1.
(1848,
l’originaria Siegfrieds Tod) ottimistica, anzi diremmo malignamente
catto-comunista; dove la visione
cristiano-luterana (l’avvento del Cristo) e quella rivoluzionario-bakuniniana (l’avvento
di una comunità anarchico-egualitaria) si fondono in un’utopica prospettiva di
amore e di pace perpetua. Era l’originaria idea portante di Siegfrieds Tod: l’eroe morto risorge, si
riunisce – come Holländer a Senta! - a Brünnhilde appena arsa sul rogo e viene da lei, ritornata alle sue mansioni di
valchiria, consegnato a Wotan come nuovo capo degli dei, destinato a guidare il
nuovo ordine universale. Ecco come Brünnhilde, prima di lanciarsi nelle
fiamme, chiude la sua perorazione indirizzandosi a Wotan: “Padre onnipotente! O
tu magnifico! / Rallegrati del più libero degli eroi! / Io reco a te Siegfried
/ concedigli un’amorosa accoglienza / lui è il garante dell’eterna potenza!” Una
variante a questo finale fu quasi subito immaginata da Wagner: prevedeva il
trionfo di Siegfried, ma la fine di Wotan come soluzione alle sue ansie
esistenziali (“Fuori dalla tua ansiosa paura / ti annuncio una felice
redenzione nella morte!”) Per
la verità questa visione non era necessariamente o soltanto legata a derive
rivoluzionarie di Wagner, come spesso si sospetta(1). Comunque: un finale da
autentico Grand Opéra, come Wagner aveva
originariamente concepito un’opera di tal fatta (nel 1848 ancora non aveva
maturato Oper und Drama…) e che
fortunatamente (possiamo ben dirlo!) fu messo in dubbio dopo che nella mente di
Wagner si fece strada il colossale palinsesto
dell’intera Tetralogia.
2.
(1852,
influenza di Feuerbach) utopistica: questa versione del
finale viene certamente influenzata dalle letture di Feuerbach e contempla la
definitiva scomparsa del mondo degli dei, in sostanza della Religione,
considerata dal filosofo una costruzione illusoria e fallace dell’uomo, volta a
combatterne l’ansia esistenziale legata alla consapevolezza della propria
mortalità; solo l’amore deve regnare sovrano e regolare tutti i rapporti fra
gli uomini: “Beato nel piacere e nel patire / fate solo che esista l’amore!” è
l’ultima esternazione di Brünnhilde
prima dell’olocausto e dell’incendio del Walhall.
3.
(1856,
influenza di Schopenhauer) pessimistica (“Enden sah ich die
Welt”, canta Brünnhilde, ho
visto il mondo finire) certamente condizionata dalle letture di Schopenauer e
fondamentalmente nichilista; la fine dell’individuo e il ritorno alla quiete
primordiale della Natura(2);
4.
(1876,
versione definitiva) agnostica, nel senso più cinico e opportunistico del termine.
Wagner non stese in partitura nessuno dei tre testi che aveva predisposto in
precedenza, lasciando alla sola musica il compito di esprimersi. Ma ciò
equivale a dire: dato che nemmeno io, Wagner, a questo punto so bene che pesci
pigliare, allora eccovi qua dei suoni, cari amici, così vi accontento tutti: decidete
pur voi come interpretarli secondo il vostro gusto o le vostre convinzioni!
E
la sola musica, priva di testo, lascia di fatto aperte tutte le interpretazioni
sul significato ultimo dell’opera, e non per nulla i diversi esegeti vi hanno
trovato spiegazione (e financo – a creder loro – dimostrazione) di tesi del
tutto antipodiche: si parte dal nichilismo più assoluto per arrivare
all’avvento del Cristo!
Invece lo scenario del finale è tutt’altro che cristallino, anzi è
caratterizzato da più di un’ambiguità. Intanto, come già osservato, l’epilogo
della Tetralogia non è necessariamente il puro e semplice ripristino dello status-quo originario, giacchè ciò che
torna al Reno è l’Anello – opera dell’uomo con finalità negative - e non già
l’Oro, elemento naturale e purissimo. Ciò che Wagner ha vergato nelle
didascalie di scena non ci garantisce che le tre ninfe potranno, o sapranno, o
vorranno riportarlo allo stato di materia prima incontaminata, come reclamato
da Brünnhilde al momento di deciderne la restituzione.
Ma
d’altra parte non si può non osservare come nella sua ultima reiterazione il
tema della Maledizione, che segue immediatamente nei tre tromboni le
parole di Hagen, venga troncato di netto alla fine della sezione ascendente!
Che significa ciò? Che la maledizione è stata definitivamente neutralizzata, e
il mondo liberato da ogni scelleratezza prodotta dall’ideologia dell’Anello?
Mah:
nell’ultima loro apparizione, proprio mentre sta crollando la reggia ghibicunga
ed andando in fumo il Walhall, ancora vediamo le Figlie del Reno trastullarsi
con l’Anello… e non già ammirare ed
omaggiare l’Oro puro, come facevano all’inizio della grande favola! E la musica
– che resta pur sempre il faro che ci deve illuminare e chiarire la prospettiva,
e nella quale sola si debbono cercare e trovare ragioni e spiegazioni - che
cosa ci dice? Al termine del Preludio del Rheingold,
proprio all’apparire delle ninfe, la tonalità era passata dal MIb dell’acqua
alla sottodominante LAb delle creature acquatiche; poi, all’apparire dell’Oro
la tonalità era passata dapprima a SOL e poi allo splendente DO maggiore! Ora
ritroviamo quel LAb (tema delle Figlie del Reno) nel momento in cui
Flosshilde recupera l’Anello mentre le sorelle affogano Hagen; ma subito dopo
anche quello stesso tema modula ulteriormente alla sottodominante REb, sulla
quale si chiuderà il Ring (del SOL e del DO dell’Oro nemmeno l’ombra...):
insomma è come se ciò che torna con le ninfe nelle acque del grande fiume
(l’Anello) sia un inquinante che ha
precisamente il sapore (leggi: la tonalità) del... Walhall!
Inoltre:
si è già fatta notare quella impercettibile, ma chiara cesura che separa dal
resto le ultime sette misure dell’opera (quelle occupate, nella versione decisa
da Wagner, dall’ultima esposizione del tema cosiddetto della Redenzione);
fino a lì, come già abbiamo udito in
diretta, l’orchestra aveva riassunto, in tempo maestoso, vari temi legati a Siegfried (compresa la Redenzione)
con quelli del Walhall, delle Figlie del Reno e del Crepuscolo;
e a quel punto Wagner, invece delle sette misure citate, avrebbe potuto benissimo
musicarne altre, in funzione delle prime tre opzioni sopra elencate.
In
particolare (opzione 1, trionfalistica) avrebbe potuto chiudere con la prima
sezione del tema di Siegfried adulto, magari ampliandola ulteriormente nel
tempo, e armonizzandola col Walhall di Wotan, aggiungendovi una cadenza finale
da dominante a tonica… oppure (opzione 2, utopistica) avrebbe potuto chiudere
con il motivo dell’Eredità del mondo contrappuntato da quelli dell’Amore
e di Freia; o ancora (opzione 3, nichilista) avrebbe potuto far seguire
al tema del Crepuscolo quello dell’Elemento primordiale, esposto in
moto retrogrado, a sfumare poi nel rumore
di fagotti e contrabbassi, con tanto di ritorno al Ginnungagap!
Invece
Wagner decise di… non decidere, chiudendo il Ring in modo piuttosto enigmatico,
quanto meno dubitativo, per non dire sibillino: riproponendoci il tema cosiddetto
della Redenzione, ma con melodia e armonizzazioni assai complesse e multi-significanti, come abbiamo potuto
osservare(3) esplorando la partitura nei minimi dettagli.
E
a questo punto, finalmente, una domanda è lecita, anzi doverosa: cosa ci
rappresenta, questo tema, a dispetto della consolante (quanto gratuita) etichetta?
Esso era comparso, in precedenza, solo in una ben precisa ed isolata
circostanza: l’annunciazione (da parte di Brünnhilde) a Sieglinde della sua
prossima maternità; ed allora, perché non pensare che il tema null’altro rappresenti
e impersoni se non il Siegfried appena
concepito, e quindi - visto il successivo svolgersi dei fatti, non
propriamente entusiasmante - una promessa
non mantenuta? Serve una conferma?
Sapete qual è il salto di tonalità fra l’originale esposizione del tema, in Walküre, SOL e quella di quest’ultima
comparsa, REb? Precisamente un tritono,
lo sbifido diabolus!
___
Note:
1.
Al contrario, l’idea
proviene direttamente dall’Edda Antica, e precisamente dalla strofa 59 (Codex
Regius) della Völuspa (“baldr mvn
coma”) che annuncia il ritorno in apoteosi
di Balder, il dio della bellezza e della purezza, figlio di Odin e ucciso –
come sappiamo - da un complotto ordito da quel disgraziatone di Loki.
2.
Anche qui peraltro troviamo lo zampino
della Völuspa, poiché – come accade per ogni veggente, astrologo, sibilla,
oracolo, mago di tarocchi o lettrice di mani, carte e sfere di cristallo che si
rispetti – nei presagi della Völva c’è tutto e tutto l’esatto contrario (si
leggano le ultime due strofe e la descrizione dell’arrivo dell’infernale
drago-serpente Níðhöggr per sincerarsene).
3.
Ciascuno di noi può fare il processo alle
intenzioni a Wagner per spiegare le motivazioni che lo portarono a dare al
Ring questa chiusa enigmatica. Oltre al cinico opportunismo e alle citate
ragioni di origine filosofica, non è da trascurare la stessa esperienza di vita
del musicista, passato dalla fame all’effimero successo, all’infatuazione
rivoluzionaria e all’odio per l’establishment,
alla fuga e all’esilio, alle crisi familiari, per trovare poi quasi
insperatamente la strada verso la notorietà e addirittura l’ingresso in pompa
magna in quello stesso establishment
prima tanto detestato. Insomma: una vita dove c’era stato tutto e il contrario
di tutto!
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