpo intero squassato da sensazioni mai prima provate(2).
E
qui l’Uccellino risponde cantando quei versi un poco criptici (“Lustig im Leid…):
“Giocondo nel dolore io canto dell'amore; gioioso, di
tormento m'intesso la canzone: solo chi brama ne comprende il senso!”(3)
Mentre
il motivo della Gioia d’amore riemerge
vorticosamente negli archi, Siegfried sbotta: questo anelito mi spinge a fuggire
da qui per trovare la roccia fiammeggiante (e udiamo l’inconfondibile motivo
dell’Incantesimo del fuoco). Dimmi,
caro canterino, riuscirò a trovarla e ad attraversare il fuoco? Il tema di
Siegfried si alza balzanzoso, sulla sua ultima domanda: riuscirò a svegliare la
sposa?
Il
motivo della Gioia d’amore adesso
trascolora (perché sono un poco parenti!) in quello del Sonno di Brünnhilde, mentre l’Uccellino profetizza: nessun pavido
potrà avere Brünnhilde, ma solo un coraggioso, che non conosca la paura.
Siegfried
non sta più nella pelle e adesso canta anche lui sul tema dell’Uccellino: ma
quell’ingenuo che non conosce ancora la paura son proprio io! Nemmeno Fafner me
l’ha saputa insegnare, e adesso non vedo l’ora di impararla da Brünnhilde. Ma
come trovo la strada?
Ora
il ritmo si fa vorticoso, con i flauti che emettono autentici battiti d’ala: è
l’Uccellino che si è staccato dal ramo, e Siegfried si prepara a seguirlo. Dopo
qualche svolazzo qua e là, il pennuto prende decisamente una direzione, e il
ragazzo gli si butta dietro a rotta di collo.
L’orchestra
sembra impazzire con lui… i temi dell’Uccellino si contrappuntano con la Gioia d’amore in un crescendo strepitoso,
chiuso da un mirabile, singolo rintocco di triangolo (a 7 battute prima della
fine); poi strumentini e primi violini ci mostrano l’Uccellino che si allontana,
e infine sparisce su uno schianto di tutta l’orchestra.
E
così finalmente Siegfried lascia il suo (poco rimpianto) luogo natìo per
inoltrarsi nel mondo, come si era ripromesso di fare fin dall’inizio. Un mondo
che gli riserverà grandi emozioni, ma che alla fine lo stritolerà nei suoi
ingranaggi infernali.
___
Note:
1. Anche questo particolare è
presente nelle saghe, dove Sigurd apprende dell’esistenza di Brynhild dal canto
degli uccelli.
2. Ritroveremo qualcosa del genere –
ampliato a dismisura – nella scena del finale del Tristan, quando il
protagonista si prepara per l’ultimo incontro con Isolde.
3.
Ritroveremo questo struggente riferimento alla necessità naturale di amore – “Lenzes Gebot, die süsse Not, die legt' es
ihm in die Brust” - e
alla costrizione che ne deriva per ogni essere vivente, nel famoso monologo di
Sachs nella terza scena del second’atto dei Meistersinger.
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