17 set 2012

4.2.3.4 Siegfried, Atto II, Scena III – Via, verso Brünnhilde, per imparare la paura.


Il tema della sua Meditazione - urlato per cinque volte, a canone stretto, prima da flauti e clarinetti, poi da violini secondi e viole, quindi dai corni, poi dagli archi bassi e infine dai fagotti – seguito da quello dei Nibelunghi, nei violoncelli, ha accompagnato Mime all’aldilà. Un aldilà poco simpatico, a giudicare dal tremendo tema della Maledizione che si alza ora nei tre tromboni a ricordarci che pure lui ne è stato colpito, nonostante mai abbia posseduto l’Anello, nemmeno per un istante: ma la sola bramosia di esso è bastata a farlo vittima dell’inesorabile potenza della profezia del fratello.

Avevi tanta voglia di questo tesoro? Eccoti servito: ora te lo potrai godere per l’eternità… e Siegfried trascina il corpo di Mime fino all’antro di Fafner, dentro al quale lo scaraventa, ammucchiandolo sopra l’oro di Alberich: spezzoni strascicati del suo Grido e del tema nibelungico, cui poi si aggiunge ancora la Maledizione, ne  accompagnano la fatica.

E, ad ostruire in modo macabro quanto efficace l’ingresso della caverna, ci rotola anche il corpo dell’orripilante lucertolone, morto senza nemmeno poter rientrare nei suoi naturali panni di Gigante: che ci vengono vagamente ricordati dalle tube e dai rintocchi del timpano, poi dal tema del drago, mentre lo sforzo di Siegfried per trascinare l’enorme massa del bestione dal luogo della sua fine alla caverna che abitava è minuziosamente evocato da quattro autentici strattoni, ciascuno rappresentato da una semibreve in tremolo crescendo, sfociante in una croma, seguita da 4 biscrome ascendenti (e/o discendenti) più una croma, che udiamo negli archi (i primi due) e poi anche in clarinetti e fagotti (gli ultimi).

Ecco, stattene qui anche tu, a custodire per bene il tesoro, insieme a colui che lo aveva tanto desiderato… e riposate in pace! È il motivo dell’Anello a suggellare il compimento delle esequie ai due poco raccomandabili individui, e invero nel modo più appropriato (sì, perché è per il suo possesso che i due hanno dato, o pensato di dare, la morte e poi l’hanno meritatamente trovata): un paio di isolati rintocchi di timpano alternati all’incipit del tema nibelungico nei violoncelli sottolineano – più e meglio della didascalia – l’ultimo sguardo che Siegfried getta sulla caverna, ora trasformata in un poco onorevole cimitero.

Adesso però il sole è salito proprio a picco e la fatica si fa sentire, come ci spiega magistralmente il tema del Grido, ancora strascicato e affaticato pure lui in violini e viole, che accompagna Siegfried mentre torna a sdraiarsi all’ombra del gran tiglio sul ramo più alto del quale è sempre appollaiato l’Uccellino (ce lo ricorda stupendamente un inciso del primo corno).

Mentre violini e viole, divisi in ben 8 voci, ricreano la misteriosa quanto stupefacente atmosfera del Waldweben, Siegfried ricomincia a meditare sulla sua condizione. Ed è il violoncello solo che ce la spiega, intonando lo sbudellante motivo della Bramosia dell’amore materno, che davvero fa correre brividi in tutto il corpo!

Mio caro uccellino, tu te ne stai lassù circondato da altri, chissà, fratelli o sorelle, che ti avvolgono di tenerezze… io invece purtroppo non ho nessuno: la madre scomparsa, il padre caduto, l’unica persona che ho conosciuto su questa terra era uno spregevole individuo – di cui udiamo il ricordo nel ritorno dell’incipit della sua cantilena, in quello del suo tema nibelungico, in quello della sua meditazione e poi della sua furbizia - che ha solo cercato di ingannarmi, tanto che alla fine sono stato costretto ad ucciderlo…

Guarda mestamente in su, fra i rami, Siegfried, mentre dai violini esce improvvisamente una vivace melodia (catalogata come Gioia d’amore…) che accompagna la sua accorata invocazione all’Uccellino: dopo due semicrome in cui spicca il volo verso l’alto, si adagia su una semiminima, quindi discende per 6 semicrome (il tempo è 3/4). La figurazione si ripete per undici volte, dapprima innalzando il suo zenit: tonica SOL (due volte) mediante SI (una volta) sesta MI (tre volte) sopratonica LA (due volte); poi abbassandolo: sesta MI (una volta) e sottodominante DO (due volte).

E su una variante del tema della Bramosia d’amore, Siegfried implora il pennuto: amico mio, non potresti trovare un buon compagno anche per me? io l’ho cercato tante volte, ma senza successo: tu invece già mi hai consigliato per il meglio, di te mi fido… Siamo ancora in SOL maggiore, e il canto di Siegfried si è fermato sulla mediante, SI. E quel SI diventa dominante del MI, la tonalità del Waldweben, la cui fremente atmosfera gli archi ripristinano subitaneamente, mentre Siegfried esorta il piccolo amico: ora canta, ti sto ad ascoltare!
 
E l’Uccellino – è la sua terza ed ultima esortazione - si compiace dell’impresa di Siegfried (la fine di Mime) ed ora lo informa di Brünnhilde, addormentata su una fiammeggiante roccia(1). Chi saprà attraversare il fuoco che la protegge, la potrà ridestare e far sua!

Siegfried si alza a sedere, con il petto che si gonfia di fremiti mai prima provati; e ne chiede spiegazione al volatile, mentre una variante del tema della Gioia d’amore esplode in violini, viole e flauti. “Cos’è che m'irrompe così impetuoso per i sensi e per il cuore?” domanda Siegfried, cantandolo con il ritmo sincopato proprio di chi ha il corpo intero squassato da sensazioni mai prima provate(2).  

E qui l’Uccellino risponde cantando quei versi un poco criptici (“Lustig im Leid…): “Giocondo nel dolore io canto dell'amore; gioioso, di tormento m'intesso la canzone: solo chi brama ne comprende il senso!”(3)

Mentre il motivo della Gioia d’amore riemerge vorticosamente negli archi, Siegfried sbotta: questo anelito mi spinge a fuggire da qui per trovare la roccia fiammeggiante (e udiamo l’inconfondibile motivo dell’Incantesimo del fuoco). Dimmi, caro canterino, riuscirò a trovarla e ad attraversare il fuoco? Il tema di Siegfried si alza balzanzoso, sulla sua ultima domanda: riuscirò a svegliare la sposa?

Il motivo della Gioia d’amore adesso trascolora (perché sono un poco parenti!) in quello del Sonno di Brünnhilde, mentre l’Uccellino profetizza: nessun pavido potrà avere Brünnhilde, ma solo un coraggioso, che non conosca la paura.

Siegfried non sta più nella pelle e adesso canta anche lui sul tema dell’Uccellino: ma quell’ingenuo che non conosce ancora la paura son proprio io! Nemmeno Fafner me l’ha saputa insegnare, e adesso non vedo l’ora di impararla da Brünnhilde. Ma come trovo la strada?

Ora il ritmo si fa vorticoso, con i flauti che emettono autentici battiti d’ala: è l’Uccellino che si è staccato dal ramo, e Siegfried si prepara a seguirlo. Dopo qualche svolazzo qua e là, il pennuto prende decisamente una direzione, e il ragazzo gli si butta dietro a rotta di collo.

L’orchestra sembra impazzire con lui… i temi dell’Uccellino si contrappuntano con la Gioia d’amore in un crescendo strepitoso, chiuso da un mirabile, singolo rintocco di triangolo (a 7 battute prima della fine); poi strumentini e primi violini ci mostrano l’Uccellino che si allontana, e infine sparisce su uno schianto di tutta l’orchestra.

E così finalmente Siegfried lascia il suo (poco rimpianto) luogo natìo per inoltrarsi nel mondo, come si era ripromesso di fare fin dall’inizio. Un mondo che gli riserverà grandi emozioni, ma che alla fine lo stritolerà nei suoi ingranaggi infernali.
___
Note:
1. Anche questo particolare è presente nelle saghe, dove Sigurd apprende dell’esistenza di Brynhild dal canto degli uccelli.
2. Ritroveremo qualcosa del genere – ampliato a dismisura – nella scena del finale del Tristan, quando il protagonista si prepara per l’ultimo incontro con Isolde.
3. Ritroveremo questo struggente riferimento alla necessità naturale di amore – “Lenzes Gebot, die süsse Not, die legt' es ihm in die Brust” - e alla costrizione che ne deriva per ogni essere vivente, nel famoso monologo di Sachs nella terza scena del second’atto dei Meistersinger.     

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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